martedì 24 agosto 2021

Lucertolo in the Sky with Diamonds


Che vantaggio può avere un 19enne ad assomigliare a Bruce Campbell? Dopo il 1994, ahimè, nessuno. 

Infatti Lucertolo, vero clone di Bruce, neanche sapeva chi fosse e come modello di vita aveva scelto Jim Morrison. Ovviamente con tutto il corredo di allucinogeni, collanine etniche, alcol del discount, bancali di droghe leggere e poesie che parevano geniali solo se strafatti.

Era appassionato di letterature, incapace di contare fino a 10, convinto che in Filosofia bastasse porre domande esistenziali al docente per cavarsela, immolava lo studio in nome del risparmio energetico e tentava inutilmente di diventare un piccolo coltivatore di piantine illegali (afflitto da scazzo permanente, non andava mai oltre l’idea di coltivare).

Per i suoi docenti, tuttavia, Lucertolo non era il “solito drogato inaffidabile”: non che fosse il caso di metterlo a guidare una corriera, ma qualche argomento ce l’aveva e in aula non sbroccava mai. Inoltre, essendo uguale a Bruce Campbell, piaceva a quei 2-3 prof nerd, che gli chiedevano di ripetere le battute più clamorose di “Evil Dead”.

Lo stile Jim Morrison piaceva innegabilmente ad alcune ragazze, affascinate dal  fatto che consumasse droga per aprire le porte della percezione e non per farsi venire l’epilessia davanti a un sub-woofer. Trovarlo ogni tanto sfasciato di Finkbrau sotto i portici del centro di Treviso non faceva altro che alimentare la sua aura di bello e dannato. Leggenda vuole che vivesse da solo in un attico in centro, ma lasciamo questi chiacchiericci ai maldicenti e concentriamoci invece sul suo scarso feeling con il sapone: pare che due volte a settimana provvedesse la mamma a buttarlo dentro una doccia (la vasca da bagno, visti i trascorsi di Jim Morrison, era stata rimossa dal bagno), garantendogli un minimo di occasioni sociali.

Fece gli esami di stato da privatista. Si presentò in condizioni accettabili agli esami preliminari e, a parte qualche delirio in matematica e delle considerazioni filosofiche di Ram Dass spacciate per proprie, riuscì ad accedere agli esami veri e propri. Per dovere di cronaca, segnaliamo anche che gli altri candidati avevano in livello così basso che Lucertolo pareva un premio Nobel. 

Alla Maturità gli scritti furono superati in agilità e solo i più maligni osservatori avrebbero notato i medesimi vestiti nel corso dei tre giorni e un progressivo peggioramento della condizioni igieniche. Si seppe dopo che gli aveva preso bene un certo tipo di sostanza illegale che lo spingeva a studiare a manetta tutto il giorno, impedendogli però di nutrirsi e lavarsi. 

All’orale si giocò tutte le sue carte: 

  1. Pubblico di amici che, tra medaglioni, camice aperte e basette, sembravano i Cugini di Campagna (con buona pace di Lucertolo, che voleva dare l’impressione di una comune hippie).
  2. Al posto della tesina esibì un cartellone psichedelico con porte fluorescenti e citazione di Huxley, punto di partenza per un brillante sproloquio che mescolava filosofia orientale e castroni storici insieme a una pertinenza accettabile nelle lingue straniere e contenuti opinabili di cui nessuno ricorda alcunché.
  3. Lunghi silenzi ispirati nelle materie scientifiche, con lo sguardo all’orizzonte di chi ha visto chissà cosa, ma di certo non crede nelle leggi della fisica.
  4. Zaino rovesciato inavvertitamente davanti alla commissione e contenente: telo da mare sporco raffigurante Buddha su un fiore di loto, n. 2 lattine di birra Finkbrau, quaderno delle poesie a uso rimorchio, carta d’identità in tre segmenti rimescolabili a piacere e n.1 mocassino sfondato.


E diploma fu.


Cosafaraidopo? Pippone infinito da cui si intuì “Nepal”.

Mai più rivisto.