sabato 22 novembre 2014

Accetto le critiche e scrivo la recensione timorosa



HARDCORE SUPERSTAR + SEVENTH VEIL
19 novembre 2014
Gran Teatro Geox (PD)

Hardcore Superstar in grande spolvero, che snocciolano tutte le loro hits, compreso il nuovo singolo “Glue”, fino all'anthem “We Don't Celebrate Sundays” e la sempre fresca “Liberation”. Suoni di chitarra altalenanti, ma la verve è delle migliori e i nostri portano a casa l'ennesima prestazione da primi della classe. Pubblico entusiasta e colorato. Bella serata.

Ha senso una recensione così? Che potete leggere ovunque, che dice quello che dicono tutti e che mi ha fatto salire la mestizia mentre la scrivevo?
Per carità...

Ecco le cose serie.

Il Gran Teatro Geox, essendo a Padova, è irraggiungibile per principio. Eppure, dopo tangenziali contromano e salti del guard-rail, si arriva. Da fuori sembra l'ingresso dell'Aqualandia, ma con più stand per la birra.
Si teme la desolazione sotto il palco, visto che il Teatro è spazioso, siamo mercoledì sera e gli HCSS fanno le solite 32 date italiane. Ma gli organizzatori risolvono facendo suonare la band nella zona d'ingresso e sembra di essere nell'androne di un multisala. Il palco è sul lato corto, stretto tra le due pareti: insomma, ho visto gli HCSS suonare in un corridoio con la moquette e il soffitto da cattedrale.
Il bar interno è gestito da camerieri trendy, molto veloci ed efficienti nell'interazione con i molteplici casi umani. In effetti non c'è stata gran varietà nelle richieste, che andavano dalla birra a qualche amaro per ritornare alla birra e spesso fermarsi là. A un certo punto si spacca anche la cassa, ma l'orda di assetati non accetta ritardi e si va avanti senza, come fossimo in un mercato birmano.
Menzione d'onore per i bagni, lussuosi e pacchiani come quelli dei casinò sloveni (luoghi di perdizione che da anni mi riducono a mangiare pane e carote per mesi).

Pubblico variegato e pittoresco, ma che si risolve nella formula “HCSS attirano => femmine che attirano => maschi” (a rimorchio o speranzosi di sollazzarsi con gli avanzi degli svedesi). Come sempre i concerti sono l'occasione per sfoggiare l'abbigliamento da mail-order o le pacchianate comprate in gita a Camden di nascosto dalla mamma (noto che spaccano gli spandex, utili anche per interpretare il cicisbeo a Carnevale). Cotonature in calo, del resto gli HCSS non le usano e quindi il pubblico femminile non le apprezza... noto invece che le parrucche non tramontano mai. Avvistati anche completini sadomaso da filmino amatoriale: roba vera, roba nostrana, non delicatezze patinate da porno americano!
Intermezzo satirico. Sbronza come solo a 17 anni si può essere, la ragazza s'accascia al bancone chiedendo una birra; la barista, impietosa e schiava del lucro, serve la bevanda; la giovane butta già il primo sorso e lo rigurgita dentro il bicchiere pieno a velocità decuplicata, creando un apprezzabile effetto eruzione dal suddetto bicchiere. Poi s'accascia nuovamente sul bancone in attesa di anni migliori.
Ah, le minorenni ai concerti degli HCSS... molte avranno passato il pomeriggio a studiare per il compito di matematica, poi hanno fatto i famosi lavaggi anticoncezionali con la Cocacola e, indossate le mutande e messo lo scotch sui capezzoli, via verso i manzi scandinavi!

E narriamo del bestiame svedese, dunque.
  • Jocke, il fisicatissimo e inarrestabile cantante, esibisce l'intramontabile tinta corvina e le bretelle. Le scommesse lo davano a petto nudo dopo 2, massimo 3 canzoni, ma qualcuno deve aver truccato il sistema e Jocke si tiene la maglietta fino alla fine dello show, provocando isterismi che ricordo di aver visto solo nei peggiori lap-dance.
  • Adde, il batterista che piace a quelle a cui non piace Jocke, è biondo e con la maglietta. Abituate a vederlo moro e senza maglietta, le minorenni rimangono spiazzate e lo scambiano per un giostraio.
  • Vic Zino, chitarrista tascabile capellone, viene spesso accusato di essere un metallaro che ha snaturato il sound della band, ma a me sembra solo uno che se la spassa alla grande sul palco, senza porsi i problemi che assillano molti fans.
  • Martin, il sempre più pachidermico bassista (quello che non tromba mai, ma voglio fortissimamente credere che abbia una donna a casa che lo ama tantissimo), mi lascia sempre il dubbio: parrucca o no? A inizio concerto ha una coperta di capelli che ti fa esclamare “Parrucca!” con la sicurezza di un coiffeur, ma a fine concerto ha la piazza e ti vengono i dubbi. Son problemi.
PS Noto che nelle recensioni degli HCSS ho l'abitudine di farlo spesso, l'elenco puntato dei musicisti. Evidentemente, anche a distanza di anni, è sempre necessario puntualizzare quanti capelli abbiano e quanto sudino i singoli membri della band. Giusto per rendersi conto che il tempo è circolare e che assistere a uno show degli HCSS nel 2009 o nel 2014 è la stessa cosa... cambia solo la moquette.

