Il 50% del futuro di una generazione si decide a...
CAMPOSAMPIERO
Camposampiero, in relazione alla mia vita, è “marginale”.
- La sede della trasmissione con cui collaboro è là vicino (Notturno Metal su OneShotRadio, ogni lunedì 21.30-23... questa marchetta vale almeno 2.99 euro);
- è vicina a Massanzago, dove ho comprato l'unico paio di scarpe eleganti della mia vita e i piccioni di Venezia ci hanno defecato nel primo e unico giorno di utilizzo;
- è prossima a Loreggia, dove c'era il Night Rider, locale biker in cui potevi parcheggiare la moto dentro e poi tornare a casa, visto che non c'era molto altro da fare.
Ecco il peso che, fino a oggi, ha avuto Camposampiero.
Ma ora essa è il fulcro attorno a cui ruota il futuro del sottoscritto e di una ventina di aspiranti docenti. Aspiranti ai 3 mesi di ferie estive pagate, ovvio. Insomma, c'è la prima prova scritta di Filosofia.
Leggere attentamente: prima prova scritta. Perché i docenti di Filosofia e Storia, se vogliono vincere il concorso, devono fare 2 prove scritte (al contrario dell'unica prova di quasi tutte le altre classi di concorso), una prova orale e una discesa del fiume Gange legati a dei barracuda.
Prove scritte al computer: quesiti di Filosofia (nessuno ha ben capito in cosa consistano) e comprensione del testo in una lingua straniera. Il tutto in 2 ore e mezzo di reclusione nell'aula di informatica di uno sperduto istituto tecnico ai margini della marginale (ma ora centrale) Camposampiero.
E mi è andata anche bene, visto che altri candidati sono stati spediti nei recessi più nascosti della provincia di Padova.
Labbbburocrazia!
Il dedalico istituto in cemento e acciaio è una fucina per i nuovi ingranaggi del sistema lavorativo moderno.
Noi concorrenti veniamo fatti accedere tramite scale antincendio, cosicché non ci mescoliamo con i locali prof di ruolo, attaccando loro malattie come il precariato. E magari qualche precario scivola pure dalle scale, sfoltendo il numero di prove da correggere per la commissione d'esame.
Si palesa la Burocrazia: un funzionario pubblico (un bidello, insomma) stravaccato su un banco controlla le credenziali di noi concorrenti, poi veniamo stipati in una classe in attesa di nuove istruzioni. Mi scappa, quindi si prospetta il dilemma tra il wc studenti o il wc docenti, ma in fondo io per questo concorso non ho studiato quasi niente e sono vestito praticamente in pigiama, quindi vado diretto nel bagno studenti.
La Burocrazia se ne frega però delle mie minzioni e ripiego verso l'aula d'attesa per il briefing di un altro funzionario pubblico (una vicepreside, insomma), che illustra le operazioni. Venti minuti di precisazioni in cui ogni frase è essenzialmente un divieto e poi siamo pronti per il secondo controllo delle credenziali, perché non sia mai che qualcuno di noi abbia smesso di essere se stesso in questa oretta scarsa dal primo controllo.
Quindi fila da bestiame per l'accesso all'aula di informatica, ove ci attendono i computer per la prova. Altri funzionari pubblici verificano che io sia sempre Giampiero Novello e, soprattutto, che abbia pagato la tassa esame.
Poi si inizia.
La prova più importante della mia vita (se escludiamo la volta che ho provato ad accendere un fuoco in camera da letto).
I concorrenti si dispongono davanti al terminale, leggono le ennesime istruzioni (18 righe di “E' vietato...” o, al limite, “E' altresì vietato...”), attendono che il cronometro sullo schermo arrivi a 0 e appaiono i quesiti del concorso.
E qui capisci che hai fatto bene a puntare sul ripasso a perdere, tanto i quesiti son vasti e dettagliati al punto che si presentano due soluzioni:
- provare a ricordarsi se hai fatto qualcosa di simile in classe e improvvisarci una risposta;
- farsi travolgere da un flusso di coscienza nel quale mescolare vaghi ricordi, riferimenti traballanti a opere minori di qualche filosofo, la parola Powerpoint ogni volta che il quesito parla di multimedialità, qualche film da far vedere agli studenti e qualche competenza che ci sta sempre bene (in tal senso, la competenza “imparare a imparare” è il jolly che va bene sempre).
I tempi sono strettissimi e c'è da svolgere anche una comprensione del testo in inglese, quindi, strategico come Sun-Tzu, mi ci butto subito, forte del fatto che mi sono visto tutto “Vikings” in lingua originale e comprendo perfino quando parla quel grezzo australiano che fa Ragnar Lothbrok.
Inglese viene svolto con la scioltezza tipica degli ignoranti, per Filosofia invece cerco di farmi venire in mente percorsi didattici che mi possano evitare almeno lo sputo in faccia da parte della commissione.
Luci al neon, responsabili di aula e burocrati che ti spiano alle spalle, l'inesorabile ticchettio delle tastiere di 20 precari che sognano una cattedra (fosse anche in Polesine, maledizione), il tempo che scorre e non sai se potrai correggere ma tanto non hai neanche idea di cosa debba essere corretto... eppure la vita procede lo stesso, il sole sorge e tramonta, il leone corre dietro alla gazzella, l'universo se ne frega delle tue miserie e tu capisci che una simile intuizione è troppo cool per non buttarla dentro qualche quesito.
Nella prossima puntata...
… un esempio di quesito concorsuale di Filosofia e la peggior risposta che si possa dare!
1 commento:
Vien voglia di fare concorsi, ma l'importante è avere il Novello accanto, nella sua versione migliore di docente/allievo.
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