lunedì 31 agosto 2020

Imprenditoria del sesso, media e soldi soldi soldi



VERSIONE TELEGRAFICA.

Risy e Bisy, drogandosi prima, si spacciano poi per gigolò. Gli crede solo un giornalista preso peggio di loro. Scoppia un caso mediatico. Ma i due  gestiscono la cosa da drogati e finiscono per tornare a dormire su un materasso per terra.



VERSIONE SCENEGGIATA.

PRIMO TEMPO.

    Risy e Bisy in una scuola normale avrebbero ripetuto il biennio all’infinito, per quello finirono nel mio istituto. Condividevano la passione per le droghe leggere, spesso da consumare nel tragitto casa-scuola. Avrebbero anche gradito delle donne, ma invano: Risy piccoletto, panciuto e coi capelli afro, Bisy invece segaligno e spigoloso. Avevano poche carte da giocare: livello culturale bassissimo, buona preparazione su calcio e musica hiphop, bevitori casuali come solo dei 18enni possono essere, passione per i locali ma mancanza cronica di entrate.

Per gioco, noia o idiozia, i due affissero in giro per la città annunci con cui si proponevano come gigolò per signore. Non misero i loro nomi, ma i numeri di telefono sì e in pochi giorni furono gli zimbelli di tutta la scuola. 

Un giornalista, in un momento in cui in zona la cosa più interessante era un’epidemia di cimurro, vide l’annuncio e scrisse un articolo. La storia non c’era, ma con un po’ di fantasia venne fuori lo stesso. Divenne virale a livello nazionale e mezza Penisola credette che nel Veneto orientale ci fossero due fenomeni del sesso a pagamento e un’orda di signore assatanate pronte a spendere i soldi della pensione in evoluzioni da materasso.

A scuola vennero presi per i fondelli anche da gente che normalmente passava la ricreazione con la testa nel water, ma Risy e Bisy, abbondantemente storditi dagli oppiacei mattutini, non colsero i motteggi, anche perché probabilmente si erano dimenticati di averli prodotti, quegli annunci.

Eppure a livello nazionale la storia della provincia a luci rosse è un classico, quindi un grosso periodico organizzò un’intervista in piazza coi due gigolò (il loro numero di telefono ormai l’avevano anche in Egitto). L’intervista fu affidata a una giovane scrittrice di romanzi erotici, nella speranza di solleticare le fantasie di un pubblico sempre disposto a spiare dal buco della serratura. Ovviamente i due raccontarono una serie di balle pietose, millantando un giro d’affari da oligarchi russi e capacità amatorie impareggiabili. Ma “i drogati sono inaffidabili” (cit.) e tra contraddizioni e sparate, oltre al fatto di essere due poveracci, l’intervistatrice e la redazione  furono obbligati a un’operazione di rimaneggiamento che trasformò Caporetto in Vittorio Veneto. La mossa vincente, alla fine, fu garantire l’anonimato a Risy e Bisy, perché vedendoli nessuno avrebbe mai creduto alla storia del sesso a pagamento.

Agli esami di fine anno i due vennero giustiziati da commissioni che non  gli perdonarono i vuoti di memoria su tabelline e alfabeto, quindi Bisy venne immediatamente spedito a lavorare in qualche fabbrica di famiglia in Europa orientale.


SECONDO TEMPO.

Risy era seduto nel suo salotto a guardare le ciliegie sul soffitto, quando ricevette la telefonata di una famosa trasmissione televisiva. Non pensò che fosse uno scherzo, del resto era fatto come un caco, ma gli andò bene (altre volte aveva comprato a caso prodotti dimagranti e promozioni telefoniche, perdendo soldi senza capire come). Gli proposero di seguirlo con una troupe durante una serata da gigolò e probabilmente garantirono un compenso. Risy, povero in canna e con la prospettiva di passare l’estate sul divano, accettò. Resosi conto che Bisy era sparito da un mese, chiese al suo spacciatore di accompagnarlo in veste di sostituto e, non avendo idea di cosa fosse una “serata da gigolò”, diedero appuntamento alla troupe a Jesolo.