Impegnato nel bagarinaggio e nel gioco delle tre carte, mi sono perso il gruppo di spalla, i Seventh Veil. Spiacente ragazzi, ma aver suonato in un multisala dovrebbe già essere motivo di vanto.
Gli HCSS invece non mollano un secondo, riescono sempre a piazzare una dozzina di pezzi da urlo, fanno spettacolo dal primo minuto all'ultimo, non invecchiano mai e piacciono anche quando sono sudati come anguille.
Ci sono gli estremi per prenderli a schiaffi.

sabato 1 novembre 2014

Zucche, barboni e gonne da uomo




ELUVEITIE – ARKONA – SKALMOLD
31 ottobre 2014
New Age (Treviso)

Pagan metal per festeggiare Ognissanti (per chi vuol bene a Gesù), Samhain (per chi preferisce il tradizionalismo estremo) o Halloween (per chi guarda troppa televisione). Locale gremito da chi non è riuscito a prenotare a Lucca Comics e ripiega sul New Age. Paganesimo da serie tv con un pizzico di Dungeons & Dragons: trionfo di barbe incolte, kilt, grassi obesi contro magri anoressici, acne giovanile e scarsissima cura per le ascelle... se tiri un dado da 20 (terminologia da giochi di ruolo: chi sa, sa) in mezzo al pubblico, come minimo si ferma tutto, festa-musica-pogo-bevute. Sorprende la nutrita presenza femminile: ci sarà anche una spiegazione sociologica, ma chiedo l'aiuto dei lettori.
Più carnevalata che celebrazione delle ancestrali tradizioni europee, ma alla fine è soprattutto musica e ci si diverte alla grandissima, con pubblico partecipe e band in gran forma, in una notte che da un capannone della Val Padana ci proietta verso oscure lande del Nord (anche se pure da noi ci son tradizioni immense, ma quanti stasera conoscono la storia della strega Cheche? Questa ve la racconto solo di persona e a pagamento).

SKALMOLD
Gli islandesi hanno qualche problema di look, il batterista pesta a petto nudo con pitture di guerra (come uno dei chitarristi, che però sembra più un senzatetto), ma gli altri preferiscono lo stile “universitario nerd”. In ogni caso, hanno gli stessi abiti che sfoggiano nel DVD, il che porta a due conclusioni: o sono poveri o vogliono dare sicurezze allo spettatore. Ricordo altresì che il Manuale del Perfetto Vichingo prevede sul palco elmi e spadoni, non occhiali da Museo Guggenheim. Musicalmente ok e il meglio si sente nelle parti corali, mentre i suoni impastati non rendono la profondità degli arrangiamenti, ma è un problema di tutta la serata. Un plauso al bassista barbone, che scorrazza per il locale senza un perché e, quando avvicinato dai fan, si caga addosso di paura e diffidenza: o è tipico degli islandesi, oppure gli avranno detto che in Italia i Metallari son dediti al taccheggio.

ARKONA
Emersi da qualche foresta nel cuore della Russia, gli Arkona si presentano in abiti tradizionali del medioevo slavo e assaltano il locale col loro pagan metal + cornamuse e flauti suonati dal solito polistrumentista a cottimo che ogni band del genere deve portarsi dietro sennò il paganesimo va a farsi benedire. La cantante Masha è parecchio scarsa nelle voci pulite, ma compensa con un growl ferale e l'ormai leggendario pellicciotto delle Sorelle Ramonda, inoltre si agita come posseduta dallo spirito di Perun (grazie esami universitari di Storia dei Paesi Slavi). Gli altri membri sfoggiano delicati lineamenti da tagliagole: sarà che i russi mori con capelli e barbaccia sembrano sempre Rasputin (o dei preti ortodossi), ma incontrarli nei vicoli non è raccomandabile. Occhio che il bassista sembra il fratello brutto di Hell Hofer dei Bullet (il fratello chiuso in soffitta perché la famiglia si vergogna). Suoni difficili da decifrare: o senti le chitarre o senti gli strumenti folk, batteria e voce per forza ci devono essere, il basso come sempre non serve.

ELUVEITIE
Gli svizzeri sono ormai roba grossa: tour da headliner, riempiono i locali, possono anche permettersi di non indossare armature e di vestirsi un po' fighetti. Il cantante ha i rasta da punkabbestia, ma rispetto a qualche anno fa noto che s'è comprato le scarpe nuove (nel 2007 girava con le infradito rotte), il che denota un aumento degli introiti del gruppo. Ma qualcosa non torna: gli Eluveitie sono tutti magri... come la mettiamo con la tradizione pagan metal di avere almeno un obeso nella band? Male, malissimo. Suggerisco di licenziare almeno un chitarrista e provvedere a far ingrassare l'altro. Un po' troppo innocui, con tanto di donne minute e sorridenti che suonano violino e ghironda: più una cooperativa di menestrelli che un'orda barbarica.
Ogni tanto sembra infatti di essere alla Sagra dell'Emmental, soprattutto quando le chitarre spariscono (causa letargia del fonico) e si viene travolti da violini, tastiere, ghironde, pifferi-zufoli-flauti. Per fortuna c'è un troll alla batteria, che pesta come un Nibelungo e sfoggia una barbaccia paganissima. Gli Eluveitie, per loro fortuna, compongono gran bei pezzi, il pubblico è esaltatissimo e parecchio sbronzo. Momento-disagio quando il cantante richiede il wall of death e poi (causa chitarre a volume inesistente) parte con una marcetta degna dei Tre Porcellini, al punto che il wall of death si chiude con una lentezza da ospizio e il pogo s'interrompe in 4 secondi.
Sulle note della superhit “Inis Mona” si chiude lo show, col pubblico che ormai fa pattinaggio sul pavimento inondato da litri di birra e sudore. Poi parte la festa di Halloween per il pubblico più standard, ma preferisco allontanarmi nella notte col mio cocchio trainato da caproni.

I Ringraziamenti:
- a Lorenzo Vettorello di Notturno Metal, che con il sapiente uso di corruzione e rapimenti di familiari mi ha introdotto al New Age per stilare questo report;
- a Nicola Casarin, a causa del quale ho i Nibelunghi in testa da stamattina;
- a Alex Torchia, l'Oscar Wilde di Maerne;
- a tutti coloro che leggeranno il report e ci crederanno ;)

martedì 21 ottobre 2014

Notturno Metal vs Il Bivacco del Viandante



Annunciaziò annunciaziò!

È partita la mia collaborazione con la trasmissione radio Notturno Metal. Il biondissimo e munifico Lorenzo Vettorello (da 84 anni conduttore del programma) mi darà spazio ogni tanto in trasmissione, mi manderà a vedere qualche show così potrò fare il bullo col pass e promuoverà questo blog tramite i suoi canali (quindi presto ci saranno mie sagome di cartone all'IperLando e nelle migliori pizzerie del Veneziano).

