13 Luglio 2013
REBELLIOUS SPIRIT.
Colorati e chiassosi, più
vicini alla terza media che alla terza superiore. Il look glam si
scontra con partiture da Melodic Metal renano, quello con
batterista-Duracell e i riff granitici che ogni tedesco canticchia
già nell'utero. Pubblico diviso in due: cugini coetanei con
magliette della band e parenti adulti con magliette della band, in
pratica è il pranzo natalizio della famiglia Fritz. Tra un urletto e
l'altro il cantante (doti trascurabili) getta l'occhio speranzoso
verso le groupies, solo per incontrare il grugno severo delle zie
(che poi si sono concesse a un altro gruppo, ma chi siamo noi per
fare gossip?).
ALPHA TIGER.
Sorprendenti. E non solo
per le strisce di tigre che schiaffano un po' ovunque, dalle braghe
alla batteria fino allo striscione. L'Heavy Metal dei primi
Queensryche, cantato come gli Dei del Metal esigono, suonato con
rispetto e ardore tramite una manciata di canzoni semplicemente
“belle”. Se l'Heavy Metal è riproposizione ad infinitum di
un'immagine, un suono, un'attitudine, allora gli AT sono Heavy Metal.
Esercizio di stile,
volevo scrivere qualcosa di commovente e gli AT sono stati fortunati
ad avermi colto in una modalità così eroica. Per un uso corretto,
sostituire “Alpha Tiger” col nome della vostra Heavy Metal Band
preferita.
HELL.
Un'altra bomba del
festival. Gli Hell hanno il più intrigante, carismatico e inusuale
cantante della due giorni. Che David Bower venga dal teatro e dal
musical si vede subito da come prende possesso del palco e ti fa
dimenticare tutto il resto: solo lui a dominare declamando le litanie
dei suoi bruttissimi band-mates. Bruttissimi almeno 3 su 5, ma la
palma per il peggiore va al bassista: Jabba the Hutt vestito da
Dracula, stempiato a 180° e con i capelli più zozzi dell'emisfero.
Grazie comunque a un
fenomeno assoluto come
Bower (quando fa l'attore si chiama David Beckford: fa bene a tenere
le distanze da quei brutti ceffi che gli suonano attorno, roba da
meritarsi le persecuzioni della Buoncostume), gli Hell li rivedrei
dal vivo anche subito e a David gli firmo anche un autografo. Agli
altri no, che magari vogliono anche la foto e mi vergogno a farmi
vedere vicino a certa gente.
ANGEL WITCH.
Ma che diamine! Lo stand
finto greco serve un gyros piccante con salsa all'aglio e crauti!
Scusate Angel Witch, devo provare esperienze nuove e voi ve la cavate
bene anche senza di me (del resto suonate da 30 anni le stesse
canzoni, sempre benissimo e con un pubblico roboante). Voto 8 al
piatto, gustoso all'ingresso ed elaborato all'uscita. Voto 6 politico
agli AW, come nel '68 quando c'era maretta e loro già suonavano le
solite canzoni.
MORGANA LEFAY.
“Perché nessuno ha
capito che i Morgana Lefay sono dei fighi?”. È il cruccio del
bassista quando lo incontro allo stand del merchandising mentre cerca
di regalare poster della sua band. Il povero svedese è ubriaco perso
e, come tutti gli sbronzi, logorroico: l'idioma anglo-svedese con
reflussi di vodka non è stato facile da decifrare. Sostenendo con
argomentazioni inoppugnabili che l'Italia è in Austria, mi invita al
suo prossimo concerto a un festival di cui non si ricorda né il nome
né il luogo. Poi vuole fare una foto con me e con un sorriso ebete
mi strangola cercando di soffocarmi con le alitate. Gli prometto di
essere in prima fila al suo prossimo show e lo abbandono là allo
stand con le sue infradito e lo sguardo sperduto alla ricerca della
sua band (che probabilmente è già ripartita per la Svezia e si è
liberata del peso intellettuale di un simile elemento). A proposito,
gran bel concerto.
SANCTUARY.
Rimando la
sperimentazione gastronomica perché sul palco arrivano cinque
capelloni che un milione di anni fa hanno inciso due album
spettacolari (a me piace di più il primo, gli intellettuali
celebrano il secondo, la verità non esiste). Show impeccabile, anche
se il cantante Warrel Dane cerca di non esagerare con gli acuti
perché è sarebbe impossibile rimanere a livello del primo disco.
Show revival da manuale: tutti i pezzi migliori eseguiti, performance
eccellente, Dane sobrio (!), momenti di tensione quando il pubblico
brillo canta i ritornelli in tonalità da ultrasuoni e in centinaia
perdono la voce alla prima nota. Potrei essere più entusiasta, ma
incredibilmente ho la pancia vuota e ogni gioia passa in secondo
piano...
RAGE.
Dopo averli visti una
decina di volte, ormai sono la classica band da pausa birra. Assoli a
pallettone, potenza a profusione, ma io dovevo procurarmi wurstel e
polpette gratis, quindi zero attenzione per loro.
