martedì 21 luglio 2020

Esami di Stato 1348 - pt.4... Cibi condimentum esse famem


Ultima puntata dedicata all’alimentazione, pilastro su cui si regge una adeguata didattica..
L'Esame è tale solo se si mangia. 
Immaginiamo sette adulti in una stanza per minimo 5 ore, ma tendenti 8. O infinito, se trattasi di commissione problematica. 
Certo, ci sono anche commissioni ascetiche che rinunciano al cibo e, stoicamente, tirano dritto fino alla fine della giornata per tornare prima a casa. Alimentati solo da caffè e caramelle al guaranà, questi monaci eremiti hanno un solo obiettivo, il pediluvio pomeridiano nell’accogliente bagno di caso. E in nome di quello sacrificano ogni esigenza del corpo, vincono il desiderio, estinguono la volontà di vivere e accedono al Nirvana. 
La norma, comunque, è di commissioni umane, consapevoli che la salute dell’anima non può prescindere da quella del corpo. Per questo i migliori si organizzano per portar vivande durante i lunghi colloqui. Va da sé, si mangia durante le pause e non in faccia al candidato, che già soffre in quanto tale e non apprezzerebbe una commissione concentrata sui biscottini.
Alimenti quasi sempre presenti:
  • Biscotti di varia natura e provenienza. I docenti più scafati li prendono al panificio con l’idea che siano più naturali, c’è poi chi si limita a prodotti standard da supermercato e chi, pur di non presentarsi a mani vuote, porta qualche confezione già aperta che aveva in casa. Raramente vanno finiti, perché provocano arsura e briciole ovunque: le briciole, ricordiamo, scatenarono la rivolta del personale ATA durante gli Stati Generali del 1789.
  • Cioccolata, che fa bene all’umore e dà pure energia. Poi la metti in armadio, ci sono 40 gradi e quando la apri ti esplode in faccia e sembri un genitore che ha portato il bimbo in bagno e qualcosa è andato storto.
  • Brioches. Ambitissime, a prescindere dall’origine. Perfette per affrontare perfino il caffè delle macchinette. Quando compaiono, è conflitto: nessuno è disposto ad attendere la pausa per consumarle, perché si sa già che qualche commissario che ha fatto la guerra non attenderà e le divorerà di nascosto. Quindi come arrivano ci si avventa, spariscono e addio. Dura lex, sed lex. 
  • Caramelle assortite. La decenza prevede che si portino solo quelle alla menta, ma spesso il latore non è riuscito a passare a prenderle e quindi ripiega sulle gommose alla frutta che stagionavano in dispensa dall’ultima visita della zia. Il livello di appiccicume si moltiplica in climi tropicali e il sapore di frutta chimica decreta l’espulsione sociale per chi osi nutrirsene. C’è sempre un commissario che osa. Sempre.
  • La torta fatta in casa. Si tratta di un azzardo che si risolve spesso tragicamente. L’autore prova un nuovo dolce e lo propone alla commissione senza dirlo, anzi, spacciandolo per un prodotto di alta pasticceria. La fame atavica del commissario (più interno che esterno, a dirla tutta) lo spinge ad avventarsi sulla torta, che inevitabilmente schizza marmellata e cioccolata come un idrante, oppure esplode in una nuvola di briciole appiccicose che s’incollano su camicia e capelli. Viene solitamente digerita durate gli scrutini finali, oppure ad agosto.