Posso rassicurarvi...
ho intenzione di vendermi!
Quindi offritemi pure birre, soldi, donne, latifondi e titoli nobiliari. In cambio riceverete recensioni entusiastiche per ogni vostro prodotto, si tratti di musica o locali o esperimenti culinari o feste di compleanno. Ho la cultura e non ho paura di usarla. Si promuove tutto con prosopopea da poemi omerici o con l'agile linguaggio del marketing d'assalto. Accorrete numerosi a godere di nuova visibilità, gioite per l'effimera fama che posso donarvi ora che sono più importante del bidello della mia scuola!
Mi rendo disponibile anche a comparsate nei centri commerciali e nelle sagre di paese, ma gradirei essere pagato in anticipo, per avere poi il tempo di darmela a gambe.

A breve partirà il mio corso di Public Speaking intitolato “Gli strumenti della sconfitta”: 8 lezioni per apprendere come avere la peggio in ogni genere di disputa.
“Perché avere ragione, quando anche no?”
A richiesta, lezioni private in salotti altolocati (si ricorda di lasciare aperta la porta sul retro).

Notturno Metal va in onda nel palinsesto di Radio Gamma 5, leggendaria emittente che esordisce nel 1874 con letture integrali del “Capitale” di Marx e oggi promuove ballo liscio come se non ci fosse un domani. Poi fanno anche altre cose, ma le scopriremo col tempo.

domenica 21 settembre 2014

BAI BANG + RECKLESS




Padova sempre più versione italica di Kalimantan (città più inquinata dell'Indonesia), ma col bonus di una viabilità definitivamente incomprensibile. Per l'ennesima volta arrivo al Grindhouse seguendo una strada diversa e tutt'ora non ho ben chiaro in che regione mi trovassi.
Il locale è noto: grande come una scatola da scarpe, ben gestito e perfetto per concerti underground come questo, visto che con qualche decina di avventori si ha l'effetto tonnara. In più c'è la presenza fissa di ragazze immagine che smutandano e sculettano, attirando rockerz pronti a tutto pur di vedere un sedere: insomma, in qualche modo la gente arriva sempre, anche se spesso abbiamo il parcheggio in pieno fermento e il locale semivuoto.
Bar trascurabile per qualità (birra solo in bottiglia, parecchi superalcolici da stordimento), ma la chicca clamorosa dell'imitazione della RedBull made in Discount D+: la miglior scorciatoia per l'acidità di stomaco! Ma tanto si guarda solo l'ombelico della barista...

RECKLESS. Eroi locali: tutti gli avventori del bar del paese, tutti i membri della Pro Loco, tutti gli animatori dell'oratorio sono presenti per supportare i Reckless. Prestazione dinamitarda e mossette sincronizzate come se il Capodanno del 1988 non ci fosse mai stato e “Dirty Dancing” sbancasse al botteghino. Chiome da Antico Regime, spandex, fisici segaligni e zigomi acuminati, con contorno di Hard Metal ruffiano ma tagliente e corde vocali lancinanti strappate dalle gole di Blackie Lawless e Tom Keifer. Batterista una spanna sopra, poche storie. Promossi alla grande, urge però far colletta per mandarli in palestra a metter su qualche kg di brutali muscoloni da supermachos, perché il peso medio della band è decisamente troppo basso.

BAI BANG.
La band. Ladri certificati di riff e ritornelli, gli svedesi sanno suonare senza far troppo schifo. I loro CD sono divertenti, ma è chiaro a tutti che siamo perlomeno in serie B (zona retrocessione). Il più dignitoso è il batterista, che non rischia oltre il 4/4 standard, ma fa benissimo le tonalità alte nei cori salvando spesso la baracca (alla fine è l'unico con cui ho parlato, simpatico e puzzolente). Il chitarrista albino è quello più motivato, nel sesso post-show ci crede tantissimo e tempo 2 canzoni è già a petto nudo. Bassista cinquantenne con panza e tatuaggi da Hells Angels (gli under 25 leggano “Sons of Anarchy”): disastrosa la catenella naso-orecchio, che è troppo corta e sembra un apparato medico per deficienze respiratorie.
Diddi. Mezzo secolo portato male, parrucca corvina con bandana anti-stempiatura, pelle arancione da Umpa Lumpa, tatuaggi in stile bimbominchia roccherrolle con abbondanza di stelline, tettina cadente. Un ributtante incrocio tra Bryan Ferry e Pippo Baudo. Voce anonima (quella che abbiano tutti cantando sotto la doccia) e movenze limitate tipo i vecchi con l'anca d'acciaio. Blatera qualcosa riguardo all'essere sveglio da 24 ore, un paio di volte chiude gli occhi e si dimentica di riaprirli, poi cede di schianto dopo 47 minuti di show e buonanotte.
Il pubblico. Quelli del Grindhouse non son nati ieri e piazzano una prima fila di ragazze immagine per le prime canzoni. La band si gasa oltremodo (a parte il cantante, che dovrebbe avere altre preferenze), in particolare il chitarrista che spara qualche frase italiana da rimorchio imparata al Campeggio Union Lido di Jesolo, poi passa alle bestemmie e saltella felice come un bimbo che ha fatto la monellata. L'incantesimo finisce dopo 3 canzoni, quando le ragazze s'allontanano portando con sé qualche decina di fissaculi (maschi italici ipnotizzati dal sedere o dal seno di ogni donna a portata di sguardo).
Lo show. Avendo rubato tutti i ritornelli alle canzoni più famose dell'hard rock, è un piacere cantare a squarciagola le loro versioni zappaterra di “Livin' on a Prayer” o “Let's Get Rocked”. Peccato che dopo una decina di pezzi la band decida di finire lo show adducendo scuse tipo “il cane mi ha mangiato i compiti per casa”. Ma insomma, sono anche le 2 di notte e abbandonare l'Indonesia per tornare a Treviso mi sembra una prospettiva alquanto allettante.
Poi decido che, poveracci, alla fine m'han fatto divertire e qualche contributo ci vuole, sennò come fa Diddi a pagarsi le lampade? Al merchandising vendono i loro CD e non hanno magliette, ma solo canottiere perfette per guardare la televisione mangiando frittate. Tranquillo Diddi, ora ho la tua canottiera e tu puoi rinnovare l'abbonamento al solarium.

martedì 26 agosto 2014

La Disfida del Piave



Chef Tosetto vs Chef Proloco

Confronto spietato tra due istituzione della Sinistra Piave: la magica chef Alice Tosetto from Gorgo al Monticano sfida in campo aperto l'esperienza plurisecolare della Proloco di Chiarano.

