domenica 15 dicembre 2019

Female Metal Voices Tour '19: come traino sociale è meglio estetica o il collare rigido?

FEMALE METAL VOICES TOUR
LEAVES' EYES - SIRENIA - FOREVER STILL - LOST IN GREY - ASPHODELIA
14 dicembre 2019
Revolver Club (San Donà di Piave - VE)




Alvaro, per definirlo elegantemente, è un voyeur. Amerebbe scrutare dalle finestre e dai buchi delle serrature, ma ha un problema forse più grande: è un Metallaro. E il Metal è generalmente come la Sagra della Salsiccia, c’è ben poco da guardare, a meno che non si abbiano spiccate tendenze arcobaleno. Alvaro però è etero. Senza alternative, s'appassiona al Symphonic Metal con voci femminili: almeno c’è la sicurezza di avere una donna da guardare senza rischiare denunce e ascoltando nel contempo della Musica Metal. Negli ultimi 15 anni le band di genere si sono moltiplicate in modo proporzionale grazie ad Alvaro et similia. Inspiegabile altrimenti che esistano centinaia di gruppi impossibili da distinguere l'uno dall'altro se non per il fatto che presentano cantanti diverse. Forse Alvaro potrebbe spiegarci nei dettagli le differenze tra Epica, Sirenia, Tristania e Visions of Atlantis, ma il comune denominatore alla fine è di avere belle figliole che cantano. Io, perlomeno, distinguo solo su questo parametro. Per questo è impossibile, da parte mia, concepire che esista al mondo una sola persona che possa affermare “Il mio gruppo preferito? Epica (o chi per essi)”. 
Tuttavia a un concerto così ci vado. 
E le motivazioni sono di alto profilo.
  • Vicino a casa, parametro principe per gente che ogni giorno combatte l'ignoranza a cazzotti sui banchi (richiede molte energie e molta precisione);
  • Band mai viste e che mai rivedrò, perché se le trovo in un festival ne approfitto per dedicarmi al taccheggio;
  • Posso ammirare dal vivo almeno l'80% del catalogo EMP, indossato da disagiati sul palco e sotto il palco;
  • C'è Alvaro, mio principale riferimento per interpretare il genere in questione.

Affluenza non indegna, ma ben lontani dal pienone. Essendoci 5 gruppi, i primi avranno iniziato a suonare nel tour bus mentre parcheggiava. Improponibile arrivare come sempre a orari decenti, mi perdo tre band su cinque. Mai nulla saprò di Asphodelia e Lost in Grey, i cui musicisti però gironzolano per il locale e contribuiscono a farlo sembrare meno desolato. Mi perdo pure i Forever Still, a me noti perché quando lavoravo in radio l'etichetta cercava di promuoverli inviandoci generi alimentari di scarso spessore dietetico; inoltre, la cantante si passa tutto lo show seguente a ballare sotto il palco e sul tavolo del merchandising, per il gaudio di Alvaro & Co.

Pubblico composto in questo modo:
80% guardoni
10% band che hanno già suonato stasera oppure suoneranno
10% io, miei amici, miei parenti, baristi, il mio barbiere e una bambina (non mia)

Ecco ciò che resta...

SIRENIA
Il desiderio di far saltare in aria il palco col tritolo è pienamente giustificato. Dopo aver pagato 30 dobloni d'ingresso, emergi nel pieno dello show e noti subito la cantante vestita da Cenerentola, il batterista nudo depilato e i due chitarristi (il leader fuori forma e il giovane virtuoso neoclassico pronto a tutto pur di rimediare fugaci esperienze sessuali). Ma senti chiaramente anche un basso, ondate di tastiere e cori possenti... dove sono quindi bassista, tastierista e coro degli alpini? Dentro il MacBook Air (versione proletaria del Pro). Avendo connessione internet, so che si tratta praticamente di una one man band, ma l'effetto è 60% karaoke. C'é già il Festivalshow per queste cose, ogni estate in tutte le località balneari di serie B e C, ed è anche gratis.
Nonostante le basi, ci sono ancora momenti di cagnara che, come effetto generale, ricordano la campanella di fine scuola in un Centro di Formazione Professionale. Per fortuna partono i cori esagerati che coprono tutto.
Alvaro definisce splendidi i loro CD, ma è rimasto deluso dall'outfit della cantante, a sua detta fin troppo castigata e dedita a cantare bene, quando invece il suo pubblico avrebbe preferito uno show più cinematografico in stile Fenech/Banfi.
Ovviamente il nostro guardone ha espresso il tutto in dialetto, dopo aver consumato 12 giga di memoria per fotografare ogni centimetro della suddetta cantante. A uso privato, sostiene.

