venerdì 16 luglio 2010

THE REVIEW OF STEEL

Magic Circle Festival

11 luglio 2010

Tolmin (Slovenia)


Il Festival dei Manowar. Una spudorata autocelebrazione per i Kiss dell'Heavy Metal. Su come i barbari di New York siano divenuti una macchina da business ce ne sarebbe da scrivere, ma non siamo qui per questo. Noi siamo qui per l'Heavy Metal, le borchie, le donnine facili, i mutandoni di peluche, le panciere di cuoio, le parrucche con la frangetta, l'idea che il tempo non sia né circolare né lineare (è immobile, dal 1982 ad oggi) e gli inni contro “quelli là che vogliono fermare il Metallo”.

Se volessero, i Manowar potrebbero fare uno show di 4 ore con tutti i loro capolavori, assoli illimitati, comizi di DeMaio, guerrieri che si azzoppano sul palco, motociclette arroganti, donne discinte e proclami di fratellanza, ma stavolta hanno deciso di aiutare qualche altra band disperata.

Ecco le band ed ecco i motivi della loro convocazione:


CROSSWIND: E chi li ha visti? Noi si cercava di familiarizzare col complesso sistema di baratto tra vuoti a rendere, gettoni neri e tessere del monopoli con scritto che avevi dato a qualcuno 3 euro per avere quella suddetta tessera. Avendo capito che il sistema irrazionale non poteva essere razionalizzato, alcuni se ne sono fatta una ragione e hanno dimenticato a colpi di birra, altri invece hanno deciso di sfidare la Slovenia cercando di convincere gli inservienti che il sistema era sbagliato (ovviamente, risultati zero).

Dopo aver ingerito cibo che normalmente dei cani randagi rifiuterebbero, la ciurma si dirige verso il fiume Isonzo, che scorre a ridosso dell'area concerti. La spiaggia sassosa non ferma l'orda metallica che, in mutande e birra in mano, si immerge nelle gelide acque del fiume e posa per il calendario. Della permanenza in spiaggia girano per la Rete numerose foto che potrebbero rovinare la carriera di molti di noi.

METAL FORCE. Chiamati da DeMaio in quanto copia spudorata dei Manowar. Attenzione, copia dei Manowar da “Louder Than Hell” in poi, quindi riff semplici e d'impatto con doppia cassa a manetta e qualche coro anthemico qua e là. Provano pure a imitare le tutine in pelle e lattice che i guerrieri di NY adoperano ormai da anni (per comprimere degli addominali sempre più cadenti causa età avanzata), ma il chitarrista aggiunge un tocco di teutonico casual con un impermeabile giallo. Detto questo, i Metal Force sono poveri e le tutine gliele avrà cucite la nonna, altro che pelle di drago. Il cantante cicciotto non potrebbe essere Eric Adams nemmeno se inventassero il trapianto di corde vocali.

VIRGIN STEELE. Metà pomeriggio e suoni scadenti. Invero i VS ci mettono del loro, presentandosi con due chitarristi ma niente basso (campionato come pure le tastiere). Sembra quasi che DeMaio, amico della band da anni, li abbia chiamati per fare il bullo (come quando ti fai la piscina in casa e chiami gli amici non per fargliela provare ma per umiliarli). I VS comunque hanno anche scritto capolavori su capolavori e puntano duro su quelli. David DeFeis ha fermato il tempo al 1994, fisicaccio da ballerino e carisma da vendere, oltre che una prova vocale impeccabile, nella speranza di impressionare qualche fanciulla e spupazzarsela nel backstage. Su “Crown of Glory” mi sono ammazzato, ma sono resuscitato per ammazzarmi di nuovo sulla chiusura con “The Burning of Rome”. Due certezze: 1. questa band dovrebbe suonare almeno 3 ore per soddisfare la fame dei fans; 2. DeFeis saranno almeno 15 anni che usa lo stesso gilet leopardato, ma quante cose siamo in grado di perdonare a questo piccolo grande uomo!

