Un Tailandese che è stato arrestato per aver dato fuoco a delle macchine ha detto di averlo fatto perché il suono delle sirene delle volanti lo eccita sessualmente. L'uomo ha poi raccontato alla polizia che, dopo aver appiccato il fuoco ai veicoli, è andato a comprare una birra e poi ha chiamato le forze dell'ordine. Ha quindi aggiunto di essere rimasto a guardare arrivare le luci e le sirene delle volanti e dei pompieri, fatto che gli avrebbe provocato un orgasmo. La polizia lo ha infine arrestato grazie alla testimonianza di un passante che lo aveva visto allontanarsi da una macchina. A colloquio con gli agenti, l'uomo ha confessato, dicendo di essere soggetto a stress e a mal di testa, e che incendiare macchine lo faceva sentire meglio. La polizia ha poi scoperto che il piromane era già stato due anni in prigione con la stessa accusa e che dopo il suo rilascio aveva trovato lavoro anche come pompiere. I medici hanno precisato che l'uomo ha bisogno di cure.
martedì 30 ottobre 2007
Gentaglia e schifezze by Bonny-san
Un Tailandese che è stato arrestato per aver dato fuoco a delle macchine ha detto di averlo fatto perché il suono delle sirene delle volanti lo eccita sessualmente. L'uomo ha poi raccontato alla polizia che, dopo aver appiccato il fuoco ai veicoli, è andato a comprare una birra e poi ha chiamato le forze dell'ordine. Ha quindi aggiunto di essere rimasto a guardare arrivare le luci e le sirene delle volanti e dei pompieri, fatto che gli avrebbe provocato un orgasmo. La polizia lo ha infine arrestato grazie alla testimonianza di un passante che lo aveva visto allontanarsi da una macchina. A colloquio con gli agenti, l'uomo ha confessato, dicendo di essere soggetto a stress e a mal di testa, e che incendiare macchine lo faceva sentire meglio. La polizia ha poi scoperto che il piromane era già stato due anni in prigione con la stessa accusa e che dopo il suo rilascio aveva trovato lavoro anche come pompiere. I medici hanno precisato che l'uomo ha bisogno di cure.
lunedì 22 ottobre 2007
R.W.C 2007: I Voti
sabato 20 ottobre 2007
Ma ci andate al cinema o no?

Tendenzialmente io non amo molto il cinema italiano. Se escludiamo alcune eccezioni come per esempio M.T. Giordana, M. Garrone, P. Sorrentino, direi che i registi più in voga nel panorama odierno li detesto cordialmente. Ma ogni tanto capita il premio, la chicca, il gioiello inaspettato...ed ecco giungere nelle nostre sale questa pellicola fosca, intensa e rarefatta, dotata di un'aura tutta particolare. Presentato alla ventiduesima “Settimana Internazionale della Critica alla Mostra del cinema di Venezia”, La ragazza del lago è tratto dal romanzo Lo sguardo di uno sconosciuto di Karim Fossum, edito da Frassinelli nel 2002: l'azione viene spostata dalla gelide coste norvegesi all'altrettanto freddo e affascinante panorama friulano, magistralmente fotografato con i suoi plumbei silenzi da Ramiro Civita. Una mattina come tante la piccola Marta scompare, percorrendo da sola la strada di un paesino immerso tra le montagne. Scatta l'allarme e la polizia intraprende le ricerche, capeggiata dallo 'stanco' e assorto commissario Sanzio, napoletano trapiantato al Nord con dolorosi drammi familiari da affrontare. Quando la bambina ricompare, tutti, noi compresi, tirano un sospiro di sollievo, finché emerge un'inquietante rivelazione: la scoperta del corpo 'addormentato' di una ragazza adagiato lungo le sponde di un lago attorno al quale si narra la leggenda di un serpente capace di addormentare per sempre le persone tramite lo sguardo. La vittima è Anna, ex atleta bellissima e adorata, la cui nudità placida e serena colpisce subito la sensibilità di Sanzio, che da quel momento condurrà le indagini per risolvere il caso, scoprendo i segreti, le invidie, i piccoli orrori quotidiani della provincia, con la sua umanità debole e sofferente, pietosa e disperata. Lo sguardo dello sconosciuto, come recita il titolo del libro, è quello della polizia, di Sanzio, del padre di Anna, di Anna medesima fino alla tragica morte, quello del paese intero e il nostro che scruta, giudica e percepisce alla luce di ciò che si presenta visibile agli occhi. Il regista Andrea Molaioli, classe 1967, alla sua opera prima dopo anni di assistentato