giovedì 25 luglio 2013

Bang Your Head 2013, day 2: The Hangover Diaries




13 Luglio 2013

REBELLIOUS SPIRIT.
Colorati e chiassosi, più vicini alla terza media che alla terza superiore. Il look glam si scontra con partiture da Melodic Metal renano, quello con batterista-Duracell e i riff granitici che ogni tedesco canticchia già nell'utero. Pubblico diviso in due: cugini coetanei con magliette della band e parenti adulti con magliette della band, in pratica è il pranzo natalizio della famiglia Fritz. Tra un urletto e l'altro il cantante (doti trascurabili) getta l'occhio speranzoso verso le groupies, solo per incontrare il grugno severo delle zie (che poi si sono concesse a un altro gruppo, ma chi siamo noi per fare gossip?).

ALPHA TIGER.
Sorprendenti. E non solo per le strisce di tigre che schiaffano un po' ovunque, dalle braghe alla batteria fino allo striscione. L'Heavy Metal dei primi Queensryche, cantato come gli Dei del Metal esigono, suonato con rispetto e ardore tramite una manciata di canzoni semplicemente “belle”. Se l'Heavy Metal è riproposizione ad infinitum di un'immagine, un suono, un'attitudine, allora gli AT sono Heavy Metal.
Esercizio di stile, volevo scrivere qualcosa di commovente e gli AT sono stati fortunati ad avermi colto in una modalità così eroica. Per un uso corretto, sostituire “Alpha Tiger” col nome della vostra Heavy Metal Band preferita.

HELL.
Un'altra bomba del festival. Gli Hell hanno il più intrigante, carismatico e inusuale cantante della due giorni. Che David Bower venga dal teatro e dal musical si vede subito da come prende possesso del palco e ti fa dimenticare tutto il resto: solo lui a dominare declamando le litanie dei suoi bruttissimi band-mates. Bruttissimi almeno 3 su 5, ma la palma per il peggiore va al bassista: Jabba the Hutt vestito da Dracula, stempiato a 180° e con i capelli più zozzi dell'emisfero. Grazie comunque a un fenomeno assoluto come Bower (quando fa l'attore si chiama David Beckford: fa bene a tenere le distanze da quei brutti ceffi che gli suonano attorno, roba da meritarsi le persecuzioni della Buoncostume), gli Hell li rivedrei dal vivo anche subito e a David gli firmo anche un autografo. Agli altri no, che magari vogliono anche la foto e mi vergogno a farmi vedere vicino a certa gente.

ANGEL WITCH.
Ma che diamine! Lo stand finto greco serve un gyros piccante con salsa all'aglio e crauti! Scusate Angel Witch, devo provare esperienze nuove e voi ve la cavate bene anche senza di me (del resto suonate da 30 anni le stesse canzoni, sempre benissimo e con un pubblico roboante). Voto 8 al piatto, gustoso all'ingresso ed elaborato all'uscita. Voto 6 politico agli AW, come nel '68 quando c'era maretta e loro già suonavano le solite canzoni.

MORGANA LEFAY.
“Perché nessuno ha capito che i Morgana Lefay sono dei fighi?”. È il cruccio del bassista quando lo incontro allo stand del merchandising mentre cerca di regalare poster della sua band. Il povero svedese è ubriaco perso e, come tutti gli sbronzi, logorroico: l'idioma anglo-svedese con reflussi di vodka non è stato facile da decifrare. Sostenendo con argomentazioni inoppugnabili che l'Italia è in Austria, mi invita al suo prossimo concerto a un festival di cui non si ricorda né il nome né il luogo. Poi vuole fare una foto con me e con un sorriso ebete mi strangola cercando di soffocarmi con le alitate. Gli prometto di essere in prima fila al suo prossimo show e lo abbandono là allo stand con le sue infradito e lo sguardo sperduto alla ricerca della sua band (che probabilmente è già ripartita per la Svezia e si è liberata del peso intellettuale di un simile elemento). A proposito, gran bel concerto.

SANCTUARY.
Rimando la sperimentazione gastronomica perché sul palco arrivano cinque capelloni che un milione di anni fa hanno inciso due album spettacolari (a me piace di più il primo, gli intellettuali celebrano il secondo, la verità non esiste). Show impeccabile, anche se il cantante Warrel Dane cerca di non esagerare con gli acuti perché è sarebbe impossibile rimanere a livello del primo disco. Show revival da manuale: tutti i pezzi migliori eseguiti, performance eccellente, Dane sobrio (!), momenti di tensione quando il pubblico brillo canta i ritornelli in tonalità da ultrasuoni e in centinaia perdono la voce alla prima nota. Potrei essere più entusiasta, ma incredibilmente ho la pancia vuota e ogni gioia passa in secondo piano...

RAGE.
Dopo averli visti una decina di volte, ormai sono la classica band da pausa birra. Assoli a pallettone, potenza a profusione, ma io dovevo procurarmi wurstel e polpette gratis, quindi zero attenzione per loro.

THUNDER.
Altra sorpresa del festival, accidenti a questi inglesi! Su disco non mi hanno mai detto niente e il look on stage fa presagire un'ora abbondante di dramma blueseggiante da pub: chitarristi in hawaiana, bassista da settore terziario, batterista vecchio vecchio vecchio e cantante con taglio corto e chioma bianca altoborghese (stile “trasferimento a Minorca nei mesi invernali”). Invece piazzano una delle migliori voci in giro, carica inarrestabile e pezzi che impongono sculettamenti e testosterone. Niente di nuovo, niente di strano: perfetto per il pubblico locale. Partecipazione assoluto e perfino io, che avevo previsto la fuga enogastronomica dopo una canzone, mi sono goduto tutto lo show insieme a migliaia di calvi in visibilio.

AT THE GATES.
Ho visto dal vivo gli ATG: per me la più importante band di death metal svedese e, poche storie, ormai sono dei mercenari professionalissimi. Sacheggiano il capolavoro “Slaughter of the Soul”, suonano precisi come un team di chirurghi vascolari, lo show è tutto nelle mani del frontman Tompa (che ormai ha fermato il tempo, essendo uguale agli anni '90, quando peraltro faceva già schifo esteticamente). La band distrugge tutto per un'ora circa, poi via a bere perché sono svedesi e se non bevono alcol muoiono. Vivere dalla prima fila l'esecuzione di “Under a Serpent Sun” è uno degli highlight personali del festival. Insieme alle polpette gratis.

