venerdì 8 aprile 2011

GLAM FEST 2011: i casi umani


Una volta erano i concerti degli Uriah Heep e dei residuati dei Rainbow a catalizzare i peggiori: i più vecchi, i peggio vestiti, gli storpi, quelli con i Ray-Ban da vista (l'occhiale del pedofilo). Oggi, grazie al piccolo e transitorio momento di notorietà del glam (o come diavolo si possa definire), alcune ragazze hanno riscoperto il piacere di molestare i Rockerz e quindi i maschietti vanno al concerto sperando di venire scambiati per dei Rockerz e rimediare un po' di amore.

Le parole che seguono non siano da prendere con animosità, io ho solo osservato e riportato. Come sempre, se vi riconoscete nelle descrizioni gioite e pagatemi qualche birra: vi ho resi delle star!


Ufo. La partenza dal piazzale dell'Emisfero a Silea (casa dello yogurt greco Fage, 9g di proteine e zero grassi) porta con sé eventi mirabili. Siamo sorvolati da un Ufo, incidentalmente lo stesso che sta trasportando Robbie Valentine verso Bologna. Robbie, che ormai è identico a Capitan Harlock, ci saluto dall'oblò tutto fiero di essere stato chiamato finalmente a suonare in Italia: del resto, il solito tour delle balere olandesi lo avevano stancato.


La sognatrice. All'arrivo la priorità è scovare il posto per mangiare, ma notiamo che già è arrivata altra gente, soprattutto ragazzini che si stanno facendo cotonare la chioma dalla morose. Immagino che, a un certo punto di una insensata adolescenza, siano cose che vadano fatte. Mentre una ragazzetta è impegnata a pettinare l'amato in stile Lassie, si lascia sfuggire un commento pieno di speranza e lucidità mentale: “Salto sul palco e violento Tommy Lee”. Ecco l'autismo. Autoconvincersi delle cose. Dirle e ripeterle finché non diventano realtà. E infatti Tommy Lee si è materializzato sul palco per farsi violentare da lei. Almeno, spero che le sue allucinazioni siano arrivate a tanto.


Gli acrobati sloveni. A seconda delle fonti, secondo altri si trattava di altoatesini. Sta di fatto che il comportamento irrazionale di questi soggetti li ha resi per un quarto d'ora i dominatori della scena. Totalmente privi di interesse per le band e per il senso dell'eleganza, con le magliette tarocche made in Indonesia, questi 4 boscaioli si sono manifestati spargendo birra in mezzo al pubblico e ballando come macachi. La seconda si può sopportare, del resto non è che io mi muova molto meglio. La prima invece grida vendetta, in primo luogo perché la birra costava 5 euros e nel tragitto dal bancone al palco questi avevano già vuotato tutto per terra, ma anche perché il rischio che la birra investisse il sottoscritto è stato più che vicino: non che mi lamenti della birra, è che di solito preferisco berla. Il vertice della prestazione è stata la “Piramide Umana Più Bassa della Storia”: in tre per sorreggere un disadattato sulle spalle di un altro. Sicuri e affidabili come un cambiavalute polacco (o come i Bulgari di Aldo/Giovanni/Giacomo), resistono per qualche secondo in modo da farsi notare da Robbie Valentine (che si sarà preso uno spavento da panico, quel cagasotto) e poi precipitano nel vuoto. Anestetizzati dalla birra, ci riprovano poco dopo, ma l'esperimento fallisce perché nessuno ha le capacità motorie per stare disteso, figurarsi in piedi sulle spalle di un altro ubriaco. Avevano anche due donne che volevano bene a tutti e ogni tanto si gettavano sul pavimento a fare stile libero su mezzo centimetro di birra.