presso N. Moretti, M. Calopresti, C. Mazzacurati e M. Risi, ci colpisce al cuore e alla mente con un film rigoroso ma dinamico, un thriller-noir-drammatico che non ha nulla da invidiare a ottimi telefilm americani sulla falsariga di Cold Case e Senza Traccia: il crimine è efferato, le prove sempre più serrate, i sospetti incalzanti; la splendida interpretazione di Toni Servillo, dopo il Titta Di Girolamo ne Le conseguenze dell'Amore di Sorrentino, cui Molaioli è debitore in alcune scelte stilistiche e musicali, è a dir poco sublime, impossibile non amare la sua aria sottotono, ma lucida e attenta; la trama delittuosa, atipica per il cinema italiano (nonostante La sconosciuta di G. Tornatore dello scorso anno), scorre gonfia e struggente. Fatemi(vi) un favore: per una sera spegnete la televisione, scartate il film straniero e godetevi questo piccolo capolavoro cui l'eco di Twin Peaks strizza l'occhiolino da lontano.
giovedì 18 ottobre 2007
Memorie di Adriano

giovedì 11 ottobre 2007
Altro consiglio...

Ecco il film che ha aperto il Festival di Venezia il 29 agosto, tratto dall'omonimo romanzo di Ian McEwan (tra i suoi romanzi Il giardino di cemento, adattamento cinematografico nel 1992), 'crudele' autore inglese attento alle dinamiche psicologiche adolescenziali e familiari, che con Espiazione raggiunge una perfezione assoluta costruendo un meccanismo angoscioso e ansiogeno che il regista Joe Wright segue con rigore quasi filologico, come già nel 2005 con Orgoglio e pregiudizio sempre al fianco della Knightley. Complice l'ottima sceneggiatura di Christopher Hampton, autore teatrale noto per la trasposizione delle Liaisons dangereuses per il teatro nel 1985 e per la regia di Stephen Frears nel 1988, il film è un sontuoso ed elegante melodramma con una prima parte rarefatta e sospesa e una seconda, un po' troppo esasperata nelle scene di guerra, fortemente drammatica, il tutto scandito dal suono cupo di un pianoforte, dal rumore secco dei tasti della macchina da scrivere e da un montaggio frammentario capace di alternare i punti di visti e mostrare il chiaroscuro della verità e della menzogna. Nell'estate del 1935 la tredicenne Briony Tallis, delusa nelle sue aspettative teatrali, crede di scorgere quello che non c'è: mentre noi spettatori assistiamo alla nascita dell'amore passionale fra la sorella Cecilia e il figlio del giardiniere Robbie, entrambi adulti, Briony si autoconvince di scoprire il segreto che spezza la frustrazione di quella giornata e sancisce il suo status di acuta scrittrice, percependo, tramite una serie di indizi fraintesi, il consumarsi di una violenza. Un biglietto letto di nascosto contenente una frase troppo erotica, una parola -cunt- sconvolgente, un focoso amplesso consumato in biblioteca tra i due innamorati che appare come uno stupro, il ricordo umiliante della cotta infantile per Robbie. La ghiotta occasione di trasformare in realtà l'immaginazione si erge come un'irrefrenabile tentazione davanti agli occhi frementi di Briony (è 'l'innocenza del diavolo' che parla...rammentate il bel film omonimo sceneggiato, guarda caso, da McEwan stesso?): il crimine vero, lo stupro della cugina quindicenne Lola è lì, a portata di mano, ed è sicuramente Robbie l'uomo che vede vestirsi e fuggire tra il fogliame. La tragedia trova così il suo compimento: l'arresto del giovane, la separazione degli amanti, l'arrivo della guerra; la colpa, la terribile redenzione per ciò che ha commesso diventa la ragione di vita di una Briony diciottenne che ritroviamo in ospedale come alunna infermiera, e ascoltiamo molti anni più tardi, anziana e malata, in uno spettacolo televisivo in cui narra del suo ventunesimo romanzo, Espiazione appunto, l'ultimo ma anche il primo, frutto di un processo interiore di tormentata crescita e perenne rimorso. Chi ha veramente stuprato Lola? Cecilia e Robbie sono riusciti ad amarsi? E Briony ha espiato la sua menzogna, è riuscita a mostrare i segni del proprio pentimento all'amata sorella? I quesiti troveranno un'ipotetica risposta nel finale straziante che sovrappone i livelli della realtà con quelli della fantasia letteraria, la quale, stavolta benefica, restituisce la giusta e dovuta felicità a ciò che lei stessa aveva impedito.