HOLYHELL. Perché sono al Festival? Anzi, perché sono stati a TUTTE le edizioni del Festival? Perché la cantante è anche la donna di DeMaio. Prendiamo atto che per i prossimi anni gli HolyHell saranno presenza fissa. Aggiungerei anche presenza scadente: pur formati da signori musicisti (Joe Stump da anni prova a essere il Malmsteen americano, ma a noi quello svedese basta e avanza; Rhino è stato l'unico batterista decente dei Manowar in 20 anni), si affidano a basi campionate che partono a caso e ci aggiungono parecchi problemi tecnici. La cantante, che potrebbe salvare la situazione in questi casi, si ritrova spaesata e non le viene nemmeno in mente la soluzione estrema: mostrare una tetta per deviare l'attenzione. Cover finale di “Holy Diver” eseguita bene dagli strumentisti, ma ancora una volta brutta figura della donzella, che dimostra di aver imparato (male) il testo 5 minuti prima.

Ma gli HolyHell ci hanno permesso parecchie pause per fare le foto con Sua Maestà DeFeis (e quel babbeo del secondo chitarrista, che si buttava nelle inquadrature come se contasse qualcosa) e di mangiare il Fucking Metal Hot Dog, 50 cm di panino luridissimo pieno di verduracce zozze e di una salsiccia enorme speziatissima. Si approfitta anche per andare al Second Stage, giusto per comprendere che le band suonano laggiù davanti ad amici e parenti, in un contesto di una tristezza unica: la gavetta è durissima, si sa, ma a questo punto suona al bar, che almeno vengono a vederti anche i compagni di classe.

KAMELOT. Questi hanno capito tutto. Le donne sul palco ingrifano il Metallaro come non mai e i Kamelot piazzano una piacevole corista molto gothic con stivaloni da Dominazione Globale. Obiettivo Metallaro Ingrifato: raggiunto. Più che domandarsi quanto brava sia la band, ci si chiede perché Roy Khan canti quasi sempre in ginocchio, ma forse è perché aveva paura di tutti quei Metallari Ingrifati. Dovrebbe avere paura anche del suo chitarrista, visto il modo in cui gli ha molestato la moglie sul palco. Su “March of Mephisto” hanno portato sul palco due strappone bendate e inguainate in vestitino giusto: non più di un minuto di esibizione, ma c'è gente che si ricorderà solo quello.

Perché DeMaio li ha chiamati? Immagino per le strappone.

ARCH ENEMY. Li ho visti nel 1998, quando avevano il cantante stempiato. Adesso hanno una vipera di donna (cit. Bonny) che rutta peggio del kebabbaro di Via Zermanese. Anche questa donnaccia sembra piacere al pubblico, che risponde alle sue incitazioni con rutti altrettanto potenti. Essendo impegnato a mangiare il gelato, a bere idromele e a farmi 7-8mila foto poco dignitose, non posso dire molto sulla prestazione, a parte che i ragazzi sono precisi come i designer dell'Ikea e i due chitarristi sparano solos a profusione, ma essendo fratelli è anche comprensibile che facciano sempre a gara a chi ce l'ha più lungo.

Motivo della convocazione da parte di DeMaio? Boh, gli avranno detto che cantava una donna.

MANOWAR. Può una band suonare solo pezzi dagli ultimi tre album (più il recente mini-CD e “Black Wind, Fire and Steel”) e sconquassare ugualmente il pubblico? Certo che sì, basta alzare il volume oltre i limiti umani. È un po' la tecnica di Vittorio Sgarbi. Ma aggiungiamo che Eric Adams canta in modo eccezionale, è un nano ma ha il muscolo giusto, le zeppe e la panciera. DeMaio è il Gene Simmons del Metal e se potesse mandare un altro sul palco a suonare al posto suo, limitandosi a tenersi lo spazio per il comizio contro “quelli là che odiano il Metallo”, lo farebbe di corsa. Hamzik è un batterista che vale il doppio di Columbus e un decimo di Rhino, è talmente vecchio che sembra fuori tempo pure per gli ZZ Top, ma gli hanno triggerato perfino i feltrini della batteria e se anche suona con gli alluci sembra che spari i Missili Interstellari. Karl Logan è un mediocre, nelle ritmiche come nei riff e nei solos, addirittura la sua parrucca è di cattivo gusto e poi è smilzo scandaloso: come puoi suonare nei Manowar se pesi 60 kg? Una cura di steroidi per Karl: invoco la cura Bonny, steroidi rumeni per il povero Logan, perché magri sono pure Hamzik e Demaio, ma il primo è nascosto dietro la batteria e DeMaio è il capo, mentre Logan non conta un ca$$o e si permette pure di essere smilzo.

Cosa è successo dopo? Manca la chiusura della Review. Ma questa non è una testata giornalistica e quindi affaracci vostri.

giovedì 15 luglio 2010

Coming soon...


THE REVIEW OF STEEL