martedì 25 settembre 2018

Metalitalia Festival 2018: oltre la calvizie incipiente


METALITALIA FESTIVAL 2018 - DAY 1
Live Club (Trezzo sull'Adda)
15 settembre 2018

Brutalmente, il mio unico motivo per presenziare al Metalitalia 2018 Day 1 è poter scrivere questo report pieno di verità instabili come il divenire di Eraclito. Le band, infatti, le ho già viste tutte in gioventù, quindi allorché le band avevano ancora un'età da pre-pensionamento. Però il festival è di qualità, il locale è uno dei migliori in Italia e quest'anno ci sono pure un sacco di spazi dove sedersi o sdraiarsi per poi alzarsi lenti lenti facendo “oplà”.

Mi dicono abbiano suonato anche Asgard e Rosae Crucis, ma per farmi arrivare presto gli organizzatori del Metalitalia dovrebbero:
  • spostare il Live Club di almeno 150 km verso est OPPURE...
  • organizzare direttamente il Festival in Prato della Fiera (TV) OPPURE...
  • mandarmi a prendere in elicottero.
Ma siccome per gli organizzatori conto come un Prof di Religione nei Consigli di Classe, continuerò a perdermi i primi gruppi.

WHITE SKULL.
Arrivo durante il ritornello di “Asgard” ripetuto seicento volte, poi presentazioni della band e addio alla prossima. Ma non serve esserci stati per sapere che i WS sono una band pronta a morire sul palco. Non hanno mollato mai, stanno simpatici a tutti e tra vent'anni io sarò qua a scrivere su di loro sempre le stesse cose.

ELVENKING.
Tra le tante band italiane che ho seguito nei secoli, sono tra i pochi che non ho mai perso di vista. Sarà la vicinanza geografica, sarà che li ho scoperti quando suonavano nei parchi cittadini, ma anche perché sono sempre stati validi live e altrettanto su disco, insomma, mi ricordano i vent'anni da universitario senza preoccupazioni per il futuro (perché ho studiato Storia e un futuro non l'ho mai preso in considerazione). E loro ricambiano con dei sentiti ciao ciao quando li trovo in giro. Il che basta e avanza a entrambi i soggetti. Ancora una volta sono belli carichi, precisione chirurgica e costumini da “Sons of Anarchy - Bosco Atro Chapter”. Il cantante Damna ha lo stesso make-up degli Hell in the Club, ma colato. Hanno pure i capelli, che non è scontato dopo un tot di anni. Ovviamente prestazione maiuscola.

DOMINE.
Una tempesta di sfiga si abbatte sulla band silenziando a intermittenza la chitarra di Enrico Paoli, il che fa incazzare più i musicisti che il pubblico. Peccato, perché i Domine hanno in repertorio pezzi meravigliosi e non poterli sentire tutti ti intristisce e ti spinge a scegliere l'alcolismo (per fortuna il bar del Live spaccia come birra una bevanda color pipì col grado alcolico di una Ferrarelle, quindi it's a long way to the top if you want sbronza colossale). Però sono la band che mi ha dato più brividi ed è ciò che voglio dal Metal, a un'età in cui altrimenti mi emoziono solo se imbrocco la fila più veloce alla cassa del supermercato. “Aquilonia Suite” è una canzone che resterà nella (mia) storia e mi riconcilia con l'umanità (dopo che ogni giorno per lavoro ho a che fare con un'umanità che ascolta musica innominabile).
Catartici come l'esperienza della tragedia greca, i Domine mi predispongono ad affrontare serenamente la caducità delle umane cose, rappresentata dai Grave Digger.

GRAVE DIGGER.
Qualche anno fa, durante i dischi medievali e le gonne a quadri, i GD hanno goduto di buona fama e facevano anche 4-5 date in Italia davanti a pubblico consistente. Poi hanno fatto dischi tra il trascurabile e il pessimo, al punto che adesso suonano una data ogni tour, davanti a qualche fan irriducibile che però vuole le canzoni dell'epoca medievale. Dal vivo non è difficile per loro fare prestazione, vista la leggendaria linearità delle composizioni, e non è neanche necessario passare troppo tempo a truccarsi, perché fisicamente erano impresentabili già nel 1997 e figurarsi adesso. La carta del tour celebrativo se la sono giocata un po' tutti, ma è ormai un atto dovuto per sperare di suonare davanti a qualcuno e non solo per le guardarobiere, i baristi e i fonici. Poi i pezzi della trilogia medievale funzionano ancora benissimo, “Rebellion” l'aspettano tutti a ogni show e quindi bene così. Resta il dubbio, vista la prestazione di Chris Boltendahl, che chiunque possa cantare nei Grave Digger, ma alla fine la band è sua e non credo cederebbe il microfono al sottoscritto.