RWC 2007: Worst Case Scenario
lunedì 8 ottobre 2007
Il Samurai insiste nel renderci partecipi...
giovedì 4 ottobre 2007
Rugby World Cup
mercoledì 3 ottobre 2007
Chi va al cinema scriva di cinema
Ed ecco la rubrica dedicata al cinema. Come molti sanno, ci vado poco e non trovo quasi mai nulla che mi esalti. Se mi esalto, lo scrivo sul blog. Siccome non mi esalto, scrivo poco. Ma è anche perchè ho una cultura cinematografica limitata. Lascio quindi spazio a chi ne sa più di me: Alice. Va da sè, se non vi piace la recensione potete sparare sul recensore...
FUNERAL PARTY (Death at a funeral); Gran Bretagna/Germania/Usa, 2007; regia Frank Oz; interpreti: Matthew Macfadyen, Peter Dinklage, Daisy Donovan, Rupert Graves, Alan Tudyk, Keeley Hawes, Andy Nyman
Regista inglese naturalizzato americano noto per le atmosfere satiriche venate di humour nero e spirito grottesco, Frank Oz (La piccola bottega degli orrori, Tutte le manie di Bob, In&Out) ritorna alla propria terra d'origine per offrirci un brillante esempio di cinema 'british' vecchio stile attraverso un godibile film corale e concitato, una farsa in cui personaggi ed equivoci si intrecciano, disfano e sfanno senza pietà talvolta con trovate, a dire il vero, ben poco inglesi. Girato negli Ealing Studios di Londra, vincitore del premio del pubblico per i film in piazza all'ultimo Festival di Locarno, narra, fedele al titolo, ciò che accade il giorno del funerale di uno stimato e rispettabile padre di famiglia con qualche segreto di troppo da nascondere che minaccia di uscire allo scoperto. La girandola di malintesi ruota attorno ai figli del defunto diversissimi tra loro, uno responsabile e posato, l'altro scrittore blasonato ed egocentrico, le esigenze familiari del primo e i capricci del secondo, amici nevrotici presi solo da loro stessi, parenti attoniti, preti esasperati, un vecchio zio disabile dal brutto carattere, una boccetta di valium in realtà contenente ben altro e un misterioso (non) invitato ansioso di mostrare compromettenti fotografie... Collante della vicenda la reputazione del defunto da preservare, perno d'unione tra i due figli che in tal modo riescono a “ritrovarsi”, e il famigerato allucinogeno travestito da calmante che passa da un soggetto all'altro con esiti disastrosi. Nonostante la bravura dell'intero cast, pochi gli attori veramente riconoscibili: Matthew Macfadyen lo abbiamo visto nei panni di Mr. Darcy nell'ultima versione di Orgoglio e Pregiudizio, la prima vittima del valium fasullo Alan Tudyk è il “pirata” nel film Dodgeball accanto alla strepitosa coppia Ben Stiller/Vince Vaughn, il nano Peter Dinklage si è visto in numerosi serial tv come Nip/Tuck e infine il lagnoso Ewen Bremner lo ricordiamo in Trainspotting, The Acid House, The Snatch, Match Point e Black Hawk Down, solo per citarne alcuni. Al di là di questo, ciò che alla fine resta è la sensazione di un esilarante divertimento condito con intelligenza e ironia il quale ci ricorda che cinema significa anche farsi quattro risate in allegria ritrovando il buonumore che mai potremmo concederci all'interno di una reale tragedia quotidiana.