L'uomo dai calzini bianchi. Se mai leggerai queste righe e capirai che sto parlando di te, sappi che te la sei cercata. Hai i capelli di Abatantuono in “Viulentemente via”, la faccia da appuntato dei carabinieri, il fisico di Solange e, soprattutto, tu hai i pantacollant zebrati col calzino di spugna a metà coscia, sopra il pantacollant. Tu non hai speranze di cavartela, nemmeno i Cacumen osavano aberrazioni simili. Non riuscirei nemmeno a pensarmela, una cosa del genere. Quindi ok, ce l'hai fatta, ecco il tuo quarto di minuto di celebrità. Se ti è piaciuto, insisti; sennò consulta sul blog i concerti dove vado ed evitami.


Il fan n.1. Ogni band ha il suo superfan che, solo soletto, sta in prima fila a cantare le canzoni. Al GlamFest invece il superfan era uno solo, ma gli piacevano tutte le band, quindi si è fatto 7 ore di prima fila a cantare ogni pezzo proposto, dimostrando lodevole memoria, notevole resistenza e disdicevole sudorazione. Il fenomeno tra l'altro adeguava l'esaltazione alle rispettive band, quindi sguaiato e ignorante con gli Italiani, lacrimoso con Valentine, truce e muscoloso coi Little Caesar, giocondo coi Tigertailz e bovaro con Stephen Pearcy. Schizofrenia portami via.


Mr Mott The Hoople. Pensavi di fregarmi e spacciarti per glam, con la coda di cavallo fluente. Ma sopra sei calvo come una palla di biliardo e solo un genio dell'architettura sarebbe riuscito a ricoprire tutto con un riporto. Evidentemente qualche tuo parente lavora con Renzo Piano. Bravo, se io fossi stato ubriaco e distante qualche km non avrei notato nulla. Però ero là a un metro e avevo bevuto il caffellatte. Sei un fan dei Mott The Hoople, ti gasi con l'Hard Rock anni '70 e sbavi ogni volta che senti un accordo blues, ti inzaccheri le mutande quando Coverdale fa “mmmmh” e ti viene l'orticaria se una donna sopra i 50 è presente ai concerti. Beccato. Ovvio che ti sei esaltato solo per i Little Caesar, il chitarrista ritmico avevano la piazza uguale alla tua.


to be continued?

martedì 5 aprile 2011

Ancora cotonati?!

3 aprile 2011

Bologna (Estragon)


Leggendo qua e là nella Rete noto che c'è una esagerazione di pareri discordanti su questo festival. Troppa gente ha perso tempo ad ammirare se stessa invece di guardare/ascoltare cosa succedeva sul palco, ed ecco fiorire una messe di valutazioni sbilenche, giudizi causali, errori di valutazione, attentati al principio di non contraddizione.

Per fare chiarezza su cosa è successo (e cosa NON è successo), ecco in breve il resoconto del festival. Come sempre, non si parla di musica.


POLLUTION. La band gioca in casa, ma probabilmente i migliori amici hanno compito in classe domani e quindi il pubblico sparuto assiste a braccia conserte. Una esibizione vigorosa non cancella il sospetto che ai ragazzi manchino i ritornelli. Cantante con la panza e il look PapaRoach (pre-clonazione dei Crue) che si danna l'anima a sbraitare, ma forse era meglio prepararsi per l'interrogazione di Inglese.


DEADLY TIDE. La disperazione ha scelto i suoi alfieri: Deadly Tide da Livorno (Granducato di Toscana). Immagine incredibile per casualità degli accostamenti, nemmeno i gruppi glam della Serbia riescono a scendere così in basso. Detto che la musica piace anche, viene presentata con un livello di disadattamento tale che i ragazzi meritano approvazione totale. Fossero belli, sarebbero gli Steel Panther italiani, invece sono i Deadly Tide.


HELL IN THE CLUB. Nella tragicomica scena Rock'n Roll italiana gli HITC hanno un merito: si parla di loro. Se ne parla perché hanno la barba e l'eye-liner (vergogna), oppure perché uno di loro ha gli occhiali, o ancora perché il batterista sembra uno dei Sepultura più che un glamster dal cuore d'oro e l'ormone garrulo. Però se ne parla. Il loro CD d'esordio è carino e ben fatto, dal vivo fanno il loro sporco lavoro, il cantante potrebbe mangiare di più, ma alla fine portano a casa la pagnotta. E' che i calibri pesanti arrivano dopo...


