
23 luglio 2008 – Piazzola sul Brenta
I CD non si vendono, le band sono costrette a suonare ovunque per guadagnare qualcosa ed ecco che anche Piazzola sul Brenta può permettersi uno show che vent'anni fa si sarebbe tenuto in uno stadio di Milano o della capitale. Location spettacolare, la piazza del paese di fronte alla celeberrima Villa Contarini: non credo che Whitesnake o Europe abbiano suonato mai in luogo più ameno. Buona affluenza di pubblico, i soliti noti ma anche facce nuove con cui parlerò solo tra dieci anni, quando accerterò che la loro è vera passione. Prezzo del biglietto francamente esagerato, 45 euro, che certo non vengono ricompensati dalla pur suggestiva cornice. Ma tant'è, chi non voleva spenderli se ne è rimasto a casa.
Appena entrati una emittente televisiva locale pensa bene di farmi qualche domanda. E quindi avanti con giovane intervistatrice che mi fa capire di avermi scelto per il mio cappello da cowboy. Ma le veline devono intervistare le veline, non i Metallari: essendomi destreggiato alla grande davanti alla videocamera mi taglieranno di sicuro, privilegiando qualche altro intervistato meno esuberante e più ubriaco.
Passiamo ai gruppi, prima che qualcuno si faccia male.
Tigertailz. Sono i meno forniti di denaro, infatti hanno dovuto risparmiare sulle parrucche, che sfigurano a confronto di quelle degli altri due gruppi più blasonati. Hanno: divertito, eseguito la loro hit “Love Bomb Baby”, ricordato il defunto bassista Pepsi Tate (sostituito da un culturista tatuato), sfoggiato una corista dalle movenze estremamente impacciate, suonato “Ace of Spades” (lezione per il futuro... se vuoi fare il ruffiano a ingraziarti il pubblico di Whitesnake/Europe, sconsiglio di puntare su cover dei Motorhead), reso felici quei 2-3 fanatici che li adorano e quindi tutti a casa. Suono scadente, peccato.
Europe. Consci che le parrucche dei Whitesnake sono imbattibili in quanto a lunghezza, optano per dei parrucchini dal taglio alle spalle, molto cool e spendibili in società. Gli Europe sono sempre stati dei bravi ragazzi, non si sono devastati di droghe negli anni '80 e oggi sono dei quarantenni che dimostrano 30 anni. Certo, Norum è imbolsito e intristito (uguale a Tolkki degli Stratovarius, credeteci), Tempest sembra sempre un bimbo e il suo dentista ha fatto uno splendido lavoro di manutenzione, Ian Haugland è il più grosso e personaggio del gruppo e Michaeli ha le stesse occhiaie di 20 anni fa: il figo della band diventa quindi John Leven, che se si presentasse a Uomini&Donne li metterebbe tutti in riga. La musica? I classici sono indiscutibili, le canzoni nuove dal vivo piacciono ma sinceramente non le conosce nessuno. La band è compatta, Tempest si da gestire bene e “The Final Countdown” mi riporta a un'era in cui ero piccolo e ingenuo, mi interessavano solo i Masters e la Girella... che si vuole di più?
Whitesnake. Non esistono al mondo parrucche più calibrate e fluenti di quelle dei Whitesnake. Tutti i musicisti sono fenomenali, i suoni sono puliti e nitidi, la band non sbaglia niente, i cori sono da stratosfera. L'unico punto dolente è quello che da sempre è stato il cavallo di battaglia del Serpente Bianco: la voce di Coverdale. I pezzi più tirati (quelli del periodo “americano”) vengono strillati da una cornacchia con parrucca bionda che si spaccia per l'ex singer dei Deep Purple. Per fortuna il titolare rientra in possesso delle sue facoltà con qualche lento e qualche blues che fanno intuire quale dovrebbe essere la sua vera dimensione a quasi 60 anni. Lunghi assoli per celebrare l'arroganza del pettoruto Doug Aldritch e di un Reb Beach defilato ma indispensabile (e necessari per far rifiatare il singer). I bis sono “Still of the Night” e “Burn”, due capolavori da evitare come la peste se la voce non c'è, ma Coverdale non rinuncia alle sue hit (i soliti calvi che conoscono unicamente Led Zeppelin e Deep Purple avevano speso i soldi del biglietto solo per “Burn”): così si chiude lo show con altri dieci minuti di latrati. In “Still of the Night” salta fuori anche Tempest a fare i cori, suggestivo vedere i due cantare insieme ma l'economia del pezzo non è cambiata molto. Detto questo, il carisma di Coverdale e il suo “sguardo che ingravida” sono rimasti intatti, rimane un esempio da venerare per tutti coloro che sul palco vogliono spettacolo.
Cala il sipario. Per la recensione delle puttanate sparate durante tutto il pomeriggio e la serata dovrete attendere. Oppure decidervi a muovere il culo e venire a vedere i concerti che vi segnalo.