RAVEN.
Già visti, dedico solo rapido passaggio per conferma che sono ancora vivi e splendidamente zuzzurelloni.

ICED EARTH.
La band che più s'è incasinata la carriera negli ultimi 10 anni. Aveva tutto per diventare enorme, ha perso quasi tutto e adesso sta ricostruendo, appoggiata da uno stuolo di fans (soprattutto tedeschi) che non mollano mai, qualunque cosa succeda. Certo, avessero anche fatto album belli ultimamente, anche io li supporterei senza indugio. Eccoli che irrompono sul palco vestiti da Metallari in jeans&leather e infilano quasi tutte quelle canzoni giuste. Il nuovo cantante Stu Block ha la voce per reggere il paragone con il fenomenale Matt Barlow e risulta molto più azzeccato di Tim Owens (che strilla come un'aquila, ma sui registri bassi non rende come richiesto), gli altri sono inattaccabili e la partecipazione della gente migliora il giudizio. Ma una band che riesce a piazzare 3-4 power ballad in un festival senza risultare stucchevole dove la troviamo? Irruenti, schiacciasassi, prepotenti, yankee fino al midollo.

EXUMER.
Il thrash ignorantissimo degli Exumer attira un parterre di disadattati impresentabili che preferiscono rinchiudersi nella struttura coperta, così da continuare a bere al buio e puzzare in piena libertà senza che l'odore si disperda. Per questo riesco a seguire solo un paio di pezzi della band, che musicalmente è in palla e motivata... sarà che i novantenni strumentisti hanno preso il Polase con la birra e la reazione chimica è furibonda. Cantante supermuscolo con movenze scimmiesche abbastanza minaccioso da scoraggiare lo scontro fisico e sufficientemente sudato da impedire l'avvicinamento. A meno che tu non sia sbronzo.

ACCEPT.
Valgono le stesse cose dette sui Saxon il giorno precedente. Con la differenza di un orgoglio nazionalista ovviamente superiore, un tasso alcolico smodato e la tendenza degli alemanni a riunirsi in gruppetti e fare air guitar con mosse sincronizzate. Se sul palco lo show è da 8, tra il pubblico è 10.

CREMATORY.
Sono sotto il palco solo di verificare quanto grasso è il cantante Felix. È sferico. E ormai sta diventando calvo, anche se si ostina a portare i capelli lunghi (effetto “pista d'atterraggio”). Iniziare poi il concerto indoor con canotta, camicia e gilet in pelle lo trasforma in una palla sudata dopo le prime due note. Resta in canotta e schizza sudore sulle prime file senza pietà. Il batterista è altrettando panzone, ma almeno è lontano e suda in isolamento, la tastierista ha una camicia da notte e non credo che suoni effettivamente (ogni tanto pigia bottoni e partono loop e basi). Tutto qui, mi resta il tempo per guardarmi intorno e il pavimento è disseminato di ubriachi svenuti nelle posizioni più fantasiose (ci deve essere un concorso in atto).

Ricordiamocelo così, il Bang Your Head 2013: una festa ininterrotta tra membri della stessa famiglia, con tutto quello che le famiglie numerose si portano dietro... i fratelli lazzaroni, i cugini caciarosi, gli zii ubriaconi, i nonni lamentosi... ma è pur sempre famiglia.

lunedì 22 luglio 2013

Bang Your Head 2013, day 1: To Beer Or Not To Beer?




12 Luglio 2013

Zero intrattenimento per questa prima parte del report. Solo musica di band dimenticate da Dio, ma che per almeno 50 minuti possono sognare di essere ciò che vorrebbero.

WANTED INC.
Suonano per primi davanti a 12 persone e io ero impegnato a esaminare l'offerta gastonomica degli stand. Ubi maior...

ARTILLERY.
A parte il cantante chiomato e pure discreto a cantar, gli altri tre non si possono vedere. I due chitarristi sono vecchi come la brillantina per capelli (che non usano in quanto calvi) e hanno le braghe della tuta, il bassista è il tipico danese da campeggio jesolano e il batterista non l'ho guardato perché temevo altre braghe della tuta. Concerto ganzetto, comunque, perché le band di ottantenni non sbagliano mai.

CRAZY LIXX.
Su disco sono splendidi, dal vivo non sbagliano niente... cosa c'è che li castra? Il fatto che senza cori sembrano una band come tante e che il cantante è sempre sufficiente ma mai eccezionale. Nuovo bassista minorenne fresco d'esame di maturità, solista poser 100% con stivale a punta e più capelli di quanti ne meriterebbe. Pubblico in estasi, ma solo le prime 3-4 file, perché gli altri tedeschi sono ancora a spasso a decidere se bere birra o birra. Erroraccio del cantante, che si mette gli spandex, ma si dimentica il calzino arrotolato nel pacco, così sembra essere asessuato come un cherubino (si è mai vista una Rockstar asessuata? Dai...).

DREAM EVIL.
Gravissimo il look dei DE, con due impiegati delle ferrovie alla chitarra e un cameriere cinese al basso. Capelli lunghi: zero. Il cantante sembra il gemello incidentato dell'attore che fa Spartacus (il secondo, quello espressivo come un dolmen) e spara urla da sirena del cantiere. I pezzi mi piacciono, ma la band è piatta e, fa male dirlo, quasi dopolavoristica: danno l'idea di trovarsi solo per far dischi e nel tempo libero ognuno va a pescare salmoni per conto suo.

H.E.A.T
Prova brillantemente superata, nonostante i timori per l'improvvisa defezione del chitarrista Dave. Arrangiamenti di tastiera a profusione, una sola chitarra e poi via di spettacolo. Erik, il cantante, ha speso qualche mese davanti allo specchio in camera sua per provare le mosse da rockstar e qualcosa di buono ha combinato, ma soprattutto ha retto alla grande con la voce. I pezzi da live show ce li hanno tutti, coraggiosissimi poi a fare una “Downtown” che è puro Eighties AOR (e in un festival Metal è un azzardo). Convincono tutti, anche se le prime file di ragazzette adoranti forse non c'era bisogno di convincerle. Nel post-show facilmente reperibili in mezzo al pubblico per fare festa, foto, autografi e simulare peti (a parte il batterista che, dicono i maligni, ha preferito la compagnia femminile all'abbraccio di sudati Metallari bavaresi).