Giudice: il sempre più fortunato e autorevole sottoscritto.

***

Chef Tosetto

Ancor giovane ma già nota per il suo travolgente protagonismo, la ragazza da anni si diletta in cucina, producendo manicaretti di livello assoluto e con una particolare dedizione per la quantità. Non si esce con languorini da casa Tosetto.
Aiutanti: mamma Tosetto e babbo Tosetto, sia in cucina sia nel fornire prodotti dell'orto e prosecco a volontà.

Menù


Minipanini caldi a scelta con pancetta o salame o formaggio. Vabbé, ditemi voi se a livello di antipasti si può far di meglio...
Pasticcio di zucchine e gamberetti. Sono sempre dubbioso nell'unire formaggio, pesce e verdura, ma in questo caso il risultato è stato adorabile e l'evidente conflitto proteico non ha compromesso la digestione. Da consumare, comunque, con criterio... dose eccessive rallentano le funzioni vitali.
Bollito misto con cren (gran classico, la salsa di rafano che ha reso grandi queste terre) o salsa all'aglio & erba-pepe o salsa alle acciughe & olive taggiasche. E qua m'ammazzo! Chi poteva pensare a una soluzione del genere ad agosto? Eppure il clima piovoso si sposa perfettamente con un piatto d'altra stagione. Carne morbida e mai stopposa, un piacere da degustare anche da sola. Aggiungiamo un tris di salse da buttarsi per terra con le convulsioni e siamo ormai certi che Chef Tosetto non si accontenta di vincere, vuole stravincere!
Formaggi con miele e marmellate. Formaggio in diretta da Dobbiaco (affumicato, alle erbe, al peperoncino), servito su tagliere di legno e con sfiziose spatolette per miele/marmellate. Impossibile fermarsi, la coscienza se ne va in vacanza e si scatena l'inferno.
Crostata di fichi, susine americane e pere, tutti provienti dall'orto Tosetto. Vabbé, picco glicemico seguito da vagabondaggio stordito in giro per la stanza. Esperienza dantesca (Canto XXXIII del “Paradiso”).

***

Proloco di Chiarano

Tentacolare organizzazione che gestisce le manifestazioni locali da secoli (compresi i roghi delle streghe dal medioevo a una ventina d'anni fa), dà il suo meglio nella celeberrima sagra. Un tempo di sagre se ne tenevano addirittura due all'anno, ora la crisi ha fatto ripiegare su una sola, ma il problema da tenere a bada è sempre dei più gravosi: la leggendaria fame dei chiaranesi. Secoli passati a sfamare migliaia di voraci locali rendono la Proloco una garanzia di qualità e quantità.
Aiutanti: un centinaio di autoctoni, l'orgoglio locale, San Bortolo e il cabernet.

Menù Proloco


Grigliata mista. Il piatto forte non delude, la qualità della carne è ottima e la cottura puntuale: non sono le costicine che si sfilano dall'osso come un calzino, bisogna lottare con gli incisivi e poi pestare duro con lo stuzzicadenti, ma è sagra di campagna e ci piace così. Salsiccie ciccione e maialose. C'è anche il petto di pollo, ma ha la consistenza di uno zoccolo e ne evitiamo la valutazione.
Contorni: funghi, fagioli con cipolla, peperoni, patate fritte. Tutto ok, secondo lo standard. Grave errore sono le patatine: piatto semplice e gusto, facile da fare, per questo sbagliarlo è letale e la Proloco propone delle patatine mosce come il pene di un gallo gay in un pollaio etero.
Baccalà. Troppo mestiere e poco amore nel preparare questo baccalà. Il prodotto di base è buono, ma è un piatto che non può essere preparato in quantità industriale come fa la Proloco. Mangiabile, non memorabile. E per un baccalà meno che memorabile, io non mi alzo neanche dal letto.
Fritto misto di pesce. Nessuna delusione. Totani e nulla più, ma fritti dignitosamente, anche se alcuni risultano mollicci. Una cascata di limone, una mangiata veloce per impedire che la mollezza contagi il resto e la partita è portata a casa.

E il vincitore è:

Chef Tosetto

A MANI BASSE

Baci, abbracci, palpatina doverosa e speranza in una replica al più presto!

mercoledì 30 luglio 2014

BRAIN FOOD & DEADLY DRINKS


Al Bang Your Head


Punta di petto affumicata. Fermi tutti! Il top del BYH! Punta di petto cotta e affumicata sul posto (e l'affumicatore ha la forma di una locomotiva), con salsa barbecue a volontà e pane bavarese. Cottura perfetta, coi tutti i succhi conservati magistralmente che si sciolgono in bocca. Crosta affumicata nera come la pece e gustosa oltre ogni dire. Pietanza vista finora da me solo in “Man v Food”: se avessi uno stand del genere vicino a casa, avrei il sangue denso come Nutella. Fortuna che quest'anno al BYH c'erano diversi gruppacci, così mi sono potuto divorare l'equivalente di un interno porcello affumicato. Tocco raffinato in più: bastano 30 secondi vicino allo stand e il lezzo di affumicatura ti si attacca fino a 48 ore.


Spatzle. Gnocchetti svevi annegati in formaggio giallastro. Sembra cibo per maiali, ma il tedesco prova una profonda affinità con tutto ciò che è suino e lo stand ha la fila persistente. Gli spatzle nello stomaco triplicano le dimensioni, assorbono ogni alcolico facendo passare la sbronza, inducono un picco glicemico da letargo, allargano il girovita di parecchi centrimetri e rendono il maschio appetibile per ogni giunonica signora del Festival (in sostanza, se mangi gli spatzle sei figo e te fai tutte).