LEAVES' EYES
Per chi ama il gossip e gli intrighi dinastici. 
All'inizio c'erano gli Atrocity, che in Germania a inizio anni '90 facevano Death Metal e poi l'hanno mescolato con qualunque altro genere, riuscendo alla fine a non piacere più a nessuno. Nel frattempo il leader Alex Krull, dotato di una lunghezza di capelli inversamente proporzionale al talento compositivo, aveva sposato la cantante Liv e insieme formano i Leaves' Eyes (che sono gli Atrocity con Liv che canta). Symphonic Metal a tema vichingo, ma con l'eterea voce di Liv che riesce a rendere i pezzi tutti uguali: se te ne piace uno, puoi andare sicuro su tutta la discografia. Poi Krull, che è anche il vegetariano più pachidermico della storia del vegetarianesimo, litiga con Liv e nel giro di 3 ore divorzia e la sostituisce con Elina Siirala: i media dediti al Metal, che amano il gossip tanto quanto le messe nere, si scatenano in illazioni sulla relazione tra Krull e la nuova cantante, ma siccome la band m'annoiava non sono molto aggiornato. Noto comunque che:
  • Elina è più caruccia di Liv;
  • Canta uguale, quindi brava e di una pesantezza inaudita, tipo le conferenze sulla “Fenomenologia dello Spirito” di Hegel;
  • Sul palco si muove come Pinocchio;
  • E' vestita in un modo che fa esultare Alvaro, il quale esaurisce tutti i rimanenti giga dello smartphone (sempre per uso personale).
Per fortuna il resto della band ha un impatto notevole, concedo loro due vigorose pacche sulle spalle per aver dato tutto e per essere riusciti a intrattenere a prescindere dal repertorio. Anche Krull s'impegna per coinvolgere il pubblico, ma la panza sporgente dalla giacchetta XXXL (taglia tedesca) lo fa assomigliare a un pinguino gigante. Stona infatti col resto della band, che appare decisamente denutrito; in particolare il magrissimo batterista resta immobile per risparmiare energie, usando solo le braccia, tanto che sembra una sagoma di cartone. 
A dare tutto è anche il mingherlino roadie della band, che corre ovunque con la sua pila fissata sulla fronte per sistemare guasti tecnici, fare foto, settare i volumi, preparare il tofu. Con sforzo immane, riesce anche a infilare Krull dentro un'armatura vichinga (stazza importante, di certo non paga gli alimenti alla ex moglie) e il cantante passa l'ultimo pezzo ad agitare la spada qua e là minacciando gli astanti, la ex moglie, la nazionale italiana di calcio e chiunque osi scrivere queste parole in una recensione.
Alvaro, nella conferenza stampa dopo lo show, promuove a pieni voti i Leaves' Eyes, esaltando il look vincente della cantante, che ha sfoggiato gambe lunghissime e stivali da “Perversioni nella Repubblica di Weimar”, anche se ha criticato il Krull per averle detto di imitare una Valchiria invece di adattarsi a un più consono ruolo di Gloria Guida. 

lunedì 2 dicembre 2019

HEIDEVOLK... perché il paganesimo funziona alle sagre?

HEIDEVOLK + KORMAK + HELL’S GUARDIAN
REVOLVER CLUB  - SAN DONA' DI PIAVE (VE)
23 novembre 2019



Il Revolver ci riprova col folk metal. Si riuscirà a fare meglio degli Skyforger in termini di affluenza?
No.
La gente è quasi la stessa della data precedente. 
Barbacce incolte, criniere dal passato glorioso e oggi prossime all’oblio, maglietta standard degli Amon Amarth e l’inspiegabile presenza di alcune donne (probabilmente assistenti sociali o antropologhe).
Gli Heidevolk per le date italiane si fanno accompagnare da un paio di band locali che servono a pagare la benzina e i camogli all’autogrill. Di certo i soldi non li fanno coi biglietti d’ingresso, visto la cinquantina di presenti (o giù di là, non li ho contati perché ho fatto il Liceo Classico e non so andare oltre il 20). 

Avendo, come ormai consuetudine, perduto la prima band, passo a recensire lo stand del merchandising degli Heidevolk.

LO STAND. 
Dopo decenni di militanza nel mondo del Metal, mi stupisco ancora di certe tremende magliette e di come, nell’eterna lotta per la sopravvivenza all’interno della società civile, possano farti partire almeno due passi indietro. Per fortuna i Metallari presenti non hanno alcun desiderio d’integrarsi né di diventare nuova classe dirigente, quindi il curioso omino del merchandising riesce a smerciare una certa quantità di T-shirt. Il suddetto soggetto, dall’aspetto mediamente impiegatizio, esibisce un maccheronico italiano fatto di “Ciao, grazie, come va?” a cui rispondo lodando il formaggio Gouda (una lode all’altro prodotto olandese mainstream, la birra Heineken, sarebbe risultato eccessivamente falso), il che non mi garantisce alcun vantaggio nella contrattazione: io non vorrei comprargli alcunché, ma vengo mosso a simpatia dal suo aspetto inoffensivo e medio borghese (di quelli che quando si incazzano per le crisi economiche vanno poi a votare NSDAP), quindi decido per il virile acquisto di una borsa di tela con qualche immagine pagana a corredo, giusto per far capire ai monoteisti che con me non si scherza.