CRAZY LIXX. Allora, questi qua hanno fatto due album DA PAURA e hanno almeno 12 pezzi da Greatest Hits. Di tutta la scena scandinava, sono i migliori, non c'è storia e buonanotte al secchio. Tuttavia esigo che si pieghino al nuovo che avanza e la piantino di voler fare i cori da soli: servono le basi campionate, così la band si concentra a fare le pose da sesso e magari si rimedia qualche minorenne. Il super-eroe resta il bassista, l'anello mancante, la chimera di tutti gli antropologi. E noi l'avevano a portata di mano.


VALENTINE. 25 anni di carriera e quel timidone di Robbie Valentine si caga sotto davanti pubblico italiano. Suvvia, Robbie, non deluderai nessuno: ti conoscono in 10 e per quei dieci sei una divinità da adorare senza discussioni. Clonazione del cantante dei Tokyo Hotel (o viceversa), Robbie ci mette un po' a ingranare, ma la bassista attira l'attenzione e gli dà tempo per scaldarsi. I pezzi sono impeccabili, la produzione recente viene snobbata dai fans più calvi, ma Robbie si difende bene e dimostra un buon gusto e una preparazione musicale che tutti gli altri musicisti della giornata si scordano. E poi è talmente buono che fa cantare la morosetta su qualche pezzo. Che vuoi di più da uno che avrà suonato 6 volte dal vivo fuori dall'Olanda?


LITTLE CAESAR. Tirati di peso fuori da qualche biker bar in Downtown LA e sbattuti sul palco di un festival glam quando loro di glam non avevano nulla nemmeno quando i capelli ancora tenevano, i cinque mostrano gli anni senza alcun problema e, suonando semplice e diretto, spaccano tutto. Ora, mai nella mia vita capiterà che torno a casa e metto su un CD dei Little Caesar, però se suoneranno ancora in giro li vedrò volentieri. Rock fatto di sudore, cattiveria e sputazzi. Hanno fatto gioire i cotonati più borderline e quella decina di calvi che ancora girano per i concerti.


TIGERTAILZ. Che cosa hanno mangiato a pranzo i gallesi? Messicano o vietnamita, a giudicare dal pepe al culo che hanno. Energia a profusione, caciaroni nel modo giusto, look orribile come da programma perché tanto sono dei minatori e se ne fregano. La nuova bassista non serve a nulla se non a mostrare le bocce, i due cinquantenni verrebbero incarcerati per bruttezza in qualunque Stato (eccetto il Regno Unito), il batterista è lo “show stealer”, incluso un drum-solo di 48 secondi da tramandare ai posteri. Bravi a riprodurre i cori clamorosi che li hanno sempre contraddistinti, a suonare non sono capaci (a parte il drummer, che è una foca equilibrista) ma tanto la musica contava marginalmente.


STEPHEN PEARCY. Dorme placido a bordo piscina nel motel dove soggiorna da quando si è sniffato tutti i soldi fatti coi Ratt. Il manager chiama: “Show in Italia, non coi Ratt perché quei pidocchi bolognesi non riescono a pagare il cachet. Vai come solista, assoldi tre disperati con problemi di mutuo (come te) e suoni un'oretta. Magari vai anche a vedere il Colosseo e Venezia, che tanto l'Italia è piccola e devono essere attaccati a Bologna”. Stephen si trascina all'aeroporto, si stordisce con qualche bicchiere, si sveglia un quarto d'ora prima del concerto, fa conoscenza con la band e via sul palco. Un pezzo degli Arcade, moltissimi dei Ratt, una cover, più che cantare il nostro abbronzatissimi yankee parla (accento da portuale, non si capiva niente, S biascicata da Vicodin). Qualche sbruffonata, un'oretta di passeggiata sul palco, una bottiglia di Sangiovese, volo di ritorno e “Welcome back to LA”.