Poltiglia thai. Noodles (spaghettini di una sostanza ignota) piccanti per principio, poi decidi se buttarci sopra carne (dicono pollo, ma io non ho visto neanche un gatto in tutta Balingen), pesce (tonno e sgombro in scatol, ovvio) o verdura (non la prendeva nessuno, era una trappola per individuare i vegani e deportarli in Polonia). Piatto economico e riepistomaco, un po' come gli spatzle ma con lo spirito hipster multiculturale. Poderoso in uscita il giorno dopo, stando a testimonianze dirette.


L'Indomabile Colazione Post (e Pre) Sbronza. Il BYH mette a disposizione anche un servizio catering nell'area coperta per fare colazione in santa pace come se si fosse alla Sagra del Wurstel. Frittata con strutto, 2 fette di bacon, crauti in aceto e senape, 2 wurstel rossi, marmellata, pane nero, 2 litri di caffé americano con zucchero-panna-latte-senape. L'avventore del BYH smette di bere verso le 4 del mattino, dorme a caso per 5 ore, poi va a fare colazione e per le 10.30 è già pronto per la prossima birra. I più arditi possono comunque ordinare per colazione anche lo stinco.


Korea. Ah, il buon gusto teutonico ! Inventori della Radler che oggi spopola anche in Italia, gli Alemanni hanno già pronta la nuova bevanda che ci mette tutti in riga: Korea, ovvero il delicato mix Vino+Coca. Non vogliatemene, non ho avuto coraggio di provare. La ragazza del bar al Festival sostiene che sia buonissimo e garantisca “una sbronza colossale” se assunto nelle adeguate quantità, poi indica i senzatetto addormentati per terra e sorride soddisfatta.


Met. L'idromele è la bevanda degli dei: se poi te la servono da una spina decorata con enormi corna di toro, signori, è il Valhalla. Dolce e rinfrescante, esige un consumo a litri, ma ha la gradazione del vino e dopo qualche brindisi l'ingenuo sente mancare i terreno sotto i piedi, crolla sulla schiena alzando gli occhi al cielo per ammirare le Valkyrie che scendono dalle nuvole e lì resta per un'oretta. È anche il momento in cui arrivo io a farmi le foto col cadavere.

In giro per l'Alemagna.


Jagerschnitzel: cotoletta del cacciatore”, con crema di funghi. Cotoletta grande come un frisbee, ma nascosta sotto la crema e le verdure. Il piatto, che in Italia garantirebbe soddisfazione a una coppia normale (lui “mangio solo quand vado fuori” e lei “dieta perenne ma non togliermi la cioccolata e lo spritz”), qui è spacciato per pranzetto tranquillo a metà della giornata lavorativa. Notare che, ai tavoli a fianco, studentesse delle superiori si finiscono la cotoletta e il contorno in metà tempo e col doppio della birra rispetto a me. Ma io, in terra alemanna, son anoressico e mezzo uomo.


Paprikaschnitzel: “cotoletta alla paprika”, con ovvia crema di paprika. Uguale alla precedente, ma con violenza piccante necessaria a risvegliare il cervello dopo il brunch a base di birra e brezel. Verdure leggere come peperoni, cipolle e cetrioli aggungono al piatto quel tocco “bio” che va tanto di moda.


Maultaschen Mit Ei: ravioloni ripieni di spinaci e carne, con un bell'uovo fritto schiaffato sopra. Dicono che sia uno dei piatti tipici della Svevia e quindi andava provato. La porzione da una persona dà per scontato che tu pesi almeno un quintale e abbia la fame di chi ha fatto la guerra. Gusto arrembante, non certo ingentilito dalle barbabietole e dalle cipolle che, con grande sfacciataggine, vengono definite “contorno”. Senza 2 litri di birra per buttare giù tutto, ti tocca la morte per soffocamento.


Schweinebraten: “arrosto di maiale” in crosta, con crauti in agrodolce e gnocchi di pane. Siamo a livello di alta cucina, per gli standard locali: infatti le cameriere lo servono con orgoglio e va consumato con rispetto, bevendoci sopra almeno 1 litro di birra. Lo chef, che ovviamente ci ha messo 30 secondi a cucinarlo, verrà più tardi a prendersi i complimenti per questo piatto-simbolo dell'adiposità bavarese.


Leberkäse: “polpettone di carne”. Ho apprezzato la versione calda, con sopra un uovo al tegamino e l'insalata di patate a parte: come quasi tutto ciò che si cucina in Germania, pare che lo scopo sia riepire la panza e assorbire l'alcol (e contrubuire allo sterminio costante di migliaia di porcelli). Mi dicono ci sia anche la versione fredda, ma è da merenda (!) e va gustata coi cetriolini sottaceto. Se il tuo problema è il sangue troppo fluido, fatti un Leberkäse a merenda.

giovedì 24 luglio 2014

BANG YOUR HEAD 2014: la patria del sesso sfrenato


Titolo volutamente ingannevole, orsù.


SABATO 12 LUGLIO
E piove! Dopo 4 anni consecutivi di solleone al BYH (se escludiamo il diluvio infernale durante lo show dei Venom nel 2012) la Germania tiene fede al suo clima casuale. Nessuno prova pietà per le migliaia di ubriachi che hanno passato la notte per terra sotto la pioggia, tanto questi si svegliano, fanno colazione con uova-wurstel-caffé e alle 10 del mattino riprendono con la birra...
Filo conduttore della giornata: il cambio abito. Se piove ci sono 15 gradi, poi esce il sole e si passa a 30 e così via per tutto il giorno. Evidentemente l'alcolismo risolverebbe la situazione, ma non ce lo si può permettere e quindi canotta/felpa a rotazione. Perché anche essere poser richiede preparazione e sacrificio.

