lunedì 1 maggio 2017

Frontiers Rock Festival IV - Il Rock è morto ma gode di buona salute


FRONTIERS ROCK FESTIVAL 4
29 aprile 2017
Live Music Club - Trezzo sull'Adda (MI)

“Non esistono fatti, solo interpretazioni” (F. Nietzsche).

In musica l'oggettività è un parametro inapplicabile, lo spettatore medio vede ciò che vuole vedere e sente ciò che vuole sentire: la valutazione sugli show delle band preferite è sancita a priori, nel senso che una band che ti piace e di cui conosci il repertorio te la godi di più di una sconosciuta o non apprezzata.
I Caius fanno un concerto impalati sul palco perché se la fanno sotto? Il fan parlerà di grande perizia esecutiva, musica messa al primo posto, solo sostanza, sofisticati. I Tizius fanno una caciara orrenda strafatti di chissà cosa? Grande attitudine rock, un grande vaffanculo al sistema, loro possono perché sono rockstar.
Di conseguenza, ecco la recensione del mio Frontiers Festival. Impressioni, opinioni, interpretazioni, un solido tributo alla moderna post-verità.

E adesso via con la recensione “0% musica”.

PALACE
Non ce la fanno, i Palace. Avrebbero pure qualche canzone di maniera giusta giusta per scaldare il Festival, ma Michael Palace del cantate ha solo i capelli cotonati, per il resto viaggia tra l'insufficiente e il disperato. Ora come ora Palace è un pessimo Meniketti, tra qualche anno potrebbe essere un sufficiente David Hasselhoff. Dicono sia particolarmente attivo nei confronti del gentil sesso, voglio sperare che almeno abbia dato tutto in quel senso. Salverei la sezione ritmica e le basi.

ONE DESIRE
Il cantante è uguale a un noto taccheggiatore delle mie zone e l'unico dall'aspetto finnico mi pare il bassista: a parte queste notazioni etniche, la band convince. Tra melodie ariose e ritornelli ruffiani e non banali, ci metto mezz'ora ad accorgermi che nascosto in un angolo c'è pure un tastierista e che si sta facendo il mazzo tra suonare, fare i cori e passare inosservato. Bravi ragazzi, di certo non si chiuderanno nei bagni con le signorine (come hanno fatto qualche edizione fa i Crazy Lixx, impedendomi di espletare fondamentali funzioni).

CRAZY LIXX
La dinamica è la seguente. I CL partono da Stoccolma convinti che il festival sia frequentato da maschi adulti calvi disperati; arrivano al locale e si trovano in mezzo a un gineceo, dolci donzelle sexy e provocanti con scollature e tacchi da privé; capiscono che i gruppi grossi hanno l'età totale di tre cifre e intuiscono che i giovani (Palace, One Desire) non hanno l'occhio della tigre, mentre gli Eclipse sono bruttissimi e ciao; i CL sono quindi come dei bracconieri in uno zoo. Eccoli allora sul palco tirati a lucido, zero chiacchiere e via di refrain in refrain fino all'inevitabile trionfo. Ma se hanno i pezzi clamorosi, il look, l'impatto e l'attitudine, cosa manca ai CL per essere headliner? A questo punto penso che l'unica sia cambiare cantante e prendere un modello svedese biondo da far cantare in playback. Magari così ce la facciamo (non fosse che il cantante Danny scrive i pezzi, produce, fa l'artwork e lava i panni).

Vita vissuta pt.1. Il cantante dei Crazy Lixx, causa occhi piccoli e vicinissimi, pare sempre tristissimo, infatti la band lo scarica a fare le interviste mentre gli altri cercano di copulare. Al Frontiers lo schema non cambia, ma stavolta nella tristezza gli fa compagnia il mastodontico batterista, che soffre tanto perché non suona coi Tool e probabilmente tiene anche famiglia (oltre a polpacci da powerlifter). Il nuovo chitarrista Chrisse invece si gode le attenzioni del pubblico, roba a cui non era abituato dopo anni passati a suonare con gli scalcinatissimi Dirty Passion: il passo felpato sfoggiato a inizio sera rivela però che il nostro ha preferito l'opzione alcol.

ECLIPSE
Sono solo in 4, ma hanno il sound saturo come un caco a fine stagione, perché gli Eclipse suonano con le basi migliori di tutti. Erik Martensson è ormai un personaggio amatissimo, non solo per la bravura, ma anche perché ha la fronte altissima, le orecchie a sventola e dimostra 23 anni dal 1999: sposato, non bello, molto tranquillo, il buon Erik non rappresenta una minaccia per le altre rockstar in cerca di amore né per il pubblico pagante alla ricerca della stessa cosa, quindi gode di un appoggio praticamente totale. Il bassista stupisce per come assomigli a Kee Marchello preso male (e già Kee Marchello di suo non è proprio l'emblema della sobrietà). Sorpresona il duello con Michele Luppi, elegante con la sua gomma da masticare che lo fa sembrare strafatto di MDMA: alla fine Martensson deve pure pregarlo per fare un acuto. Band comunque di livello, con molta gente venuta al festival apposta per loro e di meglio non si può dire. Speriamo che la vena compositiva di Martensson resista, visto che la Frontiers lo sta facendo lavorare come un minatore durante lo stalinismo.

