HARDLINE "Double Eclipse" (1992). Nel vocabolario, alla voce "bilanciamento" andrebbe inserito questo album. Quando alla chitarra e alla produzione hai Neil Schon dei Journey la classe si spreca e sai già che non ci sarà una nota fuori posto. Questo esordio degli Hardline è un gioiello di bilanciamento musicale. Da infarto il trittico "Hot Cherie", "Rhythm from a Red Car" e "Everything", oltre alla bonus track giapponese "Love Leads the Way" (migliore bonus track della storia insieme a "Don't Ever Wanna Lose Your Love" degli Shy). Molte potrei dirne, che Johnny Gioeli canta come un Dio del Rock, che la band azzecca quasi tutti i pezzi, che sono spariti dopo questo album, ma la sostanza non cambia: CAPOLAVORO! Da avere senza riserve, ma attenzione a procurarsi un paracadute perchè si rischiano cadute da altezze notevoli! Sconsigliato anche ai fotosensibili, l'ascolto infatti provoca un aumento della luce solare nelle zone adiacenti allo stereo fino a raggiungere temperature californiane.
BON JOVI "7800° Fahreinheit" (1985). Il Biondino del New Jersey stava sulle palle ai Metallari, perchè vendeva ed era pieno di donne, ma negli anni '80 lo ascoltavano tutti, dal Rocker con gli attributi alla liceale "innamoratamaribelledentro" fino al qualunquista che ascoltava "un pò di tutto". Oggi va rivalutato il suo periodo Eighties pwechè così possiamo denigrare il suo stato attuale. La carriera di Bon Jovi si divide in 3 parti: i primi due ottimi album, il periodo da altissima classifica tra la fine degli '80 e l'inizio dei '90 (quando si vendeva a milioni) e quello successivo al successone della ballad "Always" (che lo ha convinto a rinunciare al Rock per lanciarsi su melense melodie pop e sempre meno vigore). Il massimo la band lo diede nella seconda fase, con "Slippery When Wet" (1986) e soprattutto "New Jersey" (1988, c'è il diamante "Wild is the Wind" e basterebbe per l'immortalità), tuttavia i primi due album non vanno assolutamente sottovalutati. "7800° Fahrenheit" ne ha di pezzi spettacolari. Bon Jovi anni '80 ha sempre saputo coniugare potenza e melodia pop, chitarre mai scontate e ritornelli da Sfera Celeste. In più non legava le mani al tastierista come ha iniziato a fare da 15 anni a questa parte. Conseguenza: possiamo goderci una libidine come "Only Lonely" (l'attacco è eroico, mettetevi un materasso sotto i piedi perchè vi buttate per terra sicuro!), ma anche "Price of Love", "Always Run to You" (anthem!!!) e l'hit "Hardest Part is the Night". Non tutto è impeccabile (le hit da stadio "King of the Mountain" e "In and Out of Love" sono figlie di quegli anni, "Tokio Road" è quantomeno anonima) e chi se ne frega? Le gemme dello scrigno bastano per pagarsi un viaggio in Paradiso.
NOCTURNAL RITES "The 8th Sin" (2007). I Metallari aspettano i nuovi Metal Gods e questi esistono già da quasi 15 anni. Svedesi, partiti come cloni degli Helloween (ma piacevoli, "Tales of Mystery and Imagination" del 1997 valeva la spesa), dopo l'ingresso del vocalist extraordinaire Jonny Lindkvist hanno sfornato un album più bello dell'altro, e questo "8th Sin" conferma lo spessore della band. Heavy Metal 100% come Noi vogliamo, ma melodie a tonnellate e arrangiamenti preziosi. La doppia cassa è ridotta al minimo indispensabile, ma i riff contribuiscono alla lesione delle cervicali. Fanno male, i Nocturnal Rites, e lo fanno senza vadere nel pacchiano. Un grande album, alla faccia di quelli che pensano che il Metal non abbia più nulla da dire. I RITORNELLI!!! Hanno un cantante che li mette in riga tutti, ma che ritornelli!!! Procurarselo assolutamente, assieme a "Afterlife" (2000) e "Grand Illusion" (2005, con la mia personale hit "Fools Never Die"). E poi pronti a farsi sostituire le cervicali con tiranti di titanio!