KORMAK.
Quando vedo salire sul palco tre mugnai e una ragazza piccina piccina, temo il peggio. Il peggio si realizza subito con un paio di canzoni da tonnara invereconda, causa suoni gommosi e una prestazione vocale simil-operistica “cheperfortunahoitappialleorecchie”. La situazione poi migliora e si comincia a intuire che la band ha una vaga idea di come si scriva una canzone, mentre la cantante passa a un growl più convincente. Il top comunque è stato il pezzo in dialetto pugliese, non li porterà al Festivalbar ma è il meglio che s’è sentito. Resta il mio problema per cui le band folk metal suonano tutte lo stesso pezzo: è un problema mio, ma nemmeno questi Kormak me l’hanno risolto.

HEIDEVOLK
I sei olandesi si schierano in formazione da battaglia: batterista barbone, chitarrista nano, chitarrista calvo, bassista stempiato leader pagano, cantante 1 cicciotto rissoso, cantante 2 barbone pagano. 
Sulla scena da anni senza mai diventare dei leader, vantano uno zoccolo duro di fans che risiede tutto nel Gelderland (regione di provenienza degli Heidevolk) e quindi al Revolver non si fa vedere. 
Il fatto di avere due cantanti sarebbe un punto a favore, se non fosse che cantano sulle stesse tonalità e quindi ogni canzone sembra un lunghissimo coro da birreria. Peraltro la stessa band ci tiene a precisare quando s’accinge a suonare canzoni da birreria, acciocché i presenti possano alzare le bevande al cielo: di cantare i cori non se ne parla, visto che sono in olandese e l’idioma locale si limita a sandonatese e jesolano.
Per distinguere le canzoni pagane da quelle a tema birra, il cantante rissoso nelle prime urla a metà pezzo, nelle seconde beve. L’altro cantante mantiene invece un atteggiamento coerente, tra l’epos del guerriero batavo e qualche ancheggiata in stile Coverdale d’annata. 
Devo per forza focalizzarmi sul bassista incredibile di 2 metri coi capelli lunghissimi (effetto dovuto al fatto che partono dalla nuca). In piacevoli intermezzi tra le canzoni, il suddetto nell’ordine:
  • sostiene di aver suonato con gli Heidevolk 20 anni fa vicino a San Donà, anche se probabilmente si confonde con la sua vacanza a Cortellazzo;
  • promuove l’immagine della regione olandese del Gelderland: nessuno ha capito cosa ci sia di preciso, ma sulla fiducia gli concediamo che ci sia bassa disoccupazione e che entro qualche decennio sparirà causa innalzamento del livello del mare;
  • incita a commemorare le grandi battaglie dei Batavi (antichi abitanti del Gelderland) contro le legioni romane, sorvolando ovviamente sul fatto che i Romani li abbiano conquistati senza grossi problemi;
  • dichiara di apprezzare la grappa e il vino, il che è comprensibile essendo lui un bevitore abituale di quel detersivo chiamato Heineken;
  • quando finisce il fiato per le presentazioni, passa la parola al cantante rissoso, che urla e poi parte il pezzo.
I miei informatori dell’universo pagano sostengono che il pezzo migliore della band sia una cover di una canzonaccia pop olandese anni ’70. In effetti la rendono davvero bene, ma allo stesso tempo confermano l’idea che al loro paese suonino alle sagre per far ballare le coppie di anziani con gli zoccoli. E probabilmente l’Amministrazione Regionale del Gelderland rilascia abbondanti finanziamenti per mandarli in giro a promuovere il turismo nella suddetta regione… altrimenti non si spiegherebbe che vadano in tour per mesi senza apparenti guadagni e senza un lavoro stabile in Olanda.  
Comunque le leggende del Gelderland narrate nelle loro canzoni non sono comprensibili a cause dell’idioma, ma se dovessi affidarmi solo alla sensazione, direi che trattano di Boudewiijn che ruba un maiale a Guus, oppure di mamma Floor che prepara la zuppa di farro.


A fine concerto escono subito a farsi le foto coi fans, sperando probabilmente di ottenere grappa o sesso. Evidentemente all’estero qualcosa potrebbe anche succedere, ma a San Donà, miei guerrieri, è sempre e solo grappa.