lunedì 11 novembre 2019

FREEDOM CALL... l'ottimismo nonostante umidità e rotolacampo


FREEDOM CALL + DRAGONHAMMER + RAVEN'S GATE
REVOLVER CLUB - SAN DONA' DI PIAVE (VE)
8 novembre 2019

Tra le migliaia di fans dei Freedom Call, solo i più intransigenti, esaltati e fanatici riescono ad abbandonare le certezze del bar e della sagra paesana per imbarcarsi in un'Odissea notturna verso San Donà di Piave.
Solo chi è in possesso di Assoluta Fede e Devozione verso Chris Bay e la sua band (a noleggio) è degno di assistere allo show.
Quindi siamo in pochissimi.
Pochissimi da intendersi come “arrivo in prima fila senza sfiorare nessuno”, oppure “mi siedo per terra e vedo le scarpe del bassista”.

Il pubblico è pure ultraquarantenne: ascoltava i FC a 20 anni, condannandosi ad altri 20 anni di verginità, castità e celibato. E caduta della chioma quasi generalizzata. E dorsi delle mani pelosissimi. E mi ci metto anche io nella categoria, solo che ho smesso di ascoltarli a 23 anni e arrivo allo show dopo un ripasso di video online, dove noto che il filo conduttore pare essere il termine “Metal” applicato a quasi tutta una serie di predicati. La presenza di cori fanfaroni per il 70% della durata di ogni singolo pezzo mi ha dato la spinta per abbandonare la Sagra del Radicchio e volare al Revolver.
E all'arrivo vedo pure bambini con le cuffione. Attenzione, qualche power metaller s'è riprodotto e, invece dello show di Peppa Pig all'Ipercoop, porta i figli a vedere i Freedom Call.

La prima band sarebbero stati gli spagnoli Raven's Gate, a me ignoti quasi quanto le tabelline, ma all'arrivo hanno già finito lo show e stanno al merchandising senza riuscire a piazzare niente, nemmeno una stretta di mano. Avendo perso questo show, recensisco la seconda cosa che vedo dopo essere entrato (la prima è la pianura spopolata che conduce al palco, spopolata tipo Cà Savio a fine novembre)...

I DUE GABINETTI DEL REVOLVER.
Da sempre i due gabinetti non hanno una vera identità di genere, visto che i maschi li usano entrambi. Le femmine ovviamente preferirebbero quello con la serratura, ma a volte sono costrette ad affrontare quello con la porta da saloon. Diciamo comunque che in un mondo regolato da Intrinseca Razionalità (come vorrebbe Hegel e motivo per cui è sbertucciato da Schopenhauer, ma Hegel se ne fregava perché ha fatto molti più soldi del rivale), i bimbi andrebbero in quello con la turca e la porta girevole, le bimbe in quello con lo specchio, il water e la chiave.
La pulizia non è pervenuta, giacché arrivo sempre a serata iniziata e gli utenti prima di me hanno spesso notevoli problemi di mira.
L'attrazione principale del bagno maschile sono gli adesivi attaccati ovunque, così hai qualcosa da leggere mentre sbrighi le operazioni e contemporaneamente urli “Occupato!” agli avventori che si precipitano entusiasti attraverso la porta senza serratura.
Nel bagno femminile non ci sono tutti questi diversivi, ma è un luogo di raccoglimento e meditazione, in cui puoi riflettere sulla recensione che scriverai, sui piatti sporchi che hai impilato in cucina nelle ultime settimane o sul curioso effetto della birra del Revolver, che entra velocemente e altrettanto velocemente pretende di uscire.

DRAGONHAMMER.
Il nome è in giro da una vita, ma è il primo incontro con me e la band non è emozionata. Peccato avere due chitarre e sentire solo uno sciame di zanzare. Il resto si difende bene. I cori sono incredibili come il sottoscritto quando canta in inglese sotto la doccia, si registra e si riascolta (e poi cancella coi brividi): pronuncia più USA che British, anzi, più che USA direi Frascati. In mezzo a tutto questo marasma, mi piacciono pure, perché mi ricordano quando ero un giovane aspirante ammazzadraghi e pensavo che fare headbanging conducesse al Valhalla. Apprezzabili per aver sorriso tutto il tempo davanti a una folla di 22 ultras dei Freedom Call e non essersi fatti intimorire dalla nota aggressività dei supporter della band tedesca.

Le voci di corridoio.
Ognuno ha i suoi informatori. I miei non sono migliori degli altri, ma sono spietati. E mi dicono che la band sta girando l'Europa a bordo di una multipla con rimorchio, stipata di magliette da vendere, generi di prima necessità, un basso, tre chitarre, un iPhone del 2011 con dentro le basi campionate, qualche musicista assoldato strada e una scorta infinita di ottimismo (senza il quale si sarebbero già lanciati in una carriera di operai edili). Quando la band appare incappucciata per fare un veloce soundcheck prima del concerto e, dopo averlo concluso, si smonta da sola il palco, è chiaro che siamo più low cost di Ryanair. Del resto ormai i tour procedono solo se si risparmia su tutto, anche spegnendo il tourbus dopo il Brennero e facendo la discesa delle Alpi in folle per risparmiare benzina.

