martedì 22 novembre 2016

Anvil : vibratori scatenati a San Donà



ANVIL + REZET + TEODASIA
19 novembre 2016
Revolver (San Donà di Piave – VE)

Show storico al Revolver: gli Anvil, dopo anni bui, da qualche tempo sono tornati ad avere abbastanza pubblico da permettersi tour europei in locali veri e non in discariche (motivo? Guardate il documentario “Story of Anvil”, ormai obbligatorio per la formazione culturale del Bravo Metallaro).
Le date in Italia questa volta sono ben 5 e quindi il timore di una dispersione del pubblico è motivata. Eppure i Metallari over 30-40 stavolta non tradiscono e l'affluenza è dignitosissima, di molto superiore a quella dello sciagurato concerto dei Crazy Lixx di una settimana fa. Grandi assenti sono i giovani, che perdono l'occasione di assistere a uno show “vecchia scuola”: non c'è nessuna scuola come la vecchia scuola, e gli Anvil sono i fottuti presidi (sei-cit.). Inoltre c'è sempre l'occasione di conversare con una serie di vecchie borchie che si sono fatte le peggiori trasferte nei peggiori locali per assistere ai concerti delle band più clamorose (o scandalose, dipende dai punti di vista).
Detto ciò, ci son le condizioni per un grande show. I miei spioni alle tappe precedenti del tour hanno parlato di band in formissima, io sono carico di energy drink del D+ (effetto dopante stile efedrina) e noto tra il pubblico una rassicurante coerenza di look (chiodo, maglia, “braghe da forca” e gigantesche scarpe da ginnastica alla caviglia).

TEODASIA. Arrivo per l'ultima canzone e sento solo tastiere trionfali e una coppia di voci che volano verso l'infinito e oltre. Noto solo che il cantante è vestito da paggio di Re Artù, ma è una mia deformazione professionale (la carriera di fashion blogger mi permette infatti di pagare le bollette e i tre mesi di vacanze estive a Duna Verde con birre del Lidl).

REZET. Speed-thrash from Germany. Potrebbe bastare qua. Onesti, diretti, intricati il giusto, con cantante chitarrista (meglio chitarrista che cantante) dotato di cintura di pallottole d'ordinanza e un batterista anfetaminico. Capelli in abbondanza, bassista con spalle pelose e una decina di canzoni inviperite che fanno venire in mente i Kreator d'annata. Roba da salto spaziotemporale: sembra di essere nel 1988, complice anche una buona parte del pubblico, che di certo nel 1988 già andava a concerti. Certo, i pezzi finiscono per assomigliarsi e solo su un paio il cantante cessa i rantoli per avventurarsi in linee vocali accessibili, ma i fanatici del genere gioscono. Thrash, headbanging, corna al cielo e birra sul pavimento.

ANVIL. Inizio show: batterista deflagrante che scandisce i tempi di guerra (che Robb Reiner sia un talento cristallino lo dice Lars Ulrich, ma per fortuna lo confermano anche Scott Ian e Lemmy), bassista che percorre il palco con la “danza delle scuse” del Dottor Zoidberg e IN MEZZO AL PUBBLICO Lips Kudlow sciabola riff assassini e urla dentro il ponte della chitarra.
Basta così: gli Anvil hanno già vinto.
Tutto il resto è solo trionfo. Dal duello tra il bassista (uguale a Doc di Ritorno al Futuro) e Lips nel corso di “Mothra”, dove simulano due mostri giganti che si sfidano distruggendo Tokyo, fino alla prepotenza di un Robb Reiner con chioma tintissima e bandana che dal 1989 copre una probabile calvizie disperata (ma aggiungiamo camicia hippie aperta sul petto e catenaccio d'oro stile Trastevere).
Lips, infine, è Lips: brutto da sempre e adesso è anche vecchio, ma ha l'energia di chi ha sfiorato il successo, ha perso il treno e si è ritrovato a consegnare pasti alle mense ma senza mai smettere di suonare, poi ha avuto una botta di culo (il documentario) ed è tornato a vivere di musica dopo i 50 anni. Troppa vita vera per giocare la parte della rockstar, meglio puntare sulla follia di un assolo fatto con un vibratore. E per fortuna che la natura gli ha donato un volto di gomma tipo Goggle di Labyrinth, con una rosa di espressioni babbee da cabaret e un sorriso sdentato imperdibile. In ogni famiglia ci vorrebbe uno zio spiantato come Lips, che a 60 anni ti piomba in casa perché l'hanno sfrattato e ti occupa una camera per mesi, strimpellando la chitarra e svuotandoti il frigo di notte.
Il bassista, comunque, sembra il più squilibrato di tutti: ma se non lo avete visto, non potete capire.

Metal On Metal!

lunedì 14 novembre 2016

CRAZY LIXX + 17 CRASH... la Solitudine dei Rockers


CRAZY LIXX + 17 CRASH
11 novembre 2016
Revolver (San Donà di Piave – VE)

Ai Crazy Lixx ho già regalato 3-4 recensioni e mai che si siano sognati di pagarmi, ma almeno fanno album belli e quindi diciamo che siamo pari. La uso come scusa per non parlare di musica, che tanto, a giudicare dall'affluenza al concerto, interessa a pochi.

