sabato 20 novembre 2010

Down Memory Lane...


Forse in futuro qualcosa succederà, ma di certo in passato qualcosa è successo!


IL BLUE JEANS
Una storia di pressapochismo e deliri di onnipotenza

A Treviso aprono di solito due tipi di locali. Ci sono i posti molto alla moda, frequentati da gente alla moda, con abbronzature di moda (sempre che avere la pelle arancione sia di moda) e ascolti alla moda. Questi locali di solito hanno vita breve, ma riescono a fare soldi. Normalmente non fanno suonare dal vivo e quindi poco ci interessano. Poi ci sono i bar, che fanno meno soldi ma restano aperti a lungo, sempre che i gestori abbiano una gestione assennata. Anche questi fanno suonare poco dal vivo, perché non hanno gli spazi né i permessi.

Il Blue Jeans era un bar, ma faceva suonare dal vivo. Non aveva né gli spazi, né i permessi né una gestione assennata. Era una stanza a forma di L: un corridoio con il bancone a sinistra, qualche tavolino in fondo, arredamento spartano in stile “Vorrei ma non posso”, tavolini e spritz. Era situato in una zona tragica di Treviso, appena fuori dal centro, con poco parcheggio e con una clientela locale che lo ignorava. Un proprietario lucido l'avrebbe impostato in modo diverso, anzi, non l'avrebbe mai aperto. Ma il proprietario del locale non era molto lucido.

Si trattava di un iraniano dal passato sconosciuto. Dall'aspetto non avresti mai detto che era dall'Iran, sembrava un normale alcolizzato del NordEst. Quando parlava era spesso incomprensibile, ma forse la colpa era del cabernet. Non sappiamo se avesse già esperienza nella gestione di bar, visti i risultati comunque lo escluderei.

In ogni caso gli affari andavano male e quindi, quando un qualche disgraziato andò da lui a chiedergli di suonare, l'iraniano intravvide l'affare. Come lo intravvide lo sa solo lui.

La band di Treviso sono sempre alla ricerca di posti dove suonare, al punto che si accontentano di suonare gratis. Questo spinge i proprietari a ingaggiare chiunque gli prometta di portare gente e la ricompensa sono poche birra e zero euro. L'equazione “poche birre gratis/molte birre vendute” deve essere sembrata geniale all'iraniano, che si autoconvinse di avere un locale adatto alla musica live. Non era proprio così...

La band venivano fatte suonare in fondo al bar. Grazie alla forma a L, bastava che quelli in prima fila fosse alti più di 1,70 e il gruppo spariva. I suoni erano sempre più che scadenti, giacché non esisteva alcun impianto decente e l'acustica era un concetto oscuro. E questo fu il primo errore.

Il secondo errore era che ogni gruppo di zozzoni metal/rock di Treviso e dintorni volle una data al Blue Jeans e l'iraniano diceva di sì a tutti, tanto co 20 persone il locale era pieno. Ciò recava almeno due effetti collaterali:

  • la gente si portava da bere e non acquistava nel locale, quindi non si facevano affari;

  • essendo il bar minuscolo e le birre a pagamento, la maggior parte degli avventori stava fuori a chiacchierare e a bere le birre portate da casa.

Il bar era situato in una zona residenziale e la presenza continua di punk e Metallari che bevevano birra allarmava gli indigeni del luogo, che spesso chiamavano le forze dell'ordine. Quando questi arrivavano, scoprivano che il locale non aveva permessi per la musica dal vivo, vendeva tramezzini velenosi, l'aperol era scaduto nel 2002, il bagno era intasato, gli avventori spesso erano favorevoli alla legalizzazione di sostanze particolari, la zona non era insonorizzata e tutto il circondario poteva godere della musica.

Tutto questo per dire che anche gli Outlaw Stars si lanciarono a caccia di date nel locale e le ottennero senza problemi. Giovane band in piena promozione, suonava ovunque senza avere alcuna pretesa, anche sotto i ponti e nei cantieri edili, rivendicando le proprie origini operaie. Poveri ma belli, affrontavano il Rock così, senza troppi problemi: alzare gli amplificatori a 11, indossare il boa piumato e via.

Nessuno ricorda gli show degli OS al Blue Jeans a parte i 5 in prima fila, gli altri hanno una vaga memoria di suoni impastati e strilli da neonato, che si concludevano con le sirene della polizia. Le serate al Blue Jeans non portarono alcun beneficio agli OS, né economico (non si guadagnava nulla) né in termini di prestigio: se avessero suonato in Piazza dei Signori chiedendo l'elemosina, avrebbero avuto più soldi e più pubblico. Semmai ci rimisero dal punto di vista sanitario, vista la qualità dei prodotti del bar.

Dopo una sfilza di inevitabili denunce di disturbo della quiete pubblica, il locale chiuse. Nessuno ne sentì la mancanza, né come bar né come concerti. Alla fine era come andare a trovare le band in sala prove e la birra te la potevi portare da casa.

sabato 6 novembre 2010

Nell'indifferenza generica...

