Quarto anno di seguito al
BYH, ma stavolta il fato s'è messo di traverso per impedire
l'ennesima umiliazione degli Alemanni ad opera della bellicosa
legione veneta. Auto che tradisce e rischia di scombinare i piani per
ben due volte, tempo schizofrenico che passa da sole ustionante ad
acquazzoni monsonici, Enel ladra che chiama mentre sono in vacanze
per solleciti fantasiosi, Mondiali di Tuffi e Recitazioni con squadra
locale che segna il gol decisivo mentre i tifosi sono tutti impegnati
a fare la coda per la birra... e mille altre amenità!
GIOVEDI' 10 LUGLIO - Warm
up show
Il Warm-Up si tiene
indoor, quindi anche se fuori diluvia e tira un ventaccio novembrino,
qualche centinaio di tedeschi può cominciare il degrado fatto di
birra-whisky-grappe-crolloalsuolo.
La fortuna è dalla
nostra, giacché una mamma all'ingresso mi vende a metà prezzo il
biglietto del festival poiché suo figlio sta male. Mi spiace per il
ragazzo, ma nell'equilibrio cosmico è decisamente più rilevante che
al Bang Your Head ci sia io.
DYNAMITE. Persi.
L'automezzo infido e traditore non permette evoluzioni da pilota
italico standard, quindi si arriva che la band svedese ha già chiuso
lo show. Gli sbronzi presenti in sala sostengono sia stato un bel
concerto, ma potrebbero sostenere con altrettanta convinzione la
teoria della Terra Cava. Trovo comunque in giro il chitarrista dei
Dynamite, lo saluto e sparo la balla che mi sono piaciuti da morire:
il ragazzo s'emoziona e chiede di fare una foto, si rammarica di non
potersi sbronzare con me e sparisce nel furgone della band per il
torneo di ramino.
BULLET. Vincitori della
serata, come previsto. Stavolta il cantante Hell Hofer è sobrio, ma
il suo atteggiamento non cambia. Gli altri membri della band si fanno
un culo quadro per fare spettacolo, visto che Hell rotola lentamente
da un lato all'altro del palco lanciando rantoli smargiassi e
perdendo spesso l'orientamento. Trionfali.
STORMWARRIOR. Impegnato a
mangiare poltiglia thailandese e a schivare le birre che i
tranquillissimi Metallari locali scagliano in aria, seguo solo
distrattamente l'arrembante Heavy Metal della band guidata da
Majin-bu amburghese. Nulla di clamoroso da segnalare sul palco.
VICTORY. Il mastermind
Herman Frank cambia quasi tutta la formazione, conferma il valido
singer Jioti (che però si sforza come un licantropo per riuscire a
far emergere la sua voce, e poi ha lo stesso look di Fabrizio
Corona), s'è fatto la tinta corvina anche sulle basette (sennò
dimostra 80 anni), sceglie tutti i pezzi coi ritornelli giusti e
porta a casa la pagnotta.
GRAVE DIGGER. È come
andare a trovare il nonno all'ospizio: sempre gli stessi discorsi,
sempre le stesse battute, ma alla fine gli vuoi bene. Su disco i GD
sono ormai un terno al lotto (o azzeccano il pezzo o, più spesso,
annoiano), dal vivo invece sono una macchina da guerra con
un'estetica orribile: i tre vecchi ormai non si possono vedere,
soprattutto Jen Becker con la piazza e Boltendahl nella parte del
nonno con la testa enorme, la zazzera da Einstein e le spalle large
32 cm. Il chitarrista Axel Ritt, che avrà 50 anni, sembra un
ragazzino e ha la chioma 1983 unita alle “pose visibilio”. Poi
fanno “Rebellion” e mi zittiscono.
Fine concerto con
raccolta di vuoti abbandonati per terra, che vengono scambiati con
qualche birretta (hanno il vuoto a rendere, ma non riesco a trovare
un modo divertente per spiegarlo).
Si lascia il Warm-Up
scavalcando cadaveri riversi nella birra, affrontando la piovosa
notte teutonica a bordo di un'auto veloce come un calesse. Lenti ma
inesorabili, puntiamo verso il nostro albergo a conduzione
croato-russa-ungherese (dove nessuno parla inglese a parte un giovane
slavo che, alla richiesta di avere altri asciugamani in bagno,
s'affretta a preparati un burek - vedi sotto).
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