Il locale.
Il Revolver ha avuto un momento d'oro come locale per concerti qualche anno fa, poi è passato a feste da discoteca post adolescenziali su cui non mi pronuncio. Complice però una concatenazione di eventi, in questo inverno 2016-2017 il locale riprende a ospitare concerti e ciò è bene, perché è a 25 km da casa e a metà strada c'è il Mobilificio Caramel (le cui pubblicità da anni sollazzano gli utenti delle tv locali e dimostrano che il boom economico del NordEst è chiaramente avvenuto per caso): arrivati davanti al Mobilificio partono regolarmente 12 km di imitazioni delle televendite con voci nasali e inflessioni da Fossalta di Piave, così il resto del tragitto è puro cabaret.
Al Revolver riconosco due pregi:
  1. un'acustica incasinata abbastanza da rendere inutili le seconde chitarre e quindi lasciare libero il chitarrista ritmico di fare il babbeo sul palco;
  2. un sistema di riscaldamento consistente in un getto di aria sahariana che colpisce alle spalle tutti coloro che si trovano davanti al palco in linea col microfono centrale: il tornado asciuga istantaneamente il sudore e ti obbliga a restare in mutande, poi esci a fare il figo e ti prendi la gastroenterite, per cui passi il resto della settimana a casa e risparmi abbastanza per pagarti il prossimo concerto al Revolver.

Il pubblico.
Talmente scarso che si poteva, nell'ordine:
  • uscire tutti dal locale e rubare abbastanza biciclette da spostarsi tutti verso la città
  • andare insieme a mangiare la pizza da Ciccio in centro a San Donà;
  • concedere a ciascun presente un monologo sull'annosa questione “Pizza alta o pizza sottile?”;
  • formare due fazioni “Chi conosce Johnny Lima” vs “Chi ignora Johnny Lima” e sfidarsi a sputi;
  • tornare al Revolver e vedere gli show.


Le band.
17 Crash.
Siccome non si parla di Musica, si parla di Costume e Società. La band toscana ha due chitarristi che vorrei in ogni band, anche di liscio: uno “larger than life” con repertorio di mossette clamorose stile Ratt/Dokken che mette in pericolo costantemente i legamenti ma che genera sul palco un tale uragano di Convinzione Rock che non ti accorgi neanche di cosa stia suonando, l'altro minorenne che si guarda intorno a bocca aperta stupita (espressione che ti coglie quando vedi da troppo distante uno che ti ruba la bicicletta ricevuta alla cresima). Complice l'acustica-bagarre del locale, sento solo alcuni ritornelli azzeccati, un batterista che perde colpi come un 70enne senza Viagra, il solito basso inesistente del Rock e un cantante che rende meglio quando non strilla (ma lui strilla come fosse alle audizioni per gli Steel Dragon). Comunque ci scommetto che in pizzeria avrebbero scatenato un tafferuglio.

Crazy Lixx.
Nuova formazione con l'inserimento di due chitarristi, dopo che i precedenti si sono dati alla macchia (uno è scappato negli Inglorious a suonare Hard Rock stile Whitesnake per un pubblico di calvi, l'altro lo ricorderemo solo per essersi riprodotto nei bagni del Live Club durante il primo Frontiers Festival insieme a una generosa groupie).
I nuovi innesti sono gente nota a chi frequenta il genere, quindi diciamo 200 persone in tutta Italia. Jens Lundgren era il chitarrista di quegli scalcinati dei Bai Bang, un esile elfo albino da 40 kg di peso che stasera aveva i volumi settati a livello “concerto pomeridiano all'oratorio Don Bosco”; Chrisse Olsson ha bivaccato per qualche anno coi disperatissimi Dirty Passion, adesso ha portato nei Crazy Lixx il suo fascino da carcerato balcanico e i pantaloni sempre uguali da inizio carriera.
Il mio preferito resta il batterista, che pare un culturista 10 anni dopo aver smesso con gli steroidi: polpacci enormi, maglietta dei Darkthrone e una precisione che lo piazza tra i migliori del genere (anche se sembra che del genere non gliene freghi proprio niente).
In tutti i loro 4 album i Crazy Lixx hanno inserito diversi pezzi splendidi e oggi ovviamente li suonano tutti, perché (caso raro) la band pare essere pienamente cosciente che il pubblico dal vivo vuole le figate e non i fillers.
I suoni sono già migliori rispetto al solito, di certo i cori in playback aiutano la causa e permettono al cantante e alla sua sempre più rada chioma di vagabondare per il palco e anche nel backstage (lasciando il resto dei Crazy Lixx a guardarsi con la sicurezza di chi non ha capito niente).

Comunque sia, show soggettivamente bello (sui CL sono poco oggettivo, c'è scritto anche nel mio curriculum) e che avrebbe avuto tutte le caratteristiche per piacere ai cultori del genere, i quali però hanno deciso di passare la serata su Netflix.