FREEDOM CALL.
Se il mondo ascoltasse Metal, i Freedom Call sarebbero gli animatori top di tutti i camping del litorale. Il sorriso da paresi, i saltelli su ogni coro campionato, i discorsi motivazionali del leader Chris Bay all'insegna dell'ottimismo e della gioia di vivere nonostante la critica musicale gli faccia a pezzi gli album e il pubblico si presenti a decine. Dopo 90 minuti di concerto si può essere certi di:
  • aver ballato e saltato come in una lezione di zumba;
  • aver ascoltato alcuni tra i cori più zuccherosi e pralinati del pianeta;
  • aver visto una band che si diverte nonostante il disagio (ma il film degli Anvil, a suo tempo, il disagio l'ha abbondantemente sdoganato);
  • aver imparato i cori anche se si possiede solo il primo album (preso perché ci suonava Zimmerman dei Gamma Ray e perché a fine '90 ogni cosa Power si comprava a prescindere, compresi quei cani randagi dei Wyvern), perché sono talmente pop da sfiorare le sigle dei cartoni animati;
  • aver assorbito una visione del mondo (quella di Chris Bay) popolata di Teletubbies, amore fraterno, angeli, unicorni, Metal, sana e corretta alimentazione.
L'esagitazione nelle prime (e uniche file) è altissima, tutti cantano a squarciagola e saltano senza ritegno (domani tutti dall'ortopedico, che i 40 sono belli che passati...). È anche facile, visto che non esiste al mondo una band che metta meno note e variazioni in ogni pezzo: praticamente ci sono solo tastiere, batteria e cori. Coscienti anche che l'affluenza non garantirà altri show della band in zona, a meno che non suonino a qualche festa di compleanno, tutti danno il massimo per fare festa. Quindi alla fine lo show riesce particolarmente bene. Non si sente nemmeno il solito odore di ascella, anzi, predominano profumi di fiori scatenati dal balsamo che usano i musicisti.

Serata riuscita, avessero anche avuto delle magliette decenti ci stava l'acquisto, ma hanno le solite ciatronate da giocatori di ruolo con la forfora e quindi si risparmia per le future cause in tribunale.
tf

mercoledì 6 novembre 2019

Pagan Warriors across Capannoni Abbandonati beyond the Piave



Pagan Warriors Across Europe

Skyforger – Finsterforst – Enisum – Helsott

30 ottobre 2019
Revolver Club (San Donà di Piave – VE)

Adesso che sono ex giovane e ho raggiunto il successo professionale (ovvero un salario di sussistenza minima), mi riscopro esaltato dalla serie B del Metal. O meglio, serie B tendente retrocessione. Di vedere ancora Iron Maiden e Metallica mi interessa nulla, mentre negli show underground si trova la giusta commistione di escapismo, disagio, attitudine da “Apocalisse o Nulla” (cit.) e violenza tribale. Di solito in mezzo a 20-30 persone. Che si conoscono tutte, ma si salutano solo con un cenno della testa, perché il Metal è una cosa seria. 
Passata la mattina lavorativa a spiegare le civiltà precolombiane promuovendo i sacrifici umani come l'ultimo must per le feste del diciottesimo, torno a casa veloce per firmare i documenti di rinuncia momentanea alla paternità e ritorno in San Donà di Piave per questo pittoresco Festival itinerante di band pagane o comunque invise al Sant'Uffizio.

HELSOTT.
Perso clamorosamente il primo gruppo, che mi dicono sia americano e sovrappeso. Non so altro. Identifico il cantante, barbuto e panciuto ed ebbro di infame birra Oberburger (sempre in offerta al discount D+, molto apprezzata se lavori sui ponteggi o porti illegalmente immigrati oltre confine). Ha le infradito e le unghie luride. Lui ha capito tutto: donne non ce ne sono, birra sì, quindi la puntata è scontata.

ENISUM.
Una volta mi seccava non conoscere le band che andavo a vedere, adesso me ne faccio una ragione, perché il mio tempo è dedicato a pulire sederini e addormentarmi ovunque possa appoggiare la testa. Gli Enisum sono certamente fuori contesto, perché di pagano hanno giusto l'alberello che regge il microfono. Magari anche i testi, ma non si coglie alcunché. Poi sfuriano con blastbeats e quando rallentano i chitarristi si fissano i piedi durante gli arpeggi. Realizzato che i ragazzi hanno anche una componente depressiva niente male (in senso musicale, poi sulla vita privata chiederò eventualmente al parroco del paese), sguscio all'esterno per cercare qualche storia di sessodrogaroccheroll. 

