giovedì 24 luglio 2014

BANG YOUR HEAD 2014: la patria del sesso sfrenato


Titolo volutamente ingannevole, orsù.


SABATO 12 LUGLIO
E piove! Dopo 4 anni consecutivi di solleone al BYH (se escludiamo il diluvio infernale durante lo show dei Venom nel 2012) la Germania tiene fede al suo clima casuale. Nessuno prova pietà per le migliaia di ubriachi che hanno passato la notte per terra sotto la pioggia, tanto questi si svegliano, fanno colazione con uova-wurstel-caffé e alle 10 del mattino riprendono con la birra...
Filo conduttore della giornata: il cambio abito. Se piove ci sono 15 gradi, poi esce il sole e si passa a 30 e così via per tutto il giorno. Evidentemente l'alcolismo risolverebbe la situazione, ma non ce lo si può permettere e quindi canotta/felpa a rotazione. Perché anche essere poser richiede preparazione e sacrificio.

HIRAX. Famosi perché hanno “il nero che canta”. Katon è Lenny Kravitz ricoperto di borchie e sorridente, fa un macello impressionante insieme ai suoi compari e a momenti piange per la partecipazione del pubblico. Vorrei dire vaccate sugli Hirax, ma sono stati così onesti e potenti che li promuovo abbestia!
MAD MAX. Hard Rock Cristiano con supercori e potenza quadrata alemanna. Pare che da qualche anno siano anche diventati ferventi cristiani, i Mad Max, ma devono aver saltato qualche messa, perché Dio gli scatena un diluvio di 11 minuti che serve unicamente a far scappare il pubblico al coperto: danno grave, infatti al coperto ci sono gli stand di birra e salsicce, che fanno totalmente dimenticare al pubblico chi sta suonando.
EKTOMORF. Un tedesco me li descrive (parole sue) come “zingari ungheresi uguali ai Sepultura, ma con più tatuaggi”. Li guardo da 18 km di distanza e la definizione è corretta. Quando sento il cantante che urla “Jump Jump!” capisco che è ora di procacciarsi del cibo e dileggiare degli sbronzi.
ROB ROCK. Rob è nato per cantare Heavy Metal e ce lo ribadisce dispoticamente per tutto lo show, ululando su note altissime mentre la band macina riff su riff. Peccato per la pioggia, ma Rob con la potenza delle sue corde vocali sposta le gocce che cadono davanti a lui lavando il pubblico in fondo. Poi gli si spegne il microfono e lo si sente lo stesso fino a Stoccarda. A tarda notte, in albergo, lo potevo sentire dalla birreria di Balingen che si ordinava da bere e il giorno dopo, in attesa al concessionario dell'Audi, lo si sente litigare all'aeroporto di Francoforte perché non gli vogliono imbarcare il suo shampoo preferito. Stentoreo.
STRYPER. Michael Sweet andrebbe invidiato. È la voce perfetta e paradisiaca degli Stryper, ha vissuto il delirio di onnipotenza del Metal anni '80 in USA, è un performer che non sbaglia una virgola e comanda il pubblico con un'occhiata, ha 51 anni e ne dimostra 15 in meno, canta inni a Gesù e alla Madonna e nessuno si sogna di prenderlo per il culo, addirittura quando scendono due gocce di pioggia si fa il segno della croce e spunta il sole... Nella top 3 del festival senza indugio, con approvazione dell'Altissimo e lo scorno di Belzebù Caprone. Talmente in forma che avrebbero spinto al battesimo anche Margherita Hack. Peccato per il mancato lancio delle Bibbie sul pubblico...
OBITUARY. Secchiate d'acqua dal cielo mentre gli Obituary imperversano. Ma il mio tempo viene speso a proteggermi nello stand di un senegalese domiciliato a Milano che vende cappelli di fogge ridicole e qualità da quarto mondo (roba che dopo qualche goccia di pioggia si sciolgono). Poi staziono al Metalborse (la fiera del disco) dove alcuni standisti sono talmente annebbiati dalla grappa che potresti rubargli la merce con una mano e rivendergliela con l'altra.
