domenica 12 gennaio 2014

La recensione superficiale e il disagio



SMALL JACKETS
10 gennaio 2014

Il venerdì non va bene. È la serata clou per i concerti, tanto quanto il sabato è delle coppiette. Ma se il giorno dopo lavori, il venerdì sera è da suicidio: show, 3-4 ore di sonno, una mattinata di lavoro e un pomeriggio buttato nel cesso per poter reggere la serata... poi c'è il grande mistero della domenica, che a quanto pare la gente trascorre a letto, mangiando o nei centri commerciali (a parte Pedro, che la passa a sparare alle anatre in barba alla legge, ma Pedro può, perché me lo sono appena inventato). E della domenica parlerò in futuro, quando la domenica deciderà di rendersi rilevante.

Il venerdì non va bene, perché cerco in tutti i modi di ignorare gli eventi fenomenali, le occasioni di perdizione, le cene dove primo-secondo-dolce sono sotto forma di birre, le spedizioni in luoghi non plausibili (“Tranquillo, facendo stradine siamo là in mezz'ora”... e ti ritrovi alle 3 di notte a vagare per le aziende agricole di Tombolo). Mai riuscito a evitare tutto ciò. Mai.

Neanche questo venerdì. “Vai a vedere gli Small Jackets in quel posto vicino a casa tua, sono ganzissimi, sono harder faster, c'hanno i pantaloni a zampa e le camicine strette strette, suonano il roccherolle bravi belli e benedetti dalla curia...”. Quando l'Alto Comando del Rock impartisce l'ordine, si parte per la missione senza discutere. E si dormirà tra 40 anni, all'ospizio.

Locale insensato in mezzo ai campi, più azienda agricola che osteria, con la stufa a legna e la gente che gioca a scopa. Birra finché vuoi, vino della casa, si mangia quel che c'è e parcheggi in mezzo a un bosco. Draghi di legno qua e là, un palco esterno da concerti importanti, palco interno da concerti-gavetta ma è gennaio e farebbero suonare dentro anche i Rush (giusto per dire una band che piace a tutti, ma nominarli fa sempre molto molto raffinato). A voler essere pignoli, non ho visto se c'è la pista per giocare a bocce, che non sarà roccherolle ma attira gli anziani e quindi aumenta gli incassi... ma il marketing lasciamolo agli esperti...

... e parliamo di disagio...

Disagio pt.1
Arrivo tardi e, ingenuo nonostante mezzo secolo di concerti visti in Italia, penso che abbiano già iniziato. Ma ovviamente lo show inizia “quando arriva più gente”, il che significa che si inizierà solo quando sarà chiaro che non verrà nessuno. E poi è venerdì, domani si dorme... quindi c'è tempo per due birre e un incomprensibile tagliere con formaggi e cren. Nel frattempo non arriva nessuno di veramente interessato allo show e quindi la band di supporto inizia.

Disagio pt.2
La band di apertura fa un genere che non ascolto, in più non ha ritornelli e tanto basterebbe per tornare al bancone. Sono però bravetti a suonare e quando attaccano non c'è veramente nessuno in sala, quindi ingresso e prima fila (vabbé, a 5 metri dal palco... ma non c'era nessuno) per quasi tutto lo show. Massima affluenza durante l'esibizione: 12 persone, inclusi fonico e band headliner. Non capisco come possa piacere un genere come questo, ma qualcuno (in qualche luogo, in qualche tempo) probabilmente apprezzerà.

Disagio pt.3
E' l'alba del giorno dopo quando gli Small Jackets salgono sul palco e io so già che non vedrò la fine di questo concerto, perché nossignore, non voglio dormire mezz'ora nel parcheggio per poi andare diretto a lavorare: voglio il mio letto e me ne frego se non è roccherolle, perché il mio letto è più roccherolle di molte band che ho visto nella mia vita. Peccato che gli Small Jackets siano MOLTO PIU' roccherolle non solo del mio letto, ma anche di qualche centinaio di band più affermate. Sono Rock come una sbronza di alcolici misti al pub + una rissa per motivi campanilistici + una notte di sesso con la fidanzata del tipo che ti ha appena picchiato nella rissa.
Se poi suonano un genere che pratico pochissimo e che mai sognerei di ascoltare a casa, posso dire che la band è promossa al 100%. Fanno scuotere il sedere, tengono il palco con la maestria dei migliori, hanno una potenza che le band-revival in giro si sognano. Hanno il look vincente “zampa d'elefante e vestitini stretti”, sono magri magri che li fai volare via con un applauso, i capelli lunghi e gli zigomi da rockers anni '70 (o, secondo i parametri estetici tipicamente italiani, da Banda della Magliana).
Me ne vado a metà concerto, ma compro la T-Shirt perché hanno un merchandising che spacca e mi serve qualcosa di pertinente da mettere ai concerti black metal e in palestra.
Li lascio con 18 persone in sala, ma tanto suonano come fossero davanti a 3mila. Band promossa a pieni voti: se ripassano non me li perdo.

Passo davanti al bancone mentre i vecchi giocano a carte e bestemmiano Nostro Signore Gesù (ma con rispetto) e mi chiedo cosa ci facciano qui all'alba. Afferro qualche nocciolina per il viaggio, mi tuffo nella nebbia mattutina e via: c'è una nuova storia da raccontare.

3 commenti:

AF ha detto...

Come sempre, la descrizione fa immaginare di essere lì, di aver vissuto la medesima esperienza. Ho le orecchie che mi fanno male a causa della vicinaza dagli amplificatori e il vino era così così, ma delresto io di vino non ne capisco un cazzo. Il pubblico era selezionatissimo, alla fine siamo diventati tutti amici, tanto che uno di loro ha proposto di aprire na comune nella stessa azienda agricola e aspettare il prossimo concerto, Tutti assieme.

Giampiero Novello ha detto...

Tu hai un cuore grande così, AF ;D

Semola ha detto...

Complimenti per la sua recensione se così si può chiamare, aspetto altre sue opinioni, perché sono interessato alle sue avventure e il modo con il quale le racconta.