giovedì 16 agosto 2018

Esami di Stato pt 3: l'attesa è orizzonte ultimo e senso dell'esistenza?



Le prove scritte.

PRIMA PROVA – IL TEMA DI ITALIANO.
Checché ne dica il Ministero delle Competenze, ho sempre sostenuto che la vera prova di maturità stia nel tema.
Insomma, se all'orale lo studente imbelle profferisce una boiata, si può far finta di niente, oppure girare il discorso o convincerlo a rivedere le sue posizioni. Ma non si torna indietro da ciò che è scritto nella prima prova.
Eseguito al meglio, il tema risolve l'esame: una prova valida dimostra alfabetizzazione, capacità di citare ciò che si conosce in modo pertinente, proprietà di ragionamento e quindi testa pensante (il massimo, cioè dimostrazione di originalità e spessore, non l'ho mai visto, ma, come per lo Yeti, non escludo che possa esistere).
Se però il tema fa pena, neanche il più ignavo e scalzacani dei docenti di italiano potrà mai prendere per buone alcune bestialità che gli studenti si sono sentiti in dovere di scrivere nero su bianco in un documento ufficiale.
Copiare è inutile, va da sé, a meno che non ci sia qualche spregiudicato che riesce a passare la prova a un complice che gli svolga la prova e gliela ripassi. Sforzo esagerato e rischio eccessivo, ma le menti non pensanti arrivano anche a non calcolare tutto ciò. Comunque, non mi è mai capitato di assistere a brogli durante la prima prova e quindi l'agonia di 6 ore di sorveglianza non ha alcun diversivo (se escludiamo il collega esterno che durante le sorveglianze si spaccava mediocri birre in lattina da 33cl).
Fosse per me, l'Esame di Stato dovrebbe comprendere solo il tema.
Se va bene, diploma.
Se va male, decapitazione.

SECONDA PROVA – MATERIA DI INDIRIZZO.
Essendo le possibilità di copiare più alte rispetto al tema, i commissari esterni si presentano in alta uniforme della Stasi (vai su Google, è roba clamorosa... poi guarda anche “Le vite degli altri”). Sempre che appartengano alla tipologia Angelo Vendicatore (vedi post precedenti).
In caso contrario, la seconda prova passa liscia come l'olio.
In effetti le 6 ore a disposizione di solito sono abbastanza per fare un lavoro fatto bene, ma capita che “studente” e “lavoro fatto bene” non siano proprio sinonimi. E allora abbiamo quelli che consegnano dopo il tempo minimo (3 ore) ostentando sicurezza e ricevendo anche il bacio accademico da parte dei commissari speranzosi di andare a casa presto: sono quelli che di solito prendono 4-6-8 quindicesimi (sempre pari, ma mai sufficienti). Ma ci sono anche gli altri, che consegnano dopo 6 ore giuste giuste, beccandosi almeno un'ora di maledizioni a denti stretti da parte della commissione: questi, grazie al “bonus odio” durante le correzioni fatte da commissioni disfunzionali (mica tutte, eh...), mai arrivano al massimo.

TERZA PROVA (R.I.P.).
Dall'anno prossimo non esisterà più ed è un bene. Per le seguenti ragioni:
  1. era il festival dei peggiori tentativi di copiare, roba da Darwin Award... se fosse permesso tagliare un dito per ogni tentativo scoperto, avremmo orde di mutilati a carico dello Stato;
  2. per evitare le copiature, i commissari interni cercavano di mettere domande accessibili, rendendosi tragicamente conto che alcuni studenti sono in difficoltà anche l'accoppiata nome/cognome... e comunque cercavano di copiare lo stesso;
  3. i commissari esterni o facevano come gli interni (con gli stessi risultati) oppure mettevano domande canaglia per distribuire giustizia divina come la Falce di Azrael: in ambo i casi il naufragio era più che un'opzione;
  4. gli studenti che non avevano studiato ma non volevano/riuscivano a copiare facevano gli occhioni tristi ai commissari... gli occhioni tristi, fossero stati valutabili, avrebbero proiettato verso il diploma fior fior di sfaccendati.
La sorveglianza era schizofrenica, dai divieti di parlare fino al respirare a comando, unite a generose aperture con battute sconce da caserma (se il Presidente apparteneva a una certa sottocategoria) oppure con indicazioni da parte degli interni condite da insulti perché gli studenti chiedevano cose ripassate due settimane prima.
Ribadisco, ci sono anche gli studenti bravi. Ma di quelli si parla altrove, qui solo disagio.
Buttiamola nella latrina, questa terza prova. E sostituiamola con niente, per favore. Così gli esami finiscono prima.

INTERMEZZO 1.
Nelle prove scritte gli studenti con certificazioni particolari (Disturbi Specifici dell'Apprendimento o DSA, es. dislessia) hanno il 30% del tempo in più per completare la prova. Ciò li rende soggetti temutissimi dalla commissioni, perché possono inchiodare i docenti ben oltre le 6 ore previste (per le prime due prove).
Ancora oggi è celeberrimo l'urlo di uno stimato docente di mezz'età allo scadere della sesta ora: “Consegnate, tempo scadut... Dannazione (in realtà disse ben di peggio)! C'è il DSA!!!”.

INTERMEZZO 2.
Prove suppletive... quando uno studente per malattia perde una prova, si deve organizzare il recupero. Stesse modalità delle prove ufficiali, ma con quesiti differenti.
Chiaro che l'assenza deve essere motivata e storie del tipo “ho perso l'autobus”, “mi sono dimenticato” o “pensavo di essere ancora in quarta” non danno grandi diritti. Ma la malattia deve essere roba seria, perché le commissioni costrette alle suppletive sono come i carcerati a cui viene ritardato il giorno di uscita dal carcere.
Leggendario fu il Presidente che, alla notizia di uno studente assente per malattia e calcolato che la suppletiva gli impallava la programmazione per andare a pescare, esclamò: “Subito inviare ufficiale giudiziario, visita medica a domicilio e un team di esperti”, e qui si fermò, ma sperava anche di spedire un plotone di esecuzione per giustiziare il malato.

Le correzioni.
Il Ministero obbliga i commissari a essere tutti presenti durante le correzioni.
Tutti.
Anche quelli che non hanno nulla da correggere.
“Aspettando Godot”, “Il processo”, il concetto di alienazione in Marx... fate un po' voi.
Accade che ci siano docenti veloci come saette, correttori sotto anfetamfine che finiscono il lavoro in tempi da record olimpico. Ma ci sono anche strazianti plantigradi in letargo, lenti come una lezione su Wittgenstein tenuta dal sottoscritto (io però in mezzo mormoro anche parolacce). I primi sono santi e vanno tutelati. I secondi sono spesso oggetto di ricatti e minacce, ma se la lentezza è anche di comprendonio, non c'è pugnale che tenga: il nostro destino è il sequestro di persona per tutti a oltranza.
Poi fa caldo.
Poi si litiga sul fare pausa o andare avanti senza soluzione di continuità, sperando di finire prima delle tenebre.
Poi salta fuori quello che aveva un impegno inderogabile e cerca di scappare.
Poi c'è la fase delle contrattazioni sui voti in stile Büyük Çarşı (vai di Google!). 
Alla fine si pubblicano i voti, si va a casa togliendo il saluto a qualcuno e si attendono gli orali.

E in attesa degli orali, fai il ripasso:



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