UNISONIC. Analisi dei musicisti di questo supergruppo di German Metal, dai minori ai maggiori --> batteria e basso provengono dai Pink Cream 69 e gli anni si sentono, soprattutto il girovita del bassista Ward ha ceduto di schianto e sembra Peter Griffin; Mandy Meyer, in preda a un attacco di autismo, suona con le mossette anni '70 e gli occhialetti da John Lennon, ma la musica è Metallone Zuccherino e sembra fuori dal mondo; Kai Hansen è un orso ciccione con gilet e parrucchino, occhialoni da sole e una paresi facciale che lo porta a rimanere sorridente anche quando s'incazza perché la sua chitarra non si sente; Kiske è fenomenale come voce, impressionante per la facilità con cui gorgheggia, ma è di una supponenza vergognosa e s'atteggia come se non gliene fregasse niente del pubblico, provando anche a fare il simpatico ma riuscendo solo a comunicare boria. Detto ciò, concerto solido e impeccabile, anche nelle cover degli Helloween. Per chi s'accontenta.
ANTHRAX. Li ho visti più volte, ma decido di godermi almeno l'ingresso di Joey Belladonna. Questo scalmanato ultracinquantenne con parrucca da competizione entra zompettando come Gollum, punta il dito il faccia a tutti i membri della band per ricordargli che è arrivato, blatera in italo-yankee qualche assurdità e via come dei treni. Pubblico in visibilio, band che si diverte, tutti i classici eseguiti alla grande e cantanti quasi decentemente. Tipico concerto da Festival: alla fine tutti son felici e si riprende a ingurgitare birra.
ATLANTEAN KODEX. Non ho boiate da scrivere in questo caso. Una band che giustamente piace a pochissimi e per questo il fanatismo è a livelli indicibili. Epic Metal marziale ed eroico, con testi da genuflessione e una devozione rara. In più di un'ora piazzano 8 pezzi, tanto per mettere in chiaro che non sono qui per ammiccare a nessuno. Brutti il giusto per non avere distrazioni di groupies e per sembrare incazzati con l'umanità moderna, anche se poi sorridono di gioia al ruggito del pubblico. Hanno un nano alla chitarra e il cantante sembra un agente del fisco, ma la musica basta e avanza. Per me, e solo per me, la band del BYH.
EUROPE. Vedo solo la conclusiva “The Final Countdown”, ma il pubblico è decisamente deluso dalla scaletta: pochissimi classici e molta roba nuova, con influenze Seventies e Blues in cui la band crede tantissimo, ma al BYH sono proprio fuori contesto. Temo non vedremo di nuovo gli Europe al Festival se prima non concordano la scaletta con gli organizzatori. Bravissimi, chiomatissimi, con tutte le mosse giuste da eroi, però effetto straniante per una musica che non è, semplicemente, quella che gli spettatori volevano sentire.
DELAIN. Vedo qualche pezzo prima dei Twisted Sister, i Delain son bravi nel loro genere e hanno la cantante-velina. Come previsto, il parterre è affollato di disagio, forfora, stempiature, pance a botticella, marsupi, una mano nelle mutande e una a fotografare compulsivamente lato A e lato B della povera Charlotte Wessels. Eppure, avendo seguito situazioni simili anche in Italia, posso ancora confermare che i disagiati italiani sono impareggiabili per faccia di bronzo e assenza di scrupoli: questi tedeschi sbavano, ma son educati e stanno a distanza, mentre i nostri avrebbero come minimo tentato l'invasione del palco.
TWISTED SISTER. Non si può scindere la definizione “Rockstar” dal nome “Dee Snider”. Dee è Intoccabile Divinità del Rock e contemporaneamente ti fa capire che è sul palco per te... non per tutti gli spettatori, ma proprio per te, che hai pagato il biglietto e meriti il miglior show della tua vita: eseguito da una band perfetta con un frontman che ti fa dimenticare di essere al mondo e magari dopo l'esibizione è anche capace di passare ore con te a raccontarti puttanate al bar. Questi sono gli Stati Uniti, questi sono i Twisted Sister e ringraziamo il Dio del Rock di poter godere ancora una volta della grandezza di eroi simili, perché alla fine dello show, mentre partono fiammate e granate, tutti i presenti si sentono come gli ultimi ad aver visto Atlantide prima del Cataclisma.

Nel prossimo post, cibo a manetta!!!

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