Non deve stupire la scelta idiota di cercare donne disposte a pagare per fare sesso a Jesolo a luglio, laddove una donna troverebbe 600 uomini per metro quadro disposti a farlo gratis. I due, che non avevano interrotto il consumo di droghe leggere da diversi giorni, erano chiaramente convinti che fosse un’ottima idea. 

Il servizio fu, a modo suo, un capolavoro. Le tecniche di rimorchio dei due non avrebbero funzionato neanche se le ragazze fossero state in coma, quindi in fase di montaggio forgiarono una narrazione incredibile dove Risy & Friend vennero tagliati in quasi ogni frangente, mentre si facevano vedere ragazze discinte, giostre, piste ciclabili e fanfare dei bersaglieri. 

Poi la nazione si dimenticò di Risy e Bisy, che magari avrebbero anche potuto guadagnare qualcosa sfruttando le ospitate nei media, ma non erano in grado di fare neanche le parole crociate per bambini. Di certo non ricevettero alcuna chiamata da donne disponibili, visto che in città la storia era nota in tutti i bar e circoli anziani. 

Sparirono dai radar e chissà che perle avrebbero potuto donarci negli anni. Ma già questa storia è leggenda.

martedì 25 agosto 2020

La parabola di Epulone (con lieto fine e like a manetta)



Epulone non capì di avere i genitori ricchi fino ai 14-15 anni. Quindi alle medie si impegnò, perché credeva di dover un giorno lavorare. E andò abbastanza bene, venne bocciato solo una volta e uscì con una sufficienza vincolata alla promessa di intraprendere la carriera agricola.

Il ragazzo sarebbe anche andato a raccogliere pomodori, ma i genitori desideravano un diploma e lo spedirono alle superiori. Si rese conto, di colpo, che nessun compagno di classe aveva i cappotti da 700 euro e saltava la scuola a gennaio per andare con i suoi a fare “le settimane bianche” (4, due dalla nonna in Svizzera e due nella più borghese Cortina). Non essendo un babbeo, capì che non solo non avrebbe avuto problemi a trovare impiego nella ditta di famiglia, ma che probabilmente non avrebbe neanche dovuto lavorare: bastava stare lontani da pericoli come droghe e gioco d’azzardo e la rendita sarebbe stata garantita. 

Il suo impegno si azzerò.

Dopo aver battuto il record comunale di bocciature in prima, arrivò per pietà in seconda. Ogni anno alla famiglia  prometteva un maggiore impegno e i genitori, fiduciosi nella voglia di riscatto del figlio, lo lasciavano autogestirsi liberamente gli impegni scolastici. Da settembre a maggio Epulone eccelleva in Playstation e giri in motorino, oltre che serate nei locali top della Marca, grazie a una poderosa carta di credito passatagli sottobanco dalla nonna elvetica. Dovette sacrificare le quattro settimane bianche, ridotte tragicamente a due (una in Svizzera e una a Cortina), come prova del suo impegno. 

Arrivato ventenne in seconda, capì che era il caso di dare una svolta alla sua vita e chiese ai genitori di sottrarlo alla cattiveria della scuola pubblica. Venne mandato a recuperare la seconda, terza quarta in un anno in un Centro Studi. Divenne il preferito dei professori perché educatissimo, totalmente astemio, contrario alle droghe e brillante ballerino. Visti i buoni risultati conseguiti nei mesi da settembre a dicembre, ottenne il ripristino delle quattro settimane bianche: quando tornò regalò al preside una foto di Jerry Calà con dedica al capo docenti.

Doveva svolgere gli esami d’accesso alla classe quinta presso un curioso istituto paritario intitolato a Giorgio Chinaglia. Purtroppo Epulone non si presentò, perché aveva trovato lavoro come ballerino in una discoteca di Formentera dal mese di maggio e faceva brutto venire via a metà giugno per fare esami. 

Spiegata a situazione ai genitori e alla nonna, ottenne la loro comprensione e si fermò laggiù. Mamma e papà convennero fosse più conveniente iscriverlo a un istituto privato dell’isola, con orario flessibile che gli permettesse di ridurre lo stress, il grande nemico che aveva compromesso la sua carriera scolastica italiana. 

Oggi tiene corsi di Zumba sui principali social media.