HIRAX. Famosi perché hanno “il nero che canta”. Katon è Lenny Kravitz ricoperto di borchie e sorridente, fa un macello impressionante insieme ai suoi compari e a momenti piange per la partecipazione del pubblico. Vorrei dire vaccate sugli Hirax, ma sono stati così onesti e potenti che li promuovo abbestia!
MAD MAX. Hard Rock Cristiano con supercori e potenza quadrata alemanna. Pare che da qualche anno siano anche diventati ferventi cristiani, i Mad Max, ma devono aver saltato qualche messa, perché Dio gli scatena un diluvio di 11 minuti che serve unicamente a far scappare il pubblico al coperto: danno grave, infatti al coperto ci sono gli stand di birra e salsicce, che fanno totalmente dimenticare al pubblico chi sta suonando.
EKTOMORF. Un tedesco me li descrive (parole sue) come “zingari ungheresi uguali ai Sepultura, ma con più tatuaggi”. Li guardo da 18 km di distanza e la definizione è corretta. Quando sento il cantante che urla “Jump Jump!” capisco che è ora di procacciarsi del cibo e dileggiare degli sbronzi.
ROB ROCK. Rob è nato per cantare Heavy Metal e ce lo ribadisce dispoticamente per tutto lo show, ululando su note altissime mentre la band macina riff su riff. Peccato per la pioggia, ma Rob con la potenza delle sue corde vocali sposta le gocce che cadono davanti a lui lavando il pubblico in fondo. Poi gli si spegne il microfono e lo si sente lo stesso fino a Stoccarda. A tarda notte, in albergo, lo potevo sentire dalla birreria di Balingen che si ordinava da bere e il giorno dopo, in attesa al concessionario dell'Audi, lo si sente litigare all'aeroporto di Francoforte perché non gli vogliono imbarcare il suo shampoo preferito. Stentoreo.
STRYPER. Michael Sweet andrebbe invidiato. È la voce perfetta e paradisiaca degli Stryper, ha vissuto il delirio di onnipotenza del Metal anni '80 in USA, è un performer che non sbaglia una virgola e comanda il pubblico con un'occhiata, ha 51 anni e ne dimostra 15 in meno, canta inni a Gesù e alla Madonna e nessuno si sogna di prenderlo per il culo, addirittura quando scendono due gocce di pioggia si fa il segno della croce e spunta il sole... Nella top 3 del festival senza indugio, con approvazione dell'Altissimo e lo scorno di Belzebù Caprone. Talmente in forma che avrebbero spinto al battesimo anche Margherita Hack. Peccato per il mancato lancio delle Bibbie sul pubblico...
OBITUARY. Secchiate d'acqua dal cielo mentre gli Obituary imperversano. Ma il mio tempo viene speso a proteggermi nello stand di un senegalese domiciliato a Milano che vende cappelli di fogge ridicole e qualità da quarto mondo (roba che dopo qualche goccia di pioggia si sciolgono). Poi staziono al Metalborse (la fiera del disco) dove alcuni standisti sono talmente annebbiati dalla grappa che potresti rubargli la merce con una mano e rivendergliela con l'altra.
UNISONIC. Analisi dei musicisti di questo supergruppo di German Metal, dai minori ai maggiori --> batteria e basso provengono dai Pink Cream 69 e gli anni si sentono, soprattutto il girovita del bassista Ward ha ceduto di schianto e sembra Peter Griffin; Mandy Meyer, in preda a un attacco di autismo, suona con le mossette anni '70 e gli occhialetti da John Lennon, ma la musica è Metallone Zuccherino e sembra fuori dal mondo; Kai Hansen è un orso ciccione con gilet e parrucchino, occhialoni da sole e una paresi facciale che lo porta a rimanere sorridente anche quando s'incazza perché la sua chitarra non si sente; Kiske è fenomenale come voce, impressionante per la facilità con cui gorgheggia, ma è di una supponenza vergognosa e s'atteggia come se non gliene fregasse niente del pubblico, provando anche a fare il simpatico ma riuscendo solo a comunicare boria. Detto ciò, concerto solido e impeccabile, anche nelle cover degli Helloween. Per chi s'accontenta.
ANTHRAX. Li ho visti più volte, ma decido di godermi almeno l'ingresso di Joey Belladonna. Questo scalmanato ultracinquantenne con parrucca da competizione entra zompettando come Gollum, punta il dito il faccia a tutti i membri della band per ricordargli che è arrivato, blatera in italo-yankee qualche assurdità e via come dei treni. Pubblico in visibilio, band che si diverte, tutti i classici eseguiti alla grande e cantanti quasi decentemente. Tipico concerto da Festival: alla fine tutti son felici e si riprende a ingurgitare birra.
ATLANTEAN KODEX. Non ho boiate da scrivere in questo caso. Una band che giustamente piace a pochissimi e per questo il fanatismo è a livelli indicibili. Epic Metal marziale ed eroico, con testi da genuflessione e una devozione rara. In più di un'ora piazzano 8 pezzi, tanto per mettere in chiaro che non sono qui per ammiccare a nessuno. Brutti il giusto per non avere distrazioni di groupies e per sembrare incazzati con l'umanità moderna, anche se poi sorridono di gioia al ruggito del pubblico. Hanno un nano alla chitarra e il cantante sembra un agente del fisco, ma la musica basta e avanza. Per me, e solo per me, la band del BYH.
EUROPE. Vedo solo la conclusiva “The Final Countdown”, ma il pubblico è decisamente deluso dalla scaletta: pochissimi classici e molta roba nuova, con influenze Seventies e Blues in cui la band crede tantissimo, ma al BYH sono proprio fuori contesto. Temo non vedremo di nuovo gli Europe al Festival se prima non concordano la scaletta con gli organizzatori. Bravissimi, chiomatissimi, con tutte le mosse giuste da eroi, però effetto straniante per una musica che non è, semplicemente, quella che gli spettatori volevano sentire.
DELAIN. Vedo qualche pezzo prima dei Twisted Sister, i Delain son bravi nel loro genere e hanno la cantante-velina. Come previsto, il parterre è affollato di disagio, forfora, stempiature, pance a botticella, marsupi, una mano nelle mutande e una a fotografare compulsivamente lato A e lato B della povera Charlotte Wessels. Eppure, avendo seguito situazioni simili anche in Italia, posso ancora confermare che i disagiati italiani sono impareggiabili per faccia di bronzo e assenza di scrupoli: questi tedeschi sbavano, ma son educati e stanno a distanza, mentre i nostri avrebbero come minimo tentato l'invasione del palco.
TWISTED SISTER. Non si può scindere la definizione “Rockstar” dal nome “Dee Snider”. Dee è Intoccabile Divinità del Rock e contemporaneamente ti fa capire che è sul palco per te... non per tutti gli spettatori, ma proprio per te, che hai pagato il biglietto e meriti il miglior show della tua vita: eseguito da una band perfetta con un frontman che ti fa dimenticare di essere al mondo e magari dopo l'esibizione è anche capace di passare ore con te a raccontarti puttanate al bar. Questi sono gli Stati Uniti, questi sono i Twisted Sister e ringraziamo il Dio del Rock di poter godere ancora una volta della grandezza di eroi simili, perché alla fine dello show, mentre partono fiammate e granate, tutti i presenti si sentono come gli ultimi ad aver visto Atlantide prima del Cataclisma.