THUNDER.
Altra sorpresa del
festival, accidenti a questi inglesi! Su disco non mi hanno mai detto
niente e il look on stage fa presagire un'ora abbondante di dramma
blueseggiante da pub: chitarristi in hawaiana, bassista da settore
terziario, batterista vecchio vecchio vecchio e cantante con taglio
corto e chioma bianca altoborghese (stile “trasferimento a Minorca
nei mesi invernali”). Invece piazzano una delle migliori voci in
giro, carica inarrestabile e pezzi che impongono sculettamenti e
testosterone. Niente di nuovo, niente di strano: perfetto per il
pubblico locale. Partecipazione assoluto e perfino io, che avevo
previsto la fuga enogastronomica dopo una canzone, mi sono goduto
tutto lo show insieme a migliaia di calvi in visibilio.
AT THE GATES.
Ho visto dal vivo gli
ATG: per me la più importante band di death metal svedese e, poche
storie, ormai sono dei mercenari professionalissimi. Sacheggiano il
capolavoro “Slaughter of the Soul”, suonano precisi come un team
di chirurghi vascolari, lo show è tutto nelle mani del frontman
Tompa (che ormai ha fermato il tempo, essendo uguale agli anni '90,
quando peraltro faceva già schifo esteticamente). La band distrugge
tutto per un'ora circa, poi via a bere perché sono svedesi e se non
bevono alcol muoiono. Vivere dalla prima fila l'esecuzione di “Under
a Serpent Sun” è uno degli highlight personali del festival.
Insieme alle polpette gratis.
RAVEN.
Già visti, dedico solo
rapido passaggio per conferma che sono ancora vivi e splendidamente
zuzzurelloni.
ICED EARTH.
La band che più s'è
incasinata la carriera negli ultimi 10 anni. Aveva tutto per
diventare enorme, ha perso quasi tutto e adesso sta ricostruendo,
appoggiata da uno stuolo di fans (soprattutto tedeschi) che non
mollano mai, qualunque cosa succeda. Certo, avessero anche fatto
album belli ultimamente, anche io li supporterei senza indugio.
Eccoli che irrompono sul palco vestiti da Metallari in jeans&leather
e infilano quasi tutte quelle canzoni giuste. Il nuovo cantante Stu
Block ha la voce per reggere il paragone con il fenomenale Matt
Barlow e risulta molto più azzeccato di Tim Owens (che strilla come
un'aquila, ma sui registri bassi non rende come richiesto), gli altri
sono inattaccabili e la partecipazione della gente migliora il
giudizio. Ma una band che riesce a piazzare 3-4 power ballad in un
festival senza risultare stucchevole dove la troviamo? Irruenti,
schiacciasassi, prepotenti, yankee fino al midollo.
EXUMER.
Il thrash ignorantissimo
degli Exumer attira un parterre di disadattati impresentabili che
preferiscono rinchiudersi nella struttura coperta, così da
continuare a bere al buio e puzzare in piena libertà senza che
l'odore si disperda. Per questo riesco a seguire solo un paio di
pezzi della band, che musicalmente è in palla e motivata... sarà
che i novantenni strumentisti hanno preso il Polase con la birra e la
reazione chimica è furibonda. Cantante supermuscolo con movenze
scimmiesche abbastanza minaccioso da scoraggiare lo scontro fisico e
sufficientemente sudato da impedire l'avvicinamento. A meno che tu
non sia sbronzo.
ACCEPT.
Valgono le stesse cose
dette sui Saxon il giorno precedente. Con la differenza di un
orgoglio nazionalista ovviamente superiore, un tasso alcolico smodato
e la tendenza degli alemanni a riunirsi in gruppetti e fare air
guitar con mosse sincronizzate. Se sul palco lo show è da 8, tra il
pubblico è 10.
CREMATORY.
Sono sotto il palco solo
di verificare quanto grasso è il cantante Felix. È sferico. E ormai
sta diventando calvo, anche se si ostina a portare i capelli lunghi
(effetto “pista d'atterraggio”). Iniziare poi il concerto indoor
con canotta, camicia e gilet in pelle lo trasforma in una palla
sudata dopo le prime due note. Resta in canotta e schizza sudore
sulle prime file senza pietà. Il batterista è altrettando panzone,
ma almeno è lontano e suda in isolamento, la tastierista ha una
camicia da notte e non credo che suoni effettivamente (ogni tanto
pigia bottoni e partono loop e basi). Tutto qui, mi resta il tempo
per guardarmi intorno e il pavimento è disseminato di ubriachi
svenuti nelle posizioni più fantasiose (ci deve essere un concorso
in atto).
Ricordiamocelo così,
il Bang Your Head 2013: una festa ininterrotta tra membri della
stessa famiglia, con tutto quello che le famiglie numerose si portano
dietro... i fratelli lazzaroni, i cugini caciarosi, gli zii
ubriaconi, i nonni lamentosi... ma è pur sempre famiglia.
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