MASTERPLAN.
Quanto mi piaceva il primo disco. Qualcuno deve averlo detto ai Masterplan, che lo saccheggiano eseguendo parecchi pezzi. Il nuovo cantante ce la fa, gli strumentisti ce la fanno, il pubblico ce la fa perché siamo in Germania e se non ce la fai te ne stai dignitosamente nelle retrovie a bere. Tutto ok, però è una band che non mi interessa più, che seguo da 1 km di distanza mentre osservo la fauna locale e mi rendo conto che già a quest'ora qualcuno è collassato.

ENTOMBED.
Band che, nel mio mondo musicale, esiste da sempre: non so più quanti album hanno fatto, non si sono mai sciolti, han suonato sempre e ovunque, li avrò beccati 3-4 volte in festival a caso e rivederli fa sempre piacere. Un po' più calvi, un po' più panzoni, sempre tra l'incazzato e il divertito. Penso che il cantante si sia lamentato che i panini all'aringa cruda serviti al festival non sono paragonabili a quelli svedesi. Immediatamente ho abbandonato lo show per mangiare il panino, poi mi son ricordato che non sono mai stato in Svezia per fare confronti e all'Ikea l'aringa cruda non ce l'hanno, quindi missione intelocutoria (ma almeno ho mangiato).

PRETTY MAIDS.
I due membri storici sono presi sempre peggio ogni volta che li vedo. Ronnie Atkins ormai ha più rughe di nonno Simpson, Ken Hammer invece ha la circonferenza di Winchester e la faccia come un pallone da basket. Ma che splendido concerto anche stavolta! A maggior ragione, visto che si permettono di ignorare bellamente il capolavoro “Jump the Gun” per concentrarsi sui primissimi album e qualcosa della nuova produzione. Poco male, si vede che sono amatissimi e il tedesco, ormai è chiaro, non vuole sorprese: vuole la sua birra, la sua “Back to Back”, il suo headbanging e un posto qualunque per svenire.

STRATOVARIUS.
Begli anni, quelli degli Stratovarius al top. Bei dischi, produzioni esagerate, metrica delle linee vocali in stile 883. Peccato per tutto quello che è successo dopo: ora sono una band ok, ricostruita in maniera decente, molto professionale e (dicono) con un buon ultimo album, ma certe band devi lasciarle andare a un certo punto. Li ho lasciati andare e sono partito a caccia di un panino col pesce crudo.

FLESHCRAWL.
Panino col pesce crudo. Ancora.

LORDI.
Horror show squisitamente pacchiano e adolescenziale, canzoni con solo ritornelli, cliché anni '80 che ti mandano in Paradiso. Quanto ci piacciono a noi tedeschi questi finnici! La superstar è la tastierista, che suona dentro una confezione della Barbie e si muove da zombirockstarnumber1. E vai di scenografie degne di Sam Raimi, petardi, ghiaccio secco, assoli di chitarra tutti sbagliati, fuoco fuoco fuoco. Ma ragazzi, stiamo scherzando? Festa dappertutto! Lordi Sindaco Subito.

LAKE OF TEARS.
Che godimento vedere una band acclamata zero dal pubblico di fine anni '90 che viene invece esaltata nel 2013. Magari sarà che si sta facendo tardi e la birra rende tutti più clementi, ma i LoT si fanno rispettare e dimostrano di avere un senso. Direi comunque bene di loro, visto che il chitarrista Jordanius è grosso come un toro e sembra tutto incazzato con la sua chioma nera con ricrescita bionda. Gli altri della band invece penso di poterli picchiare senza problemi (uno alla volta, ciò).

SAXON.
Li ho visti tante volte. Li ho visti sotto la pioggia in una pista di cart, davanti a 80mila persone a Wacken, in qualche locale veneto di capienza decente ma suoni pietosi, in festival per l'Europa... ovunque. Mai una volta hanno suonato male. Saxon garanzia assoluto di Heavy Metal. Punto. Con una produzione da palco degna degli anni '80 (anzi, meglio), una batteria che ogni tanto si solleva tipo ascensore, una ventina di hits (sempre quelle) che non possono non suonare, Biff che fischia come una locomotiva e la band che rievoca la Storia, ennesimo trionfo per questi vecchiacci.

DIE APOKALYPTISCHEN REITER
Livello di idiozia altissimo per questo cinque agricoltori tedeschi. Tastierista sadomaso che suona su un'altalena, cantante a metà tra orafo ebreo e borgomastro del villaggio, gli altri sono tre capelloni tedeschi standard. Folla in visibilio per il cantato in lingua madre e le boiate continue della band, che tra frustate al pubblico, balzi in alto da Trials Olimpici, riff squadrati made in Gemany come neanche i crauti, ritmiche marziali in stile Norimberga 1935 e inserti di flauti/violini, infila uno show incomprensibile per un italiano ma imprescindibile per ogni vero prussiano.

ONSLAUGHT.
Ciao ciao.

lunedì 13 maggio 2013

novellogiampieropensiero/in difesa di...




In fondo, vogliamo solo certezze. Il problema è che non ne abbiamo. Possiamo convincerci fino alla cecità che esse esistano, ma in ultima analisi si tratta solo di autoinganni.

L'Ingannatore quindi non vuole distruggere la realtà oggettiva, qualora mai ce ne sia una: anche se lo facesse, nessuno percepirebbe questo atto. Siamo tutti chiusi nella nostra soggettività, che ci porta a considerare solo ciò che riteniamo arbitrariamente importante (o inutile).

L'Ingannatore distrugge e ricrea le realtà dei singoli soggetti.

In un certo senso la sua è una funzione positiva, perché ci mette di fronte all'assoluta inconsistenza della nostra versione della realtà.

Molte religioni lo considerano un potere negativo, ma si può anche comprendere: le religioni hanno la pretesa dell'oggettività, chiunque la metta in dubbio viene etichettato come “infedele”, “eretico” o appunto “ingannatore”.

A questo punto viene da chiedersi se il nome Ingannatore sia appropriato... personalmente non credo, l'accezione negativa è fuori luogo. Se Egli è colui che induce a cambiare prospettive, a modificare il corso della Storia con la sua azione caotica e imprevedibile, allora Egli non è una forza esterna e negativa, ma l'esistenza stessa, informe e incessante nel suo mutamento. 

Nella misura in cui ci costringe a demolire le nostre convinzioni e a rivedere di continuo la nostra prospettiva, l'Ingannatore ci insegna a vivere. E in un certo senso a ridere della stessa vita che crediamo di aver compreso, almeno finché Egli non incrocia la nostra strada.