Nel prossimo post, cibo a manetta!!!

martedì 22 luglio 2014

BANG YOUR HEAD 2014: Non Temere Meccanici e Alopecia




VENERDI' 11 LUGLIO

Nonostante le apocalittiche previsioni, un sole cocente si staglia in cielo mentre all'Audi di Balingen mi dicono che il problema dell'auto è risolvibile solo lunedì (e quindi mi salta il programma di ritorno) in cambio di un forziere di ducati e il sacrificio di tre vergini di bell'aspetto (in Germania son rarità). In compenso i ragazzi del concessionario son briosi 25enni (notare che a quell'età in Italia stai ancora meditando se per la tua tesi triennale bastano 20 pagine) e la buttano sulla simpatia. Si potrebbe anche guidare senza avere danni al mezzo, solo che sopra i 70 km/h l'auto si sobbalza e si scuote come un'anguilla, quindi meglio risolvere il problema subito. Cambio programma al volo, parcheggio esaltante a qualche metro dall'ingresso del BYH e son sotto il palco giusto giusto per i Warlord.

WARLORD. Heavy Metal per palati fini, quello della cult band americana impreziosita dal trevigiano Paolo Viani alla chitarra. Vedendoli live mi rendo nuovamente conto di quante splendide canzoni abbiano composto e di quanto sia urgente licenziare il loro curatore d'immagine. Ma l'immagine è un problema solo mio, la Germania se ne frega e i Warlord, pur un po' imbacchettati, fanno sognare. Hanno scritto dei classici, ma io stravedo sempre per “Winds of Thor”... e qui son lacrime vere.
VAIN. Merito gli schiaffi sul coppino! Ho sempre snobbato i Vain su disco, figurarsi live. La band in realtà non è più quella degli esordi, c'è solo un Davy Vain scalzo, adiposo, spocchiosissimo ma perfetto vocalmente. E poi ci sono i ritornelli infallibili del disco d'esordio. Momento-disagio: Davy Vain crede di avere il pubblico contro perché è rimasto alle lotte tra glam e thrash degli anni '80, si difende coglionando i Metallari e vantandosi di aver prodotto i Death Angel, ma non s'accorge che il pubblico del BYH sta tifando per lui o, nei casi peggiori, sta dormendo per terra.
KISSIN' DYNAMITE. Immagine glam, riff metallari, ritornelli power: la quintessenza di quello che un Utente Medio del BYH vuole sentire. Gli va bene che avranno vent'anni e il fisico ancora tiene, ma voglio vedere se la delicata cucina teutonica non mi sfonda anche questi gracili rocker dalle chiome fluenti. Il cantante Hannes Braun è famoso perché ha partecipato a una specie di X-Factor alemanno quando aveva 12 anni, adesso canta che è un piacere e ha lo stesso hair stylist di Belen. Le donne tra il pubblico strillano e s'agitano, ma è probabile che siano spiazzate dagli addominali del secco Hannes (altra rarità in Germania).
RIOT V. Poche parole per una band che ho amato moltissimo. Ora è una cover band e non potrebbe essere altrimenti, vista la dipartita del leader Mark Reale. Comunque Hall è un cantante impressionante ed eseguono tutti i pezzi storici. Un bel tributo, ma resta l'amaro in bocca.
EXODUS. Faccio pausa. Scusate, so che torna il cantante storico Zetro e che i thrasher hanno la bava alla bocca, ma non sono proprio un fan e quindi vado a recensire...
PANINO CON PUNTA DI PETTO AFFUMICATA! --> ma nei prossimi post...

MICHAEL SCHENKER'S TEMPLE OF ROCK. Ostia! Michael Schenker che suona cover di Michael Schenker! Visto che le canzoni le sanno tutti, concentriamoci su Michael, uno di quei chitarristi che ha realmente fatto la storia e, se non amasse così tanto la bottiglia, forse sarebbe ancora più grande. E' magro anoressico, al punto che dubito viva ancora in Germania (non puoi essere un ultra 50enne magro in Germania. Punto.); suona da paura e il pubblico è in visibilio anche quando non emette note e gironzola sul palco a molestare gli altri membri della band (che sarebbe meglio definire dipendenti); non litiga con nessuno e, anzi, sorride sereno; esordisce con “Doctor Doctor” degli UFO e si dimentica di aver scritto pezzi magistrali a metà anni '80, quando aveva le extension viola e ha provato a fare il sex symbol in USA.
SEBASTIAN BACH. Seb, non serve... Non serve mettersi il camicione, che tanto si vede la panza lo stesso. Non serve truccarsi, hai le occhiaie da montagne innevate (soave metafora). Non serve agitarsi per il primo pezzo, poi sei finito per il resto dello show. Non dovresti neanche cantare, visto che ragli come un somaro in calore. E nelle ballate non agitare la manina durante il vibrato, perché la voce non vibra e si sente: l'illusione ottica forse funziona con te stesso quando cerchi di fregarti allo specchio, ma non prenderci per il culo. Il peggiore.
AXEL RUDI PELL. Qui a Balingen il chitarrista Axel Rudi Pell è una superstar. Per festeggiare i 120 anni di carriera gli permettono uno show infinito 3 ore abbondanti in tre parti.
S'inizia con la reunion degli Steeler: utile per dire “Io c'ero e tu no!” al Bar dei Metallari, ma per tutto il resto piuttosto trascurabile, anche se l'effetto nostaglia esalta migliaia di tedeschi ad alto tasso alcolico.
Seconda parte con lo show vero e proprio di ARP con la sua band solista: picco di qualità esagerato, con band di caratura superiore, canzoni brillantissime dai più svariati album e presenza di ex cantanti in gran forma come Rob Rock (ulula come un licantropo) e Jeff Scott Soto (sempre più pachidermico e istrionico). Il titolare alla voce è però Johnny Gioeli, che è semplicemente perfetto e lascia tutti a bocca aperta per le sue qualità: uno dei migliori che abbia mai sentito dal vivo.
Terza parte con set di cover e ospitate di musicisti vari. Duello di batteria tra Vinnie Appice e Bobby Rondinelli (per la prima volta mi rendo conto che non sono la stessa persona con due parruccche diverse, ma qualche cromosoma in comune devono averlo); Doogie White s'esalta con “Mistreated”, ma arriva Gioeli a sorpresa a fargli vedere chi è meglio; Ronnie Atkins elegante e alticcio ruggisce su altri pezzi dei Deep Purple; John Lawton pare in vacanza a Ibiza ma canta da par suo; il cantante simbolo della Calvizie, l'ultracentenario Graham Bonnet, dà tutto su “Since You Been Gone” e perdiamo migliaia di capelli. Tributo finale corale a R.J. Dio con “Long Live Rock'n'Roll”, fiammate, petardi, fuochi d'artificio, tutto l'arsenale della Sagra del Porcello di Balingen sparato in aria.

