venerdì 21 luglio 2006

REVIVAL PAGANO


Gli Amon Amarth sono un gruppo che ha sfruttato al meglio gli stereotipi del Metal. Musica è cupa e marziale, ma con una valida tensione epica, cantante che grugnisce inni a Odino e accuse al Cristianesimo, l’immagine all black dressed e una infarinatura di conoscenze storiche e superstizioni.
Vogliamo bene ai gruppi così. Una volta erano i Manowar a scrivere “Gates of Valalla” (con molta più classe, ovviamente) e adesso abbiamo questi Svedesi dalle folte chiome e dalle generose panze gonfie di birra e polpette.
Quello che stona in tutto ciò è il modo in cui viene percepito il gruppo. Alfieri del paganesimo… preservatori delle tradizioni nordiche…
Senza nulla togliere al presunto orgoglio nazional-pagano di questi cinque soggetti, mi pare che sarebbe meglio se li considerassimo per quello che sono: gente che parla in maniera superficiale di questioni che richiedono ben altro spessore.
I testi degli Amon Amarth viaggiano a cavallo tra la scopiazzatura di leggende dell’Edda e scenette da Conan il Barbaro. Chiariamoci: i Vichinghi non hanno mai assalito i Crisitiani in nome di Odino, semmai lo hanno fatto in nome di Bottino!
E poi, è mai possibile ridurre a mero ammazzacristiani una figura come il Dio Monocolo? Dio della guerra e dei misteri delle Rune, adorato da guerrieri, da politici e incantatori, ma anche da poeti… cedette un suo occhio un cambio della Conoscenza e per nove giorni e nove notti pendette da Yggdrasil ottenendo i segreti della Magia e delle Rune.
Odino è una delle figure più complesse e affascinanti di tutta la mitologia umana. Il suo essere volubile e a cavallo tra due mondi, l’abisso delle conoscenze misteriche che sottendono alla sua venerazione. Che ha a che fare con il vecchio barbuto, ubriacone e guerrafondaio che ci spacciano gli Amon Amarth e gli altri cialtroni scandinavi?
Prendiamo tutto questo revival paganeggiante per quello che è: spettacolo folkloristico tipo Lord of The Rings (il film, ovvio).
Anche per definirsi pagani, amici miei, bisogna studiare un po’…

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