Dedicato coloro che, nel loro essere così diversi da me e tra loro, trascinano la realtà un po' dove vogliono.

sabato 11 maggio 2013

In sintesi, aprile... versione politicamente corretta




Ho fatto cose alla rinfusa, magari anche più interessanti, ma chi ci tiene a conoscere le difficoltà didattiche scatenate dall'analfabetismo di ritorno? Ecco qualche spicciolo, piuttosto.

Lordi domina al New Age.
Che il Dio del Metal benedica gruppi così: caciaroni, fumettosi, pirotecnici e sbilenchi. Lordi ha i ritornelli dei party anni '80, ha i costumi horror da zozzone (ma fatti benissimo), diverte sempre e ultimamente è anche raddoppiato il girovita. Non c'è tecnica, non ci sono ideologie, c'è solo lo show. In alternativa, ci si può sempre intristire davanti alla tv. Musica che non ha futuro e non le serve, perché i fans vivono solo nel presente credendo di essere nel passato: Einstein, beccati una pacca sulla spalla.

Bologna.
  • Pantaloni a zampa come se piovesse, ormai credo di essere l'unico in Italia a portarli e quindi nelle bancarelle li tengono solo per me. È la fine, ho fatto scorta e spero che non vengano messi fuorilegge dal nuovo governo.
  • Si mangia da paura, ma questa volta sono rimasto sul panino con la mortadella, preso in una bottega del centro che, solo per l'allestimento, costa più dell'aeroporto di Treviso. Invece pochissimi soldi, panino da buttarsi per terra in piazza e rotolare tra i punkabbestia, digeribilità in circa 6 ore e mi sono pure fregato dei ciccioli.
  • La cadenza dei bolognesi fa spaccare dal ridere, anche quando litigano. Soprattutto se sono dei cinesi con cadenza bolognese e litigano per una questione di inchini non concessi a un anziano durante una cerimonia.
  • Il treno Italo è veloce ed efficiente, come dovrebbero essere tutti i treni. Invece sembra speciale, perché è normale.
  • Un cane osserva annoiato mentre il padrone punkabbestia piscia per strada. A me, che sono un provinciale, sembrava un curioso rovesciamento di ruoli, ma il cane sosteneva che era doveroso tenere d'occhio il proprio accompagnatore.

Gente che corre in Restera.
La Restera, in questa stagione, è puro avanspettacolo. Decine di trevisani, terrorizzati dalla prova costume dopo un inverno di prosecchi e passeggiate in SUV, decidono di “tornare in forma” (come se ci fosse stata un'epoca aurea della loro vita in cui erano in forma e poi il mondo li ha puniti). Corse sbilenche da degenza in ortopedia, sudate da dromedario dopo 300 m, muggiti agonizzanti, sfilate di moda per esibire i completi trendy (e quindi non ci puoi sudare dentro), passeggiate con racchette per sognare la Marmolada. Poi ci sono i professionisti, che corrono in gruppo a velocità da gara chiacchierando serenamente tra loro e vorresti che cadessero in acqua (io che se parlo mentre corro sputo un pezzo di polmone...). Oppure quelli che sono già a regime quando tu inizi, ti superano tre volte, ti schivano alla quarta mentre stai facendo stretching e sono ancora là quando chiudi i balconi per andare a letto. C'è anche chi si siede sulle panchine e legge “L'Essere e il Nulla” di Sartre, perché se ti porti “Harry Potter” magari la gente pensa che sei un poveraccio. E poi ci sono io, che vi guardo tutti.

Spiaggia.
Sgomento quando il 1 maggio ho trovato la spiaggia di Jesolo piena di gente, ma nessuno con tatuaggi. Non ero nemmeno finito in mezzo a una gita dell'ospizio, era tutta gente giovane. Poi mi sono spostato di 20 metri verso la Capannina e sono tornate le sicurezze: tribali, stelline, numeri romani, nomi a caso, farfalline, depilazioni complete e costumi stretch con calzino arrotolato nel pacco. Nella vita qualche certezza deve pur rimanere.
Sono pure finito a prendere in sole in mezzo a un coro di ragazze adolescenti svedesi che intonavano canti popolari scandinavi. E poi ho sognato me stesso che prendevo il sole in mezzo a un coro di ragazze adolescenti svedesi che intonavano canti popolari scandinavi. Poi mi hanno svegliato perché sbavavo.
E al ritorno ho evitato il traffico correndo su un marciapiede, ma rischiando di tamponare due marinai appiedati.


martedì 2 aprile 2013

Mosca-Pederobba, il precariato del Rock



Addiction for Destruction
31 aprile 2013
Old Saloon (Pederobba – TV)

Sera di Pasqua, alle 21.45 la famiglia distrutta dal cibo abbandona casa mia. Alle 21.47 sono in pigiama. Alle 21.48 squilla il telefono: “Come sei messo a disagio? Concerto di band hard rock russa a Pederobba. La cosa più poser dell'anno”. “Tra un'ora sono là”.
Perché ad andare ai concerti di massa son capaci tutti, basta omologarsi. Ma quando mai le leggende sono nate negli stadi e nei palazzetti? Lì si sono consolidate, certo, ma si creano negli scantinati, nei casolari abbandonati, nei bar puzzolenti, nei cessi degli autogrill. Qui si parla di una band di Mosca che suona a Pederobba, luogo celeberrimo per i marroni e per il disagio alcolico (oltre che per aver generato il 30% della mia famiglia e aver segnato la mia infanzia con docce gelate e serpenti nel letto).

Locale Metal/Biker, biliardo, birra, poster di ogni singola band delle province TV-BL (più MetallicaIronMaidenACDC). Palco alto 8 cm con bancone a fianco perché mal che vada ci si alcolizza suonando. Acustica incredibilmente decente. Avventori in divisa d'ordinanza, più qualche tuta da ginnastica in stile Vendemmia 1982 che i russi avranno apprezzato come gioello della moda italiana.

Band d'apertura i Desecrators, death metal, penso della zona a giudicare dal numero di amici sotto il palco. Nulla da dire, hanno amici troppo alti e non sono riuscito a vedere niente perché dopo pranzo/cena pasquali avevo perso 12 cm. Violenza assassina totalmente fuori contesto con la band headliner, ma a modo loro vittoriosi.