Ora ci son 30 km da fare con un'auto con vibra come un diapason: per uscire dal Festival si fa il percorso a ostacoli saltando corpi riversi di ubriachi e gente che sostiene di “riposare gli occhi”. La festa per molti continua nel campeggio, alcuni il campeggio non l'hanno mai lasciato e altri ancora non riusciranno a tornarci. Domani giornata impegnativa, quindi via di corsa verso l'albergo multietnico per una sana dormita sul materasso di legno.

martedì 15 luglio 2014

BANG YOUR HEAD 2014: The Titanic Ouverture (cit.)



Quarto anno di seguito al BYH, ma stavolta il fato s'è messo di traverso per impedire l'ennesima umiliazione degli Alemanni ad opera della bellicosa legione veneta. Auto che tradisce e rischia di scombinare i piani per ben due volte, tempo schizofrenico che passa da sole ustionante ad acquazzoni monsonici, Enel ladra che chiama mentre sono in vacanze per solleciti fantasiosi, Mondiali di Tuffi e Recitazioni con squadra locale che segna il gol decisivo mentre i tifosi sono tutti impegnati a fare la coda per la birra... e mille altre amenità!

GIOVEDI' 10 LUGLIO - Warm up show
Il Warm-Up si tiene indoor, quindi anche se fuori diluvia e tira un ventaccio novembrino, qualche centinaio di tedeschi può cominciare il degrado fatto di birra-whisky-grappe-crolloalsuolo.
La fortuna è dalla nostra, giacché una mamma all'ingresso mi vende a metà prezzo il biglietto del festival poiché suo figlio sta male. Mi spiace per il ragazzo, ma nell'equilibrio cosmico è decisamente più rilevante che al Bang Your Head ci sia io.
DYNAMITE. Persi. L'automezzo infido e traditore non permette evoluzioni da pilota italico standard, quindi si arriva che la band svedese ha già chiuso lo show. Gli sbronzi presenti in sala sostengono sia stato un bel concerto, ma potrebbero sostenere con altrettanta convinzione la teoria della Terra Cava. Trovo comunque in giro il chitarrista dei Dynamite, lo saluto e sparo la balla che mi sono piaciuti da morire: il ragazzo s'emoziona e chiede di fare una foto, si rammarica di non potersi sbronzare con me e sparisce nel furgone della band per il torneo di ramino.
BULLET. Vincitori della serata, come previsto. Stavolta il cantante Hell Hofer è sobrio, ma il suo atteggiamento non cambia. Gli altri membri della band si fanno un culo quadro per fare spettacolo, visto che Hell rotola lentamente da un lato all'altro del palco lanciando rantoli smargiassi e perdendo spesso l'orientamento. Trionfali.
STORMWARRIOR. Impegnato a mangiare poltiglia thailandese e a schivare le birre che i tranquillissimi Metallari locali scagliano in aria, seguo solo distrattamente l'arrembante Heavy Metal della band guidata da Majin-bu amburghese. Nulla di clamoroso da segnalare sul palco.
VICTORY. Il mastermind Herman Frank cambia quasi tutta la formazione, conferma il valido singer Jioti (che però si sforza come un licantropo per riuscire a far emergere la sua voce, e poi ha lo stesso look di Fabrizio Corona), s'è fatto la tinta corvina anche sulle basette (sennò dimostra 80 anni), sceglie tutti i pezzi coi ritornelli giusti e porta a casa la pagnotta.
GRAVE DIGGER. È come andare a trovare il nonno all'ospizio: sempre gli stessi discorsi, sempre le stesse battute, ma alla fine gli vuoi bene. Su disco i GD sono ormai un terno al lotto (o azzeccano il pezzo o, più spesso, annoiano), dal vivo invece sono una macchina da guerra con un'estetica orribile: i tre vecchi ormai non si possono vedere, soprattutto Jen Becker con la piazza e Boltendahl nella parte del nonno con la testa enorme, la zazzera da Einstein e le spalle large 32 cm. Il chitarrista Axel Ritt, che avrà 50 anni, sembra un ragazzino e ha la chioma 1983 unita alle “pose visibilio”. Poi fanno “Rebellion” e mi zittiscono.

Fine concerto con raccolta di vuoti abbandonati per terra, che vengono scambiati con qualche birretta (hanno il vuoto a rendere, ma non riesco a trovare un modo divertente per spiegarlo).
Si lascia il Warm-Up scavalcando cadaveri riversi nella birra, affrontando la piovosa notte teutonica a bordo di un'auto veloce come un calesse. Lenti ma inesorabili, puntiamo verso il nostro albergo a conduzione croato-russa-ungherese (dove nessuno parla inglese a parte un giovane slavo che, alla richiesta di avere altri asciugamani in bagno, s'affretta a preparati un burek - vedi sotto).