Esiste poi un evento raro ed eccezionale: il banchetto di fine scrutinio. 
Raro perché di solito tutti vogliono solo chiudere il pacco e volare in salotto a guardare Superquark. Ma a volte capita che una commissione particolarmente affiatata o un presidente illuminato decidano di unire per forze per rendere la vita meno dolorosa. 
Ricordo pochi eventi autogestiti di simile livello. 
La prima volta qualcuno ha portato una tonnellata di tramezzini fatti in casa e un altro ha prodotto una decina di litri di pesantissimo aperitivo punitivo: fu un trionfo di cori da stadio e un soggetto ebbe pure la balla piagnona, rimembrando i tempi antichi in cui poteva “bocciarne a decine”.
La seconda volta fu merito di un meraviglioso presidente che, bramoso di promuovere il turismo enogastronomico della Calabria, portò una selezione di prelibatezze locali che lui stesso aveva “salito in auto l’ultima volta che sono sceso” (cit.). Cattedra e due banchi colmi di cibarie, stoviglie direttamente da casa e vino prepotente da vigneti calabri, il presidente diede il meglio presentando ogni prodotto con erudizione e battute forbite. Personalmente ricordo solo che fosse piccante anche il dolce. C’erano 45 gradi all’esterno, mentre la temperatura interna era da ricovero immediato. Il ritorno in moto fu scandito da allucinazioni all’orizzonte (tipo l’asino volante che profetizza sventure su Fossalta di Piave), sudorazione indecente e notte insonne a meditare sulle umane disgrazie.
Fuori classifica fu il tentativo di un genitore di ingraziarsi la commissione con selezione di salumi. Idea eccezionale, ma piena di rischi legali per entrambe le parti. Il suddetto venne bloccato all’ingresso da una soffiata anonima e il ben di Dio sparì nei meandri della segreteria, per mai più riaffiorare.


E questo è quanto per il corrente anno, dimentichiamo il passato e pensiamo a una favolosa estate di pediluvi…

martedì 14 luglio 2020

Esami di Stato 1348 - pt. 3... Ascensione e beatificazione di commissari e segretari


Non ho avuto mai operato in scuole climatizzate. Forse da qualche parte esistono, ma, come il noumeno kantiano, non sono oggetto d'esperienza. Ultimamente, poi, tra riscaldamento globale e roghi legati all’abuso di grigliate in Val Padana, le temperature si sono fatte più punitive: ne consegue che l’esperienza del commissario, tra giugno e luglio, è un rito di passaggio. Certo,  il rischio d‘infarto per alcuni è anche legato a certi atti d’ignoranza abissale a cui s’assiste durante l’esame, ma per ora parleremo solo di temperature.
Se la scuola è fresca, solitamente è perché ha aule dal soffitto altissimo, per permettere ai docenti più anziani di dormire appesi al soffitto e per mettere i salami a stagionare. La maturità in aule del genere è vivibile, anche perché quando svieni all’indietro sentendo bestialità dei candidati puoi ammirare lo stato degli insaccati. Oppure incroci lo sguardo col docente 80enne di Filosofia che ha schivato la commissione e ti fissa dal soffitto a testa in giù, in attesa che calino le tenebre e si possa uscire in cerca di vittime a cui sciorinare commenti su “Della grammatologia” di Derrida.
Altra motivazione della freschezza è l’umidità. Pare che alcune aule vengano usate tutto l’anno per la coltivazione di funghi e allevamento di zanzare. La illusoria frescura viene messa quindi in secondo piano dalla proliferazione di batteri e dalle incursioni di sciami di zanzare-tigre le quali, inserite in un contento formale come gli Esami di Stato, si montano la testa e si lanciano in atti di bullismo.
Ma queste sono lodevoli eccezioni. La realtà è l’aula fornace, costantemente esposta al sole e con riscaldamento acceso perché la Provincia si è sbagliata a comunicare le date di chiusura degli impianti e, per evitare contenziosi, meglio accontentare la Provincia. Le commissioni devono quindi tenere gli oscuri (o le tapparelle) chiusi, donando all’Esame un ambiente da iniziazione massonica: il candidato è un’ombra parlante, ci si fida che sia veramente chi dice di essere, ma potrebbe anche trattarsi dell’unico parente che è riuscito a passare l’esame di terza media, oppure uno dei bidelli che si annoiava. Mi è capitato, detto tra noi, di fare un esame del genere nelle vesti di candidato durante un concorso: agosto mortale, fuoco e fiamme, aula oscurata in maniera quasi ridicola, commissari visibilmente provati ed ero solo il secondo della mattinata, la presidente che aveva sbracato del tutto con abitino prendisole ed esuberate esposizione di pelle sudata, fiduciosa che nelle tenebre dell’aula nessuno l’avrebbe notata. Per sua sventura feci una prova che la fece irritare (forse manifestai il mio disprezzo per i carciofi e lei ne era un’estimatrice) e mi si avvicinò per redarguirmi, cosa che mi permise di ammirare troppe cose che avrei preferito non conoscere. 