La storia di droga. I Finsterforst s'aggirano vestiti da boscaioli, con fare sospetto. Sicuramente tramano. Sarà droga? Sarà sesso? Di certo c'è una storia da raccontare. Il cantante richiama i musicisti e li porta in un angolino, poi sfodera una scatoletta bianca. Qua si va sul pesante: cocaina, pastiglie, forse crack? La decadenza e il nichilismo in arrivo? 
No, maledizione. Lucido da scarpe.
Se lo spalmano in faccia. 
Perché è il loro outfit sul palco. 
La morale? Forse è che la serie C (area playoff) non può permettersi praticamente nulla. La droga e il sesso costano, in tour bisogna tagliare sulle spese e dividersi anche i panini; se capita di rimediare qualcosa, deve essere assolutamente gratis, ma se è gratis generalmente fa schifo e le povere band devono essere al top sul palco, mentre i postumi di droga mal tagliata o malattie veneree compromettono lo show e dunque la vendita di magliette e quindi le possibilità di far benzina per tornare a casa.

FINSTERFORST.
I ragazzi si giocano la carta della divisa da palco. Camicia a scacchi H&M 12.90 ai saldi di fine anno, canotta bianca con senape, lucido da scarpe, libera scelta sui pantaloni. 
Pochi soldi, tanta buona volontà. 
Il gusto compositivo e d'arrangiamento è riservato ad altri. Linee vocali tra growl e birreria, chitarra pesante ma senza riff percepibili, ritmiche quadrate + cantato in tedesco che ormai da vent'anni ti fanno pensare solo ai Rammstein, indecisione maxima sul genere suonato (a volte di qua, a volte di là, mai troppo male ma nemmeno bene, pure una parte arpeggiata copiata da Vasco...). 
Il tastierista è infinitamente più carismatico del cantante e, tenendo conto che lo strumento non lo suona perché è tutto campionato, si potrebbe anche spostare al centro del palco a fare headbanging coi capelli lunghi due metri.
La serie C (area playoff) va così. Un'ora di scarpate musicali, a volte azzecchi un gol o una melodia, a volte tiri una falciata epocale, poi tutto finisce e nessuno ha capito chi abbia vinto.

SKYFORGER.
Se dicessi “band di lettoni vestiti da pastori, che cantano in lingua madre, suonano Metal estremo ma non troppo, con parti folk che potrebbero essere baltiche come scozzesi o bellunesi” non ti verrebbe gran voglia di abbandonare il 55 pollici e la tisana. E faresti male. Perché gli Skyforger hanno fatto un grande show e ti sei perso questi highlights:
  • il cantante-chitarrista piccoletto barbone, talmente mingherlino che nell'XI secolo poteva fare al massimo l'arciere, parla un inglese livello A1 e sicuramente si legge le frasi scritte sugli stivali di pelliccia;
  • il bassista troll gigantesco nell'anno 1208 menava l'ascia contro i Cavalieri Portaspada, stanotte invece dedica ogni canzone a Perkunas, intona inni di guerra con vocione prepotente e si agita come se avesse un procione dentro le mutande... il Revolver l'ha amato;
  • il chitarrista solista di lavoro fa il medico, a quanto ho capito, e mi chiedo quanto basso sia lo stipendio nella sanità lettone per spingere un medico a suonare di mercoledì sera a San Donà di fronte a gentaglia come me;
  • il batterista non riuscivo a vederlo, con l'età comincio ad avere problemi con le penombre e quel lettone sicuramente era piccolissimo e secco secco, perché è chiaro che il catering se lo spazzola tutto il bassista e il resto della band ha problemi di denutrizione;
  • le parti folk erano tutte suonate dalle basi e non hanno sbagliato un colpo, in alto le Corna del Metal per questi meravigliosi software che fanno risparmiare migliaia di euro in cornamuse e flauti d'osso (che puzzano, tra l'altro).
Comunque li promuovo a pieni voti: andateli a vedere, loro vi sorprenderanno e voi sorprenderete loro, visto che a questa data eravamo in una ventina e probabilmente avranno pensato che l'Italia sia una landa desolata con pochi sopravvissuti girano tra campi incolti e capannoni industriali abbandonati. 
Poi ho scoperto che in patria gli Skyforger sono parecchio stimati, hanno i contributi statali per incidere gli album e pare abbiano composto qualcosa per un musical (ma forse erano solo andati a vederlo senza pagare il biglietto, questo musical... non mi fido della mia conoscenza del lettone non sottotitolato nelle interviste su Youtube). 
Insomma, la Lettonia si piazza in maniera imperiosa nella mappa del Metal e, col sostegno economico del Presidente Egils Levits e della Repubblica tutta, è qui per restare.