W.A.S.P.

31 ottobre 2010

New Age (Roncade – TV)


Una recensione breve nel primo atto,

una coda di lamentele e recriminazioni nel secondo

(saltate la prima parte se volete solo le cose brutte).


PRIMO ATTO: lo show.

Prima di Lawless hanno suonato due band di supporto. I Rain non li ho visti, ma tanto sono sempre i soliti. Gli Shadowside sono brasiliani, hanno una donnina alla voce e suonano un incrocio tra Iron Maiden e power metal europeo. Non ero interessato a nessuno dei due, troppo concentrato nello scovare disperati & fenomeni da baraccone in un New Age gremito oltre ogni aspettativa.

Una band chiamata W.A.S.P., di fatto, nel 2010 non esiste e, forse, non è mai esistita neanche negli anni d'oro. I W.A.S.P. sono Blackie Lawless. Se Lui è in forma e ha voglia, la band è strepitosa; al contrario, nemmeno Gesù Bambino in persona potrebbe risollevare uno show dove latitasse l'ispirazione del leader. Stavolta, per fortuna, Blackie è stato all'altezza della sua fama. Concerto intenso, pochi fronzoli e prestazione ottima: anche troppo precisa, al punto che, oltre al consueto playback nei cori, si è avuta la sensazione che anche la voce di Blackie fosse “aiutata” nelle strofe. L'acustica sempre mediocre del New Age penalizza le chitarre, impastate e confuse nelle ritmiche (come da tradizione W.A.S.P., comunque), mentre il basso sono anni che non si sente. Batteria abbondantemente triggerata, ma battuta con foga da minatore e quindi sopra la media. Il solista Doug Blair si ritaglia una manciata di minuti da guitar hero con pose a effetto e atteggiamenti bulleschi, mentre Blackie suona qualche accordo qua e là, con poco impegno ma tanto tanto carisma.

Lato dolente è la scaletta, perché Mr Lawless ha passato i 50 da un po' e umanamente non ce la fa a suonare più di un'ora: meglio un'ora bene che due ore da cani, certo, ma lasciare fuori pezzi da 90 del repertorio (niente “Chainsaw Charlie”, roba da suicidio commerciale) e piazzare 3 pezzi dall'ultimo album non è proprio una genialata. È vero che i W.A.S.P. sono una delle poche band degli anni '80 che ha continuato a pubblicare CD, a volte belli e a volte meno, ma è anche chiaro che non li compra nessuno e ai concerti i fans vogliono solo i classici.

***

SECONDO ATTO: lamentele e recriminazioni.

La tanto pubblicizzata “Festa di Halloween” del New Age è stata un'atrocità. Perché chiamare ben 3 DJs dal Nobile Pedigree Metallaro, se poi li si obbliga a piazzare le solite “canzoni da New Age” a uso e consumo della solita clientela?

Dopo un inizio incoraggiante con qualche pezzo Hard&Heavy che fa ben presagire, ben presto si sprofonda nella solita monotonia che da anni rende il locale sempre uguale a se stesso, sabato sera dopo sabato sera. Un buon modo per tenersi buoni i soliti aficionados, un'occasione persa per far divertire tutti gli altri, che hanno deciso di passare la serata lì invece che altrove.

Poco male, sono anni che sto lontano dal New Age (esclusi sporadici concerti) e quando ci torno trovo conferme sul fatto che in giro c'è molto di meglio.

Resta da dire qualcosa sui disperati. Tralascio volontariamente tutti gli utenti classici del locale, che tanto saranno sempre lì anche tra vent'anni, e passo alle new entry.

Attirati dall'americanata di Halloween, in diversi hanno optato per look da streghe-vampiri-designers-zombie-drogati, il che è sempre un bel vedere.

Non scordiamo i cotonati del Glam, che hanno passato il pomeriggio a spruzzare lacca e che presto si sono trovati come pesci fuor d'acqua a ballare i Limp Bizkit.

Citazione particolare per un simpatico pirata con l'eye-liner e il capello da Luigi XIV: un mirabile incrocio tra Lady Oscar e i Running Wild, che in sostanza si è sprecato tanto solo per l'ora di show dei W.A.S.P., perché dopo l'orrida musica del locale lo ha confinato in un angolo.

Ed ecco a voi Il Giovane Nerd. Maglioncino rosso e occhiali da frustate con asciugamano bagnato: entra in pista spaurito su un pezzo dei Guns, poi si scatena sul “repertorio New Age” tramite mosse scoordinate ed entusiasmo motivato solo da un'infanzia di “World of Warcraft” e porno su internet. Inevitabilmente, fa il vuoto attorno a sé.

Darwin Award” al siciliano che mi ha domandato se gli vendevo “uno spinello” (ha detto proprio così) e poi si è anche offeso perché l'ho mandato a cagare. Il personaggio in questione poi è andato a esigerlo dal DJ che stava mettendo i dischi. Probabile che l'abbia chiesto anche alla pattuglia parcheggiata fuori dal locale.