Eppure i disagi ambientali non sono il peggio. Il peggio sono i verbali. Il ruolo di segretario verbalizzante è una condanna a morte. L’agile Ministero, per evitare i soliti ricorsi, ritiene utile che vengano compilati verbali per ogni singola attività della commissione, comprese le discussioni su chi non sia figlio di Maria. Essere nominato segretario è l’equivalente di essere estratto a sorte per andare a invadere la Russia: non sai se tornerai e comunque andrà male. Certo, è tutto online e si tratta solo di inserire dati… ma se sbagli quel singolo dato, un’intera generazione di avvocati senza lavoro né futuro è pronta a portare tutti in tribunale per contestare l’esame di qualche genio incompreso che meritava 48, ha preso 60 e voleva 75. 
Poi ti va anche di lusso se trovi il presidente che fa tutto lui, perché se c’è qualche errore ci va di mezzo e tanto vale sacrificarsi, ma non è una regola… puoi incappare anche in varie tipologie di scalzacani: per brevità presento due archetipi.
  • Calandrino non sa nulla. Fa il presidente perché ben pagato, ma non si prepara, non legge le ordinanze, non ha voglia. Sa che fa schifo e che rischia ricorsi, quindi prende le seguenti contromisure: vuole promuovere tutti e vuole che il segretario faccia tutto, anche la spesa. Siccome poi non capisce, vuole rileggere i verbali e li fa rifare a caso, un po’ perché va in confusione e un po’ perché di tornare a casa dalla moglie non se ne parla. Non è amato dalla commissione, perché fa perdere tempo a tutti,  ma l’avvelenamento non è contemplato dall’ordinanza e quindi tocca tenerselo. 
  • Cesare Augusto ama comandare e, siccome durante l’anno nella sua scuola non glielo fanno fare, si sfoga quando fa il presidente alla maturità. La prima cosa che mette in chiaro alla plenaria è che l’ordinanza gli assegna poteri dittatoriali e si inventa una lunga serie di casistiche in cui può intervenire con la corte marziale. Essendo Alfa, Cesare Augusto ama la competizione coi maschi per ottenere ammirazione dalla componente femminile, oltre a millantare attività clamorose nei pomeriggi post-esame (le più gettonate, per ora, sono parapendio, cordata sul Monte Terrore e pesca di squali a mani nude). Cesare Augusto considera il segretario un sacco da boxe, spesso rischiando una coltellata. Superare questa prova come segretario ti rende pronto per la Candida Rosa.



… in produzione gran finale con fuochi d’artificio e consigli alimentari…


giovedì 9 luglio 2020

Esami di Stato 1348 - pt. 2... Li Protocolli pello morbo



“I Protocolli” giungono dall’alto, come il giudizio divino. Non portano salvezza, ma dannazione. In compenso distribuiscono equamente le responsabilità di eventuali contagi, di modo che il Ministro possa scaricare la colpa sui presidi, che la possono attribuire ai commissari, che con qualche difficoltà possono passarla ai candidati, i quali però possono salvarsi dandola ai migranti. 

La parola d’ordine è “distanziamento”. E niente contatto. Non che agli esami precedenti si ballasse il tango leccandosi reciprocamente gli avambracci (o forse un paio di volte sarà anche accaduto, ma non c’ero e se c’ero dormivo), tuttavia stavolta bisogna stare distanti. E mascherati. E distanti. Quindi non puoi prendere a schiaffi lo studente che celebra il trionfo del Giappone nella Seconda Guerra Mondiale. 
I Protocolli stabiliscono anche che lo studente segua un percorso preciso per arrivare fino all’aula e poi andarsene, meglio se solo. Perché nasci solo e muori solo, quindi devi abituarti (non lo dico io, lo dice l’ordinanza). Al limite può portarsi un familiare, uno solo, mascherato e zitto, che sennò ci mette tutti a rischio.
Sono finiti (per quest’anno) i tempi della tonnara seduta in fondo all’aula, tra parenti e amici che assistono all’esame farfugliato e poi all’uscita esclamano “Che bravo che sei stato, è andata benissimo”, mentendo e sapendo di mentire. Almeno qualche anno fa l’amico hippie del candidato si addormentò placidamente (si perse purtroppo un “Carducci fascista” che fece storia) e venne svegliato da uno dei commissari che, con grande tatto, fece un applauso alla fine del colloquio: l‘hippie si svegliò e uscì, ma il candidato fraintese credendo di aver condotto l’esame della vita e, constatato poi il meraviglioso voto di 62/100, chiese l’accesso agli atti.