Mentre discetto di psicologia della disperazione, tre eventi minacciano la serata:
  1. palla da biliardo che mi manca l'orecchio per un soffio;
  2. molesto indigeno esaltato che ci prova con la V a 30 cm da me e poi spiega che in fondo mi sta facendo un favore;
  3. morosi tossici che in bagno argomentano se sia il caso di farsi subito o aspettare che faccia effetto quello che hanno preso poc'anzi (questa è capitata a Walter, che in quanto pordenonese è avezzo a gestire il disagio).
Situazione stabilizzata dall'avvento dei russi Addiction for Destruction sul palco.
Prima di tutto, hanno una bandiera da sfondo palco che va bene per il Palaverde. Look perfino dignitoso per il bassista e il cantante, il chitarrista è una vergogna ma diciamolo sottovoce perché sicuro che di lavoro fa il sicario, il batterista ha il tatuaggio sobrio su tutto il petto e fa molto Tommy Lee nelle intenzioni. Caso anormale, i russi non bevono prima dello show (i loro amari li ho bevuti io, ditemi quanto fa in rubli che vi faccio un bonifico o vi mando dei collant) e già qui capisci che si giocano il futuro: vuoi mettere fare un tour italiano ogni anno, magari girando posti ganzi come Pederobba, Tarcento, Villa del Conte, Grantorto, Fontanafredda?

La prestazione.
Sbirro cattivo. Questi copiano già dal nome, quindi poche illusioni. Inoltre basso/chitarra sono suonati con la perizia di un carpentiere e il batterista opta scellerato per “battere” invece che per “andare a tempo”, scatenando situazioni ritmiche inedite che il resto della band risolve schitarrando a caso come un'orchestra da centro sociale. Un paio di cover da intenditori (e tra il pubblico di intenditori ce n'erano 3) eseguite da dopolavoristi, poco altro da segnalare.
Sbirro buono. Aggrediscono il palco come se fosse la loro chance di abbandonare una vita di stenti per iniziare un futuro dorato a Pederobba. Energia a pacchi, mossette da guitar hero del sicario che non ha paura di osare e batterista sudato come un ratto sin dal mattino. Cantante minorenne con voce viziosa perfetta per il genere, depilato il giusto e magro come un cocainomane, anche se con un debito in inglese che spero riesca a sistemare durante i corsi di recupero di questa estate. Pubblico travolto dall'attitudine di questi 4, che veramente sembrano convinti di poter sfondare in qualche modo ed essendo il mondo nulla più che una nostra rappresentazione (cit. Schopenhauer) non c'è dubbio che qualcosa succederà.
Insomma, non hanno le canzoni, ma sono talmente convinti che dal vivo ti sembrano anche una band seria e quindi vai a comprarti la T-Shirt, fatta bene ma con spalle strette e panza larga perché il rocker russo pare molto molto simile al rocker tedesco. Ganzissima la maglia del tour, con mezze date tedesche ancora da fissare e l'accostamento shock “April 31st , Pederobba – May 12th, Tokyo”.

Pubblico entusiasta e sopra le righe a prescindere, vari tentativi di invasione di palco, danze popolari in prima fila. Esaltazione e disagio a braccetto per una Pasqua in cui non so mica se il Rock ha vinto, ma come sempre chi c'era ha un'altra delirante leggenda da raccontare. Gli altri possono sempre raccontare cosa hanno visto in tv.

lunedì 25 marzo 2013

JETTBLACK, cose che voi non potrete...





JETTBLACK + ROXIN' PALACE
23 marzo 2013
Interstate Studio 270, Tricesimo (UD)

Siamo i Jettblack: new sensation dell'Hard Rock, abbiamo prodotto due album clamore, almeno 3 su 4 di noi non sono brutti pur essendo inglesi, dal vivo sappiamo fare uno show incendiario... arriviamo in Italia per un tour di tre date e il sabato sera ci piazzano in un locale veramente ganzo con suoni da paura... biglietto popolarissimo anti-crisi a 5 euro perché ormai gli italiani sono tutti pezzentoni...

MA

l'Interstate Studio 270 è a Tricesimo (sperduta provincia friulana) ed è talmente nascosto che senza l'ausilio di indigeni locali è impossibile da trovare (quartiere residenziale, strada laterale di una strada laterale, zero insegne... neanche la Carboneria curava così la segretezza)

E

il signore Iddio, nella sua imperscrutabile volontà, ha voluto rendere l'impresa ancora più epica mandando su tutta Italia (ma a Tricesimo con particolare perfidia) una tempesta da Mare del Nord, una di quelle cose che mandavano Schelling in onanismo romantico

QUINDI

35 paganti, ma talmente motivati e disperati che i Jettblack hanno abbondantemente spaccato col merchandising. Tutti han comprato qualcosa, mentre il promoter ha lanciato a destra e a manca le spillette della band (reperto preziosissimo, visto che i Jettblack non credo avranno voglia di fare un altro tour italiano nei bar davanti a 30 persone) e la band stessa ha acconsentito a farsi fotografare insieme ai rocker più impresentabili della zona.

Le Bandz.
ROXXIN' PALACE. Nuova band di alcune canaglie della scena Rock/Metal locale, gente che si vede sempre ai concerti e che non si risparmia MAI nei tentativi di rimorchio selvaggio e mirato (con l'età si punta alla qualità). Prestazione da posers navigati, attitudine-Budokan (“suonare come se avessi davanti 14mila giapponesi esagitati”), riff cromati e cori virili. Canzoni non sempre perfette, ma quando azzeccano il ritornello... Cantante giovane e già in sospetto di SERT, ma bravo bravo: certo, look rivedibile (il cappotto da stalker va abolito) e movimenti sul palco piuttosto impacciati (obbligatorie svariate giornate davanti allo specchio per provare le mossette), ma risolti questi avremo un frontman. Ora servirebbe un tour di 50 date nelle bocciofile del Vecchio Continente, e almeno un arresto a qualche frontiera.

JETTBLACK. Solo per il look, vincono già durante l'intro. Cantante/chitarrista ricciolone strillone guitar-hero, cantante/chitarrista adolescente con dentatura perfetta e sguardo strappamutande, bassista punk londinese fuori contesto totale e 3 note suonate in tutto lo show ma leader nelle smorfie, batterista tatuato in fretta giusto giusto per il tour italiano. Ma che volete di più?! Le canzoni? Perfette. Lo show? Altissimo voltaggio. I suoni? Eccelsi (me se ti preoccupi di suoni ed esecuzione in un concerto così selvatico, sei una merda). Alla fine hanno anche firmato le tette a una ragazza... cose che neanche nel 1985... e poi sono inglesi, gli dai da mangiare qualche porcata italiana (tanto son abituati a ingerire fango) e gli fai vedere qualche donna locale (visti i goblin femmina che vivono nella perfida Albione) e loro vanno fuori con le carte. Altro che musei e monumenti, puntiamo tutto su cibo&donne e siamo belli che fuori dalla crisi. Vista l'affluenza, sicuro che i Jettblack in Italia ci torneranno solo da turisti.

