mercoledì 25 maggio 2011

Se un pomeriggio di primavera un motociclista...

... lasciamo perdere...


Avevo deciso di leggere Sartre, “La nausea”. Scelta controcorrente, i francesi non mi piacciono, se escludiamo Asterix che comunque è un gallo e quindi si salva. Inoltre Sartre soffre, patisce e si duole, troppo distante da me e dal mio mondo.

Onestamente, con questo sole e con questo caldo umidiccio da palude forse sarebbe stato meglio leggere altro, ma sui libri (come sui dischi) seguo l'impulso. Acquisto, accumulo, smaltisco in tempi lunghissimi durate i quali continuo l'acquisto e l'accumulo.

Insomma, Sartre. Che forse porta anche sfiga, visto che proprio lunedì è arrivata la mia dose di disappunto... per fortuna non si tratta di niente di niente di niente di niente confronto ai Grandi Addolorati della Storia, ma devo pur darmi un minimo d'importanza. Dopo cotali esperienze, leggere Sartre potrebbe essere stato essere deleterio, ma è una cosa che nella vita andrebbe fatta.

Cerco “La nausea” in libreria... c'è, l'hanno anche messo in basso così è più doloroso accaparrarselo (se hai 80 anni e problemi alle articolazioni). Tra l'altro i negozi di libri, ad ogni ora, sono pieni di una curiosa ma affollata categoria di persone, quelle che si soffermano sui libri impegnati sperando che gli altri clienti li notino e si creino una buona opinione. Il perché non mi sfugge, ma non posso soffermarmi perché devo dire di Sartre.

Anzi, la storia su Sartre finisce qui. Infatti il libro non lo compro. Volevo prenderlo, però l'istinto (di autoconservazione?) mi ha spinto verso i libri musicali, giusto per vedere se qualche altro irrilevante della scena musicale ha scritto qualcosa di autobiografico e fantasioso. Anche troppi, a dirla tutta. Ma c'è anche il prodotto da acquisto immediato.

Pensare che Lester Bangs, sopraffino critico rock, l'ho conosciuto non attraverso i suoi scritti, ma tramite l'interpretazione che ne fa Philip Seymour Hoffman in quel sogno cinematografico che è “Almost Famous”. Quindi mi sono invaghito in primo luogo del personaggio e solo dopo di ciò che scriveva. E “personaggio” è il termine corretto, lui quello che scrivevo lo viveva. Anche troppo, a giudicare dalla sintassi incredibilmente contorta eppure comprensibile.

Verbi al passato? Beh, Lester è morto nell'82, strafatto di qualche sostanza e con problemi di alcolismo e dipendenza. Non un modello di vita, ma certo un modello di scrittura. Nemmeno un modello di gusti musicali, visto che scriveva tra i '60 e i '70 e gli piacevano band che io non ascolterei nemmeno sotto tortura. Ecco quindi il grande difetto di Lester, probabilmente se avesse assistito alla grande epopea dell'Hard Rock e Heavy Metal anni '80 avrebbe massacrato centinaia di band e mi sarei incazzato a leggerlo, invece percepire la sua esaltazione per Iggy Pop mi tocca relativamente.

Però che bene che scriveva... recensioni di dischi di 3 cartelle (oggi ti fanno fare 10 righe) dove il suo sproloquio divagava ovunque eppure sembrava tutto assolutamente serio, stringente e necessario.

Morto giovane, ha creato una leggenda ancora più grande di quella che era in vita. Peccato per tutta quella passione per jazz, garage, proto-punk e zozzerie varie, ma a uno così si perdona tutto.

Consiglio: buy or die.

Cosa c'entra la citazione di Calvino all'inizio? Nulla, tributo a Lester che avrebbe scritto un paio di cartelle e vi avrebbe convinto della sua pertinenza.

2 commenti:

Viva ha detto...

... insomma, questo Lester Bangs pare fare tutto al caso mio. Lo terrò d'occhio e cercherò di contattarlo. Sì, lo so, ho capito che è trapassato.

Ieri rileggevo (si fa per dire) frasi a caso qua e là da "31 canzoni" di Hornby, è incredibile come parli di 31 canzoni di cui non conosco una nota, non ho interesse ancora a sentire, ma un giorno le ascolterò. Anzi no. Però spara una sentenza dietro l'altra. Rimane comunque un libretto commoventeventevente. Vabbè, volevo darmi un tono da lettore pure io. In libreria la gente per me non si da un tono, per me "vaga", cioè io almeno vago. Sono pericolosi (davvero) quelli che entrano in una libreria con le idee chiare. Può avere un senso entrare in libreria sapendo prima quello che si vuole comperare? ... e, peggio ancora, magari uscirne proprio avendolo acquistato? Non so, per me anche "ni".

Giampiero Novello ha detto...

Coi tempi che corrono, anche solo andare in libreria è una cosa rara. Nel senso che la gente non ci va per comprare libri. Generalmente si va per rimorchiare studentesse di Lettere e Filosofia o qualche sbroccata alla Peggy Guggenheim. O al limite per comprarsi DVD.
In ogni caso, come dice l'architetto Sgama, nel mondo dell'acchiappo "la cultura è invalidante".
Non condivido, ovvio. Certo che dipende da cosa vuoi acchiappare e se intendi farlo subito: rimorchiare citando Sartre potrebbe farti passare dei brutti quarti d'ora.

Lester consigliato vivacemente, sbrodola da fare paura e si contraddice a distanza di 3 righe... non so se l'abuso di LSD possa essere una giustificazione.