I Protocolli prevedono anche che gli studenti seguano un preciso percorso per entrare in aula e uscire: non lo sanno, ma un buon 60% del voto si gioca sul fatto che capiscano le istruzioni d’ingresso e uscita. Quindi, se sei entrato dalla finestra e hai baciato i commissari, capisci adesso perché al tuo voto finale manca uno zero. E quindi anche un diploma.

Altra sfida è il distanziamento tra i docenti. L’ordinanza nazionale A38 indica un metro, l’ordinanza regionale 38A indica 1.5 metri, la nota all’ordinanza nazionale A38 ripristina il metro e la bolla papale provinciale stabilisce definitivamente 2 metri. Si risolve con banchetti sparsi per l’aula, su cui ogni commissario dissemina provviste, libri di testo, i programmi svolti perché figurati se mi ricordo tutto quello che ho fatto durante l’anno (a parte gli esempi coi canguri, animali che si prestano benissimo a spiegare Filosofia perché nessun canguro capisce Wittgenstein, proprio come me). E reliquie di santi per proteggersi dalla pestilenza. 

Mascherina sempre e comunque, anche quando ti chiudi da solo in bagno a piangere perché finalmente uno studente ha indicato correttamente Jalta sulla cartina. Va da sé che tenere la mascherina per mediamente 6-7 ore non garantisce proprio il massimo della concentrazione, soprattutto se il candidato sta parlando del ciclo di Krebs. Personalmente ho molto apprezzato, comunque, le visioni che sperimentavo verso la terza ora di aerosol all’anidride carbonica: generalmente si trattava di un animale-guida che mi rimproverava per non aver studiato Medicina e aver fatto i soldi.

I Protocolli sanciscono anche che ogni mattina ci si alzi, ci si misuri la febbre e si compili l’autocertificazione dichiarando di non avere la febbre. Ci si assume dunque la responsabilità di fronte alla Legge, la quale però in questo frangente mi sembra molto più astratta del mio animale-guida, che dopo 3 ore arriva sempre a trovarmi per la reprimenda e ha una concretezza espositiva che la Legge se la sogna. Quindi diciamo che mi assumo la responsabilità di fronte agli Spiriti della Natura e ne risponderò all’atto della prossima incarnazione, la quale, in caso di comportamento disdicevole, dovrebbe prevedere un’esperienza come scarabeo stercorario.

Tra un candidato e l’altro c’è poi la sanificazione dell’aula. Il personale della scuola ci caccia fuori, pulisce, accende un falò sulla cattedra bruciando erbe aromatiche (fondamentali per affrontare il contagio di peste nella Milano del 1630… mortalità al 74%, per i curiosi) e poi tutti assieme si prega la Madonna del Colera (che evidentemente appare ai miei colleghi commissari al posto dell’animale-guida).

Il candidato comunque sta in cattedra, protetto da uno schermo di plexiglas che a fine giornata è immacolato, non tanto perché venga pulito ogni volta, quanto perché la salivazione degli studenti durante l’esame è zero e ogni sorso d’acqua viene immediatamente tramutato in sudore. Ecco, le pozzanghere di sudore sono traditrici, ma col tempo impari ad evitarle.

Infine, gli istituti sfoggiano dispenser di gel sanificante a buon mercato, quello che devi sfregare per un quarto d’ora e si tramuta in piccolissime palline di gomma che poi spalmi elegantemente sui pantaloni. I pantaloni, a dirla tutta, sono le vere vittime di questi esami: necessario lavaggio a fine giornata, con emergenza per i poveri docenti che, possedendone solo due paia, devono correre all’Oviesse a comprarne di nuovi per non rischiare di chiudere gli esami in bermuda.