Vittoria, ennesima vittoria del Rock. Anzi, stavolta anche meglio perché chi c'era avrà una storia leggendaria da raccontare e chi non c'era, come sempre, invecchierà triste.

martedì 5 marzo 2013

H.P. Overload + Royal Rumble... sudore & amore



Tutto accade il 2 marzo 2013, al Long Island, ma forse no.

Cosa rende un concerto "riuscito"?

Affluenza. Se arriva un pacco di gente, le band hanno vinto. E stasera è stata vittoria. Certo, il Long Island ha un palco sufficiente al massimo per Jerry Calà e la sua pianola, inoltre la sala si riempie già se due famiglie decidono di cenarci... figurarsi che accade quando si presenta un centinaio abbondante di gentaglia ingombrante (pure un team di Krav Maga, coll'istruttore grosso e gli allievi denutriti). Livello di impresentabilità altissimo, come sul palco così giù dal palco.

Performance. Se le band suonano bene, a prescindere dal numero di spettatori, hanno vinto. Stasera è stata vittoria. Certo, non stiamo parlando dei Rush né dei Kiss, ma di onesta manovalanza del Roccherrolle Hevvimetal che fa zero metafisica e molto pestaggio. Sugli scudi i batteristi, sopra le righe perché il locale è inopinatamente rigonfio di ragazzine minorenni e non capiterà mai più di farsi notare da delle donne in un concerto (notoriamente i concerti radunano ominidi pelosi maschi e le loro controparti femminili). I chitarristi (a prescindere dalla band) sono sempre più affetti dalla sindrome di Asperger (cercare in Rete). I bassisti (a prescindere dalla band) suonano solo per i batteristi e le morose. I cantanti delle due band hanno pianificato il look accuratamente: uno chiomato e tatuato con maglietta, uno grosso e tatuato senza maglietta... comune denominatore, quindi, i tatuaggi e il Sudore Niagara.

Risposta del pubblico. Se c'è tanta gente, ma partecipa con l'entusiasmo di un professore il lunedì mattina... Stavolta il pubblico invece si è ricordato che assiste a un concerto e non a un film. Ovvio, l'alcol trasforma ogni pezzo in un capolavoro e quindi pare di assistere a uno show dei Judas Priest, ma anche è importante bloccare la gente davanti al palco: obiettivo raggiunto. Le sigarette, invece, sono nemiche del Rock perché portano la gente all'esterno e non la fanno rientrare mai più; il vero Rocker resiste fino alla fine e poi s'ammazza.

Incassi del locale. Non c'è il biglietto all'ingresso, ergo si guarda l'incasso del bar. Grazie ai bivacchi permanenti davanti alle spine e alla costanza invidiabile di parecchi alcolisti terminali presenti (non necessariamente interessati alla musica), il bar ha stravinto. Di certo non ha vinto la strada di fronte, che ha accolto i bisognini di quelli che non hanno capito dove fosse il bagno del locale e di quelli che l'hanno capito ma hanno voluto provare l'emozione di sventolare il batacchio in pubblico.

Merchandising venduto. C'è crisi, la gente non spende, Equitalia è in agguato, la Grecia è all'orizzonte... Le band, lungimiranti e brillantemente disorganizzate, evitano di proporre l'acquisto di CD, magliette, toppe e chincaglieria varia: semplicemente non hanno niente da vendere e preferiscono concentrarsi sullo shopping post-concerto (prevalentemente birra e grassi saturi).

Promiscuità private. Nessuno capisce dove sono i bagni, quindi niente attività segrete.

Promiscuità pubbliche. Peni sventolati in strada, ubriachezza molesta (un gran classico, home sweet home), minorenni che si comportano da minorenni e maggiorenni che rischiano la galera... più altro che rivelerò solo dietro compenso.

Conclusioni. Di questo report si lamenteranno solo le due band, visto che non si parla di musica. Ma la musica è una cosa seria e la lasciamo alle persone serie. Concerto riuscito, ohibò!

domenica 10 febbraio 2013

THE 69 EYES



THE 69 EYES + Noise Pollution
9 febbraio 2013
New Age (Treviso)

INTRO.
Tutto quello che è scritto è falso. Mi sono inventato nomi, luoghi, ogni cosa. Non c'è traccia di verità in queste parole. Se vi riconoscete in quello che scrivo, mi dovete soldi perché vi ho inventati io.

LA MUSICA.
Iniziano i Noise Pollution, motivati ma con cantante (incrocio tra un giovane Alice Copper e un vecchio Taime Downe) davvero poco in palla. Cori ganzi, comunque. E tatuaggi standard che devi avere sennò non puoi suonare. Alla fine, mi sono sembrati il solito gruppo hard rock italiano (con furti ai soliti Crue, Skid Row, ecc.), ma in effetti il New Age è impietoso coi suoni della band di spalla.
The 69 Eyes da Helsinki sono cinque ultraquarantenni che suonano gothic rock. La formula consiste in canzonette tenebrose con un po' di verve rockeggiante e testi da “Decadenza For Dummies”. Dal vivo sono bravi anzichenò, ma a parlare bene la gente si annoia, quindi via col ridicolo.
Il cantante Jyrki dieci anni e venti kg fa era a suo modo un figo, resta oggi parecchio carismatico ma, mettiamocela via, non è un cantante. Parla durante le strofe e i ritornelli son tutti sulle spalle di bassista e chitarrista (o del playback). Il giubbotto in pelle che usa da inizio tour puzza più dei cessi del locale, ma questo non fermerà le gothic girls alla ricerca di emozioni post concerto. Un paio di ancheggiate in stile Elvis 1973, giusto per rovinare il sonno dei non fans. Occhiali da sole obbligatori, girovita da benessere raggiunto.
I chitarristi son bravetti ma sconnessi. Uno è black metal, ma è anche in overdose da pizza. L'altro vira pericolosamente sul rockabilly. Suonano quello che gli viene imposto, del resto devono portare a casa i soldi per i panini con la renna. Il rockabilly ha il volto tirato e impietrito tipo Christopher Walken, non vedo come possa trovare l'amore stasera.
Il bassista Archzie domina a lato palco: occhiali da sole, cappuccio della felpa tirato in testa, una plettrata ogni 10 minuti, applauso finale dedicato a se stesso e via in tour bus a morire di vecchiaia.
Il batterista Jussi arriva sul palco sudato come una nutria e nervoso come un caimano. Del resto, se tiri su col naso mezzo Perù i risultati sono: fisico composto solo di fasce nervose, tendenza a saltellare sul posto anche durante le canzoni, roteate continue di bacchette, ingestione casuale di liquidi che passano vicino alla batteria. Uno spettacolo, comunque. Ovvio che sia quello con più possibilità di concludere, bisogna vedere come gestisce la fase di down.
In 90 minuti di show io ho sentito due variazioni: canzoni gothic rock e ballate gothic rock. In sostanza, sono gli AC/DC del gothic rock, ma aggiungono la variante della ballad che è da martellamento selvaggio del pene. Ripetere per 90 minuti ed ecco il loro concerto. In sostanza, se ti piacciono sei a cavallo, se non ti piacciono guardi il pubblico e l'ambiente.