REVOLUTION SAINTS
Progetto da studio, ma gestito da artisti con un pedigree da paura, i RS fanno il primo show della loro storia. Essendo americani, è bastato dir loro che si stava registrando il DVD per scatenare l'essenza da rockstar che ogni musicista yankee si porta nel DNA. Due parole in più sui nostri eroi:
  • Jack Blades va amato senza condizioni, dà sempre l'impressione di essere lo zio che ti compra la birra di nascosto e ti spiega cos'è il Rock
  • Deen Castronovo si diverte come un bambino e se la gode al 100%, neanche fosse uscito di galera (in effetti, è veramente uscito di galera da poco)
  • Doug Aldrich è Doug Aldrich: siano i Whitesnake, i Burning Rain, i Dead Daisies o i Revolution Saints (o i Lion, giusto per fare sfoggio inutile di cultura musicale), lui è sempre vestito uguale e suona sempre uguale. La coerenza fatta a persona
Coordina tutto il nostro Ale Delvecchio, il cui secondo nome è Professionalità. Con queste premesse e una serie di cover doverose e strepitose, i vecchiardi portano a casa il risultato e possono dedicarsi a tenere lontano Castronovo da tutto ciò che potrebbe rispedirlo in galera.

Vita vissuta pt.2. Sono stato pigro, supponente e superficiale nell'osservare le band: del resto ci ho messo un pezzo a digerire l'aragosta offerta da Notturno Metal e lo champagne che ho rubato dal catering degli Steelheart. Noto che non ci sono casi di ubriachezza molesta, il filo conduttore del festival è l'assoluta educazione, che ben si sposa con l'attitudine da borghese placido e arrivato dell'ascoltatore di AOR.
Scena da ricordare: due noti appassionati di Seventies che, pur circondati da una quantità di donne che nella loro vita avranno visto solo in locali sconci, ignorano il tutto perché presi da una discussione sull'Hammond. Siete fantastici, gente, ma fosse per voi come genere umano ci saremmo già estinti: per fortuna ci sono i Crazy Lixx.

TYKETTO
Non sono una delle mie band preferite, i primi due album li ascolto ogni 5 anni e il resto lo ignoro. Non mi aspettavo nulla, invece riescono a fare lo show della vita. Sarà il fattore DVD, sarà che non gli capiterà mai più di suonare in simili condizioni, comunque la band è tirata a lucido e Danny Vaughan (uno spot vivente alla chirurgia estetica) canta splendidamente. Poi c'è da dire che l'hit generazionale “Forever Young”, urlata da una platea di padri di famiglia e rappresentanti del ceto medio, fa sempre sensazione. Immagino che anche il bassista 90enne dei Tyketto si senta chiamato in causa. Gran bella soddisfazione, poi brodino e tutti a letto.

Vita vissuta pt.3. La band più presente tra il pubblico sono gli Adrenaline Rush, che tanto suonano domani e quindi possono farsi la scampagnata. Il problema è che sono noti per l'avvenenza della loro cantante (che è sempre disponibile a farsi foto con qualunque guardone presente al locale), quindi gli altri non li riconosce nessuno, a parte qualche fanatico terminale. Abili nel vagabondaggio, appena decenti nell'approccio col gentil sesso, brillanti nell'ingestione di alcol, i ragazzi diventano un punto di riferimento sul manto erboso fuori dal Live Club e attirano l'attenzione della gente, finché Michael Palace decide di unirsi a loro e tutti scappano.

STEELHEART
Gli Steelheart del primo disco erano una cosa, nel secondo erano già cambiati e il terzo (a detta di quei 5 che l'hanno comprato) era altro ancora. Poi una pausa di 20 anni ed eccoli saltare fuori con line-up nuova, resta solo il prodigioso cantante Mike Matijevic. Al basso hanno Rev Jones dei Black Symphony, un animale fuori controllo e fuori contesto (per i curiosi c'è sempre Youtube). Il chitarrista non so chi sia, ma deve aver fatto un frontale con un camion di cabernet, perché sfoggia espressioni che fanno molto bar della bocciofila. Batterista giusto al millimetro. Poi c'è Matijevic, che irrompe suo palco agghindato come un boss della mala balcanica e sfoggia un'antipatia sorprendente (prima frase al pubblico: “Ho voglia di cantare, non di parlare con voi”, vabbè che ti pagano per cantare...), ma ha ancora una voce irruenta e ipnotica. Sommiamo però una selezione iniziale di pezzi che mi dicono poco (non sono un fan degli Steelheart), una prestazione impeccabile ma che mi lascia indifferente, la stanchezza della (mia) terza età e quindi me ne vado a metà setlist, lasciando che siano altri a stilare le classifiche dei buoni e dei cattivi.


Vita vissuta pt.4. Proprio uscendo dal locale mi ritrovo nel parcheggio un Vero Rocker che vomita l'anima e commenta in romagnolo la sua prestazione. Il disagio s'è fatto attendere, ma alla fine ha vinto, stravinto e dominato.