Restate in attesa, potrebbe anche peggiorare…

martedì 7 luglio 2020

Esami di Stato 1348 - pt. 1... Scendono nell'agone i gladiatori


Coraggio della classe docente che affronta l’inaudito, abnegazione dei ragazzi che studiano anche se le scuole sono chiuse da settimane, trionfo della cultura sempre e comunque… però in fondo a chi interessa?
Le rilevanze dell’Esame di Stato 2020 risiedono altrove, in aule non climatizzate e in procedure online che poi devono essere tutte stampate e firmare a mano e sigillate con la ceralacca, perché non sia mai che sparisca per sempre l’energia elettrica dal pianeta… almeno potremo difenderci dai ricorsi aprendo la ceralacca. In fondo, in un futuro post-atomico ci sarà pur sempre spazio per i ricorsi, no? O vogliamo veramente mandare in malora tutte quelle lauree in Giurisprudenza?

Quest'anno 1348 ha condotto a commissioni d’esame composte da soli commissari interni, scelti verso aprile-maggio. Sventurati docenti, che già pregustavano giugno con piedi nel water e ventilatore sulla panza, si sono trovati cooptati per l’Esame di Stato. Invece di affidare la scelta a combattimenti col forcone o a gare di birra e salsiccia, essa viene affidata ai consigli di classe: il risultato sono riunioni estenuanti ricche di litigi, calunnie e rituali scaramantici, per poi arrivare a nominare sempre quelli che erano stati proposti (4 ore prima, all’inizio del consiglio) dal dirigente scolastico.

Peggio è andata per i presidenti, che hanno cercato di fuggire spacciandosi per ultraottantenni, per latitanti, per neoassunti. C’era chi la quarantena era scappato a farsela al paesello e rientrare per compilare un bancale di scartoffie (dovendo farlo bene per evitare ricorsi) andava evitato a costo della galera. Ma l’implacabile Ministero alla fine è riuscito a cooptare tutti i presidenti che servivano, a colpi di ingiunzioni e deroghe, finendo per portare in commissione bidelli, passanti, no vax e complottisti vari. 

Questa vasta e varia umanità deve riunirsi per la riunione preliminare, chiamata “La Plenaria”, che suona enfatico, ma nasconde l’agonia. Come sempre, la serenità e la rapidità dell’incontro dipendono dal Presidente, ma anche i commissari possono essere  seguaci di Ohrmuzd o Ahriman
- All’angolo blu del ring, Simplicio. La paura del ricorso evoca nella sua mente atti di bullismo subiti all’asilo, schiaffoni dei genitori, piccioni che gli fecero la popò in testa, gastroenteriti alla festa di capodanno, insomma tutto quello che in qualche modo ti segna per tutta la vita e che non vuoi sperimentare mai più. Il risultato è pretendere rigida adesione a ogni virgola dell’ordinanza ministeriale, cosa impossibile perché il buon senso sta alle ordinanze come i concerti pornogrind stanno all’assembramento.
- All’angolo rosso, Cicalio. Fiero sostenitore del “Ma cosa vuoi che sia?”, Cicalio non conosce l’esistenza delle ordinanze e considera l’esame di stato un’estensione della sagra paesana. Tutto si aggiusta, l’importante è buttarla in vacca e ridere sempre, possibilmente mentre si degustano panini con salumi. Cicalio durante i colloqui dice che deve andare via perché c’è il parroco che lo aspetta, ordina un bancale di pellet durante gli scrutini, s’incontra con l’amante nei bagni della scuola. Ritiene che “falso in atto pubblico” sia una formula oscura tipo “lavare separatamente”. In fondo non è cattivo, ma deve andare a casa a spegnere il gas.

Se la commissione riesce a mediare tra questi due estremi, è già uno spiraglio di luce. 
Ma quest’anno 1348 è segnato da una vile pandemia che ci impedisce di abbracciare sconosciuti e leccare le superfici esposte, proprio ciò che rende l’uomo uomo. 
Quindi il Ministero ha predisposto “i protocolli”.
Il nome evoca già alienante totalitarismo, tra Kafka e Ernst Junger. E anche Lasciapassare A38 (giusto per ricordare i miglior anni della mia formazione culturale in un piccolo villaggio dell’Armorica). 

E presto de “i protocolli” saprete tutto ciò che lingua umana possa dire.