RAGE/REFUGE.
Peavy ha cambiato l'ennesima lineup dei Rage, ma, avendo ormai inciso 56 album, non trova più spazio nelle setlist per i pezzi vecchi, allora richiama un paio di membri storici come Manni Schimdt (chitarra fulminante ed espressione sempre desolata) e Chris Efthimiadis (batteria fracassona e occhiali da impiegato), chiama la nuova band Refuge, ma suona roba vecchia dei Rage, però fa anche un nuovo album a nome Refuge dove suona come i vecchi Rage e va in tour insieme alla nuova lineup dei Rage, che si chiama Rage e suona il repertorio nuovo, non quello vecchio dei Rage, perché quello lo suona coi Refuge, che sono sempre nello stesso tour.
Peavy ha le idee chiare su alcune cose, come per esempio “non perdere peso”, “non tagliarsi la barba”, “usare sempre la stessa camicia aperta”, mentre su altre pare confuso.
Eppure la cosa funziona: lui a cantare e suonare è sempre ok, i Refuge sono dritti thrash anni '80 e battono che è un piacere, i Rage odierni sono più vari ma sempre heavy e il nuovo chitarrista è un virtuoso meno sbruffone di Smolsky, ma con una mega-voce che sfoggia alla grande durante le cover di tributo a RJ Dio. Ho fatto più fatica a scrivere queste righe che ad abbracciare il gigantesco Peavy dopo lo show. Odorava di grasso saturo e benessere.

HAMMERFALL.
Dopo qualche secolo, rivedo gli Hammerfall live. Sono sempre uguali, è Heavy Metal e a me piace l'Heavy Metal.
Hanno le mosse coordinate migliori di tutto il Metalitalia (ci scommetto, anche meglio del Day 2, che tanto è giornata doom e le band doom coordinano solo i vestiti in nero), in particolare:
  • l'headbanging che li fa sembrare un gruppo di volpini che sculettano;
  • andar su e giù per le piattaforme a rompere le balle al batterista;
  • fare le corna tutti insieme.
Essendo uno show da greatest hits, gli Hammerfall possono dimostrare che una quindicina di pezzi validi li hanno anche scritti, sempre che da loro non si pretenda di innovare il mondo del Metal (cosa che sono ben lungi da voler fare, Cans diceva di aver scoperto Metal nel 1981 e credo che da lì non si sia più mosso granché). Per fortuna ci risparmiamo le ballad, perché anche a voler escludere la title track del primo album, tutte le altre ballad della band sono una vera e propria pestilenza e che insistano a inciderne prova che soffrano tutti di un grave campo di distorsione della realtà.
Oggi si presentano con la seguente formazione:
  1. batterista nuovo con la cresta e la prestazione da drum machine;
  2. bassista con baffo in stile “vergognosa band metallara anni Ottanta della Bassa Sassonia”;
  3. chitarrista anziano Pontus Norgren con pedigree meravigliosamente Hard Rock e l'espressione rassegnata di chi lo fa per pagare il mutuo;
  4. leader chitarrista Oscar Dronjak, che cambia più outfit di Lady Gaga e chiude a petto nudo con le catene d'oro di Mr T, ma ha il fisico di chi mangia solo pane integrale, cetrioli e aringhe;
  5. cantante nonché leader numero 2, Joacim Cans, con sua classica voce settata su tonalità alte e periodica espressione a bocca aperta per far sfiatare tutto l'elio che si è respirato prima di salire sul palco.
Prima che girino voci false e tendenziose... io ho visto parecchi esaltati, molta gente soddisfatta e ben pochi che vomitavano in giardino a causa degli Hammerfall (al limite lo facevano a causa di una opinabile gestione dell'alcol e degli anni che passano). Quindi assegno alla abnd un paio di altissime corna del Metal in segno di approvazione (sperando che le loro mogli non concordino).