IL RESTO.
Serve una colletta per comprare qualche lampadina al New Age. Nel corso degli anni si sono fulminate tutte e la strada per l'Eurobrico deve essere troppo complicata, quindi il locale è immerso nelle tenebre costanti. La cosa permette anche al bar di servire bevande che hanno tutte lo stesso sapore, perché non si capisce cosa siano: di solito la birra non ha ghiaccio e le altre cose sì, ma tanto non si vede una mazza e sa tutto da Red Bull. Dannati geniacci del marketing stile Wanna Marchi.
I dark presenti tra il pubblico sono come le infermiere di Silent Hill, che si muovono se le illumini: loro, se sentono gli accordi in stile “Rain” dei Cult si dimenano come da clichè, poi la canzoni parte e si bloccano. Ripetere per 90 minuti ed ecco il loro concerto.
Un noto facinoroso mi ha spiegato che il Berlusca ha una pompetta sul pene per indurre l'erezione. Ha anche detto che non ci dorme la notte (il facinoroso, non Berlusconi, che dorme alla grande a quanto pare).
Headliner assoluto il pedofilo sandonatese, uno che si muove da casa (dove vive con 11 gatti e il cadavere di sua mamma in frigo) solo quando legge “gothic” perché ci sono sempre ragazzine in giarrettiere. Sceglie, in una serata legata al tema dell'oscurità, il seguente look: scarpe da ginnastica bianche enormi, jeans chiari sformati annata 1994, impermeabile “Ispettore Gadget” bianco, capelli lunghi zozzi, occhiali Rayban da vista. Nei locali di solito si ferma davanti al bagno con la mano nella patta, ma nelle tenebre del New Age non trova i wc e quindi si lancia in pista in terza fila, appoggiando il bacino a chiunque si trovi davanti (uomi e donne). Sotto l'impermeabile era ovviamente nudo.
Nel parcheggio, il disagio resta oltre i livelli di guardia. Un grosso e brizzolato clone del cantante dei Sabaton scambiava fumetti da collezione con un noto cassintegrato del rock (tipo “Il batterista nudo”). Per loro era il vero evento della serata. Esistono foto. A due metri, una donna urla frasi incoerenti su camere invase da giocattoli, tatuaggi maori a Portogruaro, Samsung vs Apple...
La gente va ai concerti per tutto, eccetto la musica. Il rock è morto, mi dispiace per voi che vi siete persi il funerale e anche la messa di commemorazione. Tra qualche anno ci faranno un film, sul rock di questi anni: un film di sole comparse, senza protagonisti.

Ho chiuso in tristezza, ma tanto è tutto falso.

lunedì 7 gennaio 2013

Natale!




Solo le cose irrilevanti...

Ho ricevuto calzini e mutande a sufficienza per poterli cambiare ogni 3 o 4 giorni. E un videogioco, con cui mi riempio 45 minuti totali nei prossimi 2 anni.

Show di Jorn Lande. A voce è il meglio, può cantare anche senza microfono. È grosso come un cinghiale e ha la mobilità della Torre Eiffel. La band di supporto esteticamente fa schifo, quattro norvegesi che di certo in patria suonano con una decina di band di black metal. Un set di canzoni copiate da Rainbow-Dio-BlackSabbath. Batterista 60enne max 42 kg con i capelli di Gollum, vita devastata dall'alcol e dal tabacco. Groupies zero di zero, nessuna donna si vuole concedere a Jorn e ai suoi musicanti: Jorn ripiega su pizza e birra, gli altri vanno a letto, il locale chiude alle 23.30.

Mi hanno montato i bagni. L'idraulico titolare ha sempre gli occhi chiusi, parla come se avesse un ictus e urla direttive allo stagista, il quale avrà 30 anni ma ne dimostra 49, è sordo e cerca disperatamente di non fare nulla sostenendo che “No se pol!”. Ha sostenuto anche che “No se pol!” montare un water nel mio bagno. Lo stagista ha poi dimenticato su un divano il suo berretto pieno di forfora e dal profumo di cicca marcia: divano ormai indisponibile, giacchè nessuno ha il coraggio di togliere il berretto.

Santo Stefano da martirio, ma lo faccio per amore. La suocera di solito cucina per 2 giorni quando sono ospite, ma tavolta ha anche fatto la cena di prova qualche giorno prima (massacrando qualche ignaro parrocchiano). Cinque (5!) antipasti di pesce, “solo” un primo (ma dal peso di 2 kg), 6 portate di carne (più una dimenticata, nel senso che non si ricordava di averla fatta e me l'ha rifilata verso le 16.30), verdure a vanvera cotte preferibilmente nel grasso della carne, dolci (di quelli colorati, che fanno male e tolgono anni di vita), caffé, ananas, bagigi e carrube, panettoni/pandori, torrone, cioccolatini, vino dolce con la carne e prosecco a caso tra una portata e l'altra. Seduto alle ore 12.30, alzato alle 18 perché avevo un'altra cena. Risvegliato il giorno dopo, avevo 53 anni.

lunedì 19 novembre 2012

Seguito di "Stesso titolo del post precedente"



Piano superiore.

Scale. A chiocciola, in legno (da ricchi... così, per tirarcela), con corrimano in Metallo (Heavy) lungo il muro e nessuna protezione sull'altro lato: un salto nel vuoto che può arrivare ai 3 metri se precipiti dal punto più alto. Sono 30 anni che si parla di renderle sicure, ma abbiamo sempre rimandato perché preferiamo spendere in proteine.
Salotto senza senso. Area di passaggio illuminata da una finestra stretta come un filo interdentale: un tempo zona tv, ora ha una libreria traboccante. Caso da X-files: divano che da esattamente 14 mesi ospita abiti femminili e sacchetti di creme da corpo. Ho deciso di nobilitare il tutto spostandoci la mia collezione di CD: ora ci si possono ricevere le teste coronate, le quali sarebbero comunque obbligate a inchinarsi ai Capolavori.
Corridoio con armadi. Funzione: permettere l'accesso a bagno e camera da letto, raccogliere polvere, aumentare la superficie calpestabile.
Bagno blu. Ex Regno indiscusso del Padrone di Casa, attualmente è l'unico bagno completamente agibile della magione e quindi invaso da una delirio di prodotti per l'igiene del corpo il cui senso è oscuro tanto quanto una discussione tra Hegel e Fichte. C'è il water e questo mi basta. Pavimento blu con inserzione “pugno nell'occhio” bianca per ricordarci che non bisogna mai lasciare piena autonomia agli artigiani.
Camera da letto degradata a magazzino. Inspiegabilmente, la stanza più calda della casa: d'estate, colonia penale per le zanzari più criminale del Triveneto. Ospita roba a caso dei precedenti inquilini: amplificatori e chitarre, fumetti giapponesi, spade, console dell'anteguerra, strumenti di tortura sessuale, piante morte, abiti da dandy.
Camera matrimoniale. Un anno fa una bomba è esplosa in questa stanza, scagliando abiti femminili ovunque. Lampadario, porte, cassetti, maniglie, termosifoni; pavimento completamente ricoperto, al punto che non sappiamo ancora di che materiale era in origine. Letto a due piazze di una comodità commovente, col piumino anche in estate perché le donne hanno freddo come condizione esistenziale, 32 cuscini per evitare ogni forma di contatto, testiera in Metallo (Heavy) per sognare ogni notte il “Fuel for Life Tour 1986 (Judas Priest, che ve lo dic'affà?!)”. Sotto il letto: gattara deluxe.
Bagno padronale. Rosa. Inagibile.
Camera del Vero Uomo. Impianti HI-FI da lacrime e applausi a scena aperta, in grado di ipnotizzarmi per ore e (nei casi più eclatanti) di farmi schiantare per terra o volare fuori dalla finestra. Letto con cinghie da manicomio per impedirmi auto-mutilarmi durante l'ascolto dei Capolavori. PC per giocare, utilizzato un paio di pomeriggi a trimestre con videogiochi del 2004 perché la scheda grafica è da pezzenti. Modem wi-fi che entra in sciopero dalle 18:00 fino alle 5:00. Armadio con tutti i miei vestiti dall'età di 13 anni a oggi, per ricordarmi quanto facevo schifo all'epoca e quanto ganzo sono ora. Mensole con libri impegnati, così i ladri capiscono che stanno rapinando uno che ne sa a pacchi.
Terrazzo. Chiuso ermeticamente per mantenere microclima da palude della Louisiana. Potere magico: gli abiti stesi all'interno restano umidi per 2 mesi.

Stanza bonus. Mansarda accessibile solo se sei l'Uomo Ragno. Deposito di decorazioni natalizie e di attrezzatura sciistiche “Vacanze di Natale '84”. Roba forte, tra 31 anni me la rivendo a Jerry Calà.

giovedì 15 novembre 2012

Le titaniche delizie della convivenza: il luogo del delitto



Trasferito nella casa nuova (o vecchia, visto che ci ho abitato per 30 anni prima di venire rapito) da un anno, posso dire che il trasloco non è ancora finito.

Situazione partendo dall'esterno:
  • Cancellata d'ingresso (un tempo) dignitosa. Qualche anno fa il precedente proprietario, non avendo mai visto “RocknRolla”, non sapeva che i drogati sono inaffidabili e ne ha assunto uno per ridipingere: dopo 2 ore di lavoro in 5 giorni, il tossico è sparito, fregandosi un sottovaso ma lasciando tutti i suoi strumenti di lavoro.
  • Giardino dignitoso, con parte erbosa tramutata in pozza di fango durante l'inverno. Una famiglia di piccioni ha fatto il nido su un albero e sgancia guano a ripetizione sul vialetto nuovo: rappresaglie inutili, come pure gli inviti a cambiare dieta.
  • Muro esterno: scrostato in stile ospizio dei poveri, in attesa di essere ridipinto quando qualcuno vincerà al Bingo.
  • Tetto intoccato da 30 anni, l'antenna si è piegata di sua volontà per impedirmi di ricevere i canali RAI. Si vive lo stesso.

Piano terra:
  • Infissi nuovi di zecca: dopo un mese dal montaggio, i ladri mi hanno sfondato una finestra. Poi la ditta è fallita. Attendo ulteriori conseguenze.
  • Taverna in stile tirolese adibita a magazzino di cose non mie, oltre che a settimanali riunioni del club dei morti di fame. Micro-cantina con umidità caraibica, i generi alimentari marciscono nel giro di 8 minuti.
  • Ingresso piccolo, che diventa minuscolo quando torno dalla palestra e sono largo il doppio.
  • Salotto di forma non-euclidea con caminetto trasformato in divano (garantisce macchie sul sedere per l'eternità) e tavolino trasparente spacca-stinchi (siamo già a 3 vittime in meno di mese). Abbiamo anche la libreria raccogli-polvere e un villaggio di ragni in espansione demografica. Ci sono pure le scale, ma sono una leggenda che merita uno spazio adeguato nel prossimo post.
  • Cucina in due zone: sala pranzo con tavolo apparecchiato 24/7 e frigo titanico per contenere proteine e birra; cucina da accampamento Giovani Marmotte, con forno rotto da 1 anno, piano cottura ad accensione casuale, lavastoglie classe di consumo Y (tipo un reattore nucleare).
  • Lavanderia occupata al 90% da cumuli di biancheria in attesa del proprio turno di lavaggio: tempistiche da pubblica sanità.
  • Bagno minuscolo con lavandino sproporzionato (ti puoi lavare i denti seduto sul water). Doccia utilizzata come stendino e magazzino per il mocio, giusto per evitare lo stato di abbandono.
  • Veranda esterna in plasticona con tettoia in vetraccio, frutto di un miserevole compromesso tra la voglia di avere una struttura del genere e una disponibilità economica messa (all'epoca) a dura prova dall'acquisto di un'assurda multiproprietà